Gli scogli dell’esclusione di F.Lipperini

Floriana Lipparini
www.womenews.net

Tra le migliaia e migliaia di persone in fuga, un numero sempre più alto di donne sono ormai costrette a sfidare la morte nei maledetti barconi per salvarsi dall’inferno che noi gente del nord abbiamo consapevolmente o inconsapevolmente contribuito a produrre, con le armi e con le politiche del debito.

Ci sono anche loro, spesso incinte e con i figli piccoli, su quegli scogli a Ventimiglia e nelle stazioni di Milano e di Roma. Però è la maggioranza dell’Europa “benpensante” che sta per perdere definitivamente se stessa su quegli scogli a Ventimiglia, negando i presupposti minimi della condizione umana, sebbene per fortuna siano molte le splendide persone pronte invece a fare di tutto per soccorrere, accogliere, condividere.

È la Francia che politicamente butta a mare la parte nobile della propria storia, chiudendo i confini di fronte a esseri umani che fuggono dalla morte, dalle guerre, dalla fame, dalle torture. Proprio la Francia che non molto tempo fa riuscì a trascinare molta parte dell’Europa in un’insensata guerra sul suolo libico, precipitando quel paese in un caos di lotte tribali di cui non si vede la fine. Travestita da buon senso, la cecità dell’esclusione rischia di dilagare ovunque, mentre nulla purtroppo fa prevedere che sia possibile risolvere entro breve tempo i terribili conflitti in atto nei paesi d’origine dei richiedenti asilo, perché la cosiddetta comunità internazionale non è stata in grado finora di intervenire in quei luoghi con saggezza e diplomazia, ma al contrario ha fomentato guerre e ingiustizie. E oggi si ipotizzano nuovi interventi armati come unica soluzione al dramma delle migrazioni! Una proposta indecente, oltre che stupida e irrealizzabile per ovvie ragioni di diritto internazionale.

Allora, fino a quando non sarà possibile ai profughi vivere in pace e in libertà nei paesi d’origine, una solidale accoglienza è il solo modo di contrastare il barbaro concerto di voci razziste e xenofobe che si sta levando in molti paesi europei. Le ondate di sbarchi che si susseguono senza tregua parlano di un esodo dall’Africa e dal Medio Oriente creato in gran parte dalle politiche occidentali, prima coloniali e oggi neoliberiste, che hanno ciclicamente spolpato paesi e continenti, per impadronirsi delle risorse primarie e sottrarle agli abitanti di quelle terre, sostenendo fin quando conveniva regimi locali sanguinari e dittatoriali.

Chi oggi erige barriere, chi evoca le armi, minacciandone l’uso a fini di “polizia”, vuole nascondere l’enorme responsabilità dell’Occidente in questa epocale tragedia. Chi vuole sottrarre alle persone persino l’identità, chiamandoli clandestini invece che migranti, dimostra solo un’enorme ignoranza: clandestino è chi si nasconde, ma queste persone non si nascondono affatto, anzi gridano per farsi sentire e vedere prima di venire inghiottite dalle onde.
E se le nostre politiche non glielo impedissero, sarebbero ben felici di regolarizzarsi per uscire dalla “clandestinità”. I migranti non ci sottraggono niente, non è da loro che ci viene la rapina dei diritti, la cancellazione dello stato sociale o la pretesa austerità imposta a vantaggio delle oligarchie finanziarie e delle caste politiche… Non sono i migranti a diminuire i posti di lavoro, ma la tecnologia usata in modo perverso, a nostro danno invece che per migliorare la vita. Questo percorso a ritroso verso un mondo più incivile e ingiusto va fermato prima che sia davvero troppo tardi.
Dobbiamo chiedere che l’Europa rispetti i diritti umani universali, aprendo corridoi umanitari e approvando un principio di libera circolazione che consenta alle persone migranti di sottrarsi alla criminalità degli scafisti e di arrivare qui in sicurezza, trovando asilo e civili procedure di riconoscimento e accoglienza nei paesi europei. Sarebbe bello che si alzassero voci di donne in tutta Europa per sostenere questa proposta.

Si potrebbero attivare le reti di donne già esistenti, perché no?

Sappiamo bene che dietro il rifiuto dei migranti sta l’eterno rifiuto del diverso, base dell’ideologia patriarcale che ha creato gerarchie e dicotomie fra gli esseri umani, decretando la superiorità dell’uno sull’altro: bianco-nero, nord-sud, e prima di tutto maschile-femminile… Sbarrare le porte ai migranti significa sbarrare eternamente le porte a un mondo in cui ogni persona abbia uguali diritti all’esistenza, il solo mondo in cui valga la pena di vivere.

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Quanti muri siamo in grado di tirare su?

Giovanna Mulas
http://comune-info.net

È incredibile come la storia vada a ripetersi, ciclica, a fare da monito per un uomo che non sempre è in grado di coglierne le sfumature; come madre severa a dire: “attenzione, il terreno è minato. Qui hai sbagliato e sei caduto. Potresti cadere ancora, e farti più male…”.

Scriveva Martin Niemöller sull’atteggiamento lassista nei confronti dei nazisti:

“Vennero per i comunisti e io non parlai perché non ero un comunista. Quindi vennero per gli Ebrei, e io non parlai perché non ero un Ebreo. Quindi vennero per i sindacalisti e io non parlai perché non ero un sindacalista. Quindi vennero per i cattolici, ed io non parlai perché ero un protestante. Quindi vennero per me e a quel punto non rimaneva nessuno che potesse alzare la voce”.

Nonostante quella che continuo a reputare vergognosa accoglienza riservata ai migranti, accoglienza immemore del nostro triste passato migratorio, l’Italia è uno dei Paesi dell’Unione europea che ha più bisogno di migranti: la sua popolazione invecchia, le nascite risultano al minimo storico.

Mi vengono in mente i versi di Dante: ‘Tu lascerai ogni cosa diletta più caramente’, testimonianza di un’antica consapevolezza, quella del tormento di chi è costretto dal destino a vivere lontano dalla propria terra. Il migrante non è il problema, il migrante è la vittima del problema. Mi domando quanti muri è in grado di tirare su un uomo per dividersi, allontanarsi, “separarsi” da altri uomini.

Progetto antimmigrazione denominato Gatekeeper: nel novembre 2005 il parlamentare statunitense repubblicano della California Duncan Hunter propose al Senato degli Stati uniti un piano per rafforzare la barriera di separazione tra gli Stati uniti e il Messico. La proposta, approvata nel dicembre 2005, prevedeva la costruzione di un muro di 1.123 chilometri; dimensioni paragonabili solo a quelle della Muraglia Cinese. La risoluzione 6061 (H.R. 6061), Legge sulla barriera di sicurezza, 2006, venne presentata al Congresso nel settembre 2006. Il 26 ottobre 2006 il presidente George W. Bush firmò la H.R. 6061 votata dalle camere del Congresso. La barriera di separazione tra Stati uniti e Messico, detta anche Muro di Tijuana o Muro della Vergogna, è una “barriera di sicurezza” costruita dagli Stati uniti lungo la frontiera con il Messico, attraversa territori di diversa conformazione, aree urbane e deserti. Aree che, in passato, hanno visto il maggior numero di attraversamenti clandestini. Un muro voluto dall’ex presidente Bill Clinton, il cui obiettivo è quello di impedire ai migranti “illegali”, in particolar modo messicani e centroamericani, di oltrepassare il confine statunitense.

La barriera, che arriva a bagnarsi nel Pacifico, è fatta di acciaio, ha l’altezza di tre metri, si snoda per chilometri lungo la frontiera tra Tijuana e San Diego. È dotata d’illuminazione, di una rete di sensori elettronici, di un sistema di vigilanza armata di terra e di aria. Queste operazioni risulterebbero come una manovra “apparente” per convincere i cittadini statunitensi della sicurezza dei confini, mentre l’ economia continua a beneficiare del continuo flusso di forza lavoro a basso costo in arrivo da oltre frontiera. Il risultato immediato della costruzione della barriera è stato un numero sempre crescente di persone che hanno cercato di varcare illegalmente il confine attraverso il Deserto di Sonora, o valicando il Monte Baboquivari, in Arizona. Tra l’ottobre 2003 e l’aprile 2004, 660.390 persone sono state arrestate dalla Polizia di confine statunitense mentre cercavano di attraversare illegalmente il confine e secondo i dati ufficiali (!), lungo il confine tra Stati uniti e Messico dal 1998 al 2004 sono morte in totale 1.954 persone. In quello stesso periodo dalle 43 alle 61 persone sono morte mentre cercavano di attraversare il deserto della Sonora, tre volte tante quelle che nello stesso lasso di tempo hanno incontrato il medesimo destino. Nell’aprile 2005 sono cominciati, fra le polemiche, i pattugliamenti da parte dei cazamigrantes, “cacciamigranti”, un gruppo di volontari che davano… una mano alle forze di polizia, presenti in modo massiccio lungo tutto il confine. Ancora, le forze armate locali competono con le organizzazioni dei “coyotes” che, al pari degli scafisti d’italica conoscenza, propongono di accompagnare i migranti attraverso il deserto a prezzo, spesso, della stessa vita. Il muro è stato eretto, ma i “clandestini” continuano ad arrivare.

Sono incredibili i parallelismi riscontrabili tra la tragica situazione economica mondiale degli anni venti e l’attuale. Voglio fare qualche altro interessante passo indietro. La grande depressione del 1929 (o crollo di Wall Street), significò una forte, drammatica crisi economica che sconvolse l’economia mondiale: la crisi giunse velocemente a destabilizzare tutti i paesi che avevano stretti rapporti finanziari con gli Stati uniti; da quelli europei – che avevano richiesto l’aiuto economico degli statunitensi dopo la Prima Guerra Mondiale- quindi Gran Bretagna, Austria e Germania e dove il ritiro dei prestiti americani fece saltare il complesso sistema delle riparazioni di guerra. Nella crisi vennero trascinate anche la Francia e l’Italia. Questi paesi registrarono un drastico calo della produzione seguito dalla diminuzione dei prezzi quindi dai crolli in borsa, fallimenti e chiusura di banche e industrie e, come più terribile nonché prevedibile conseguenza; dall’ aumento dei disoccupati che raggiunse, in base ai dati del periodo, il picco storico. La crisi spinse i paesi a introdurre misure protezionistiche; a creare aree economiche chiuse. La crisi di quel periodo in Germania, provocando milioni di disoccupati, fornì la base di consenso per far salire il nazismo, forma totalitaria e nazionalista di movimento d’estrema destra con iniziali mire operaiste (völkisch), in opposto al socialismo internazionale di stampo marxista, al potere (1933). Ricordiamo che con “estrema destra” (a volte destra radicale) s’ intende la posizione di un soggetto, un gruppo, partito politico o movimento che si contraddistingue per un’ interpretazione più radicale e massimalista delle posizioni proprie della destra appunto, quali ad esempio conservatorismo e nazionalismo. l’Nsdap (partito operaio nazionalsocialista tedesco) era basato sul programma politico indicato da Hitler nel libro Mein Kampf. Raggiunto il potere, Hitler trasformò il sistema governativo in dittatura con un programma sistematico di soppressione anche fisica dei rivali politici e di persone appartenenti a categorie ritenute inferiori o dannose per la società; ebrei, omosessuali, slavi nomadi, appartenenti a piccoli gruppi religiosi (Testimoni Di Geova), portatori di handicap mentale o fisico, i comunisti.

In Italia la Lega Nord rappresenta l’erede più diretta del nazionalsocialismo storico. Si presti costante attenzione critica ai segnali, al “terrore mediatico” inculcato a più riprese tramite i media nell’ascoltatore, facendo leva sull’ignoranza o l’indifferenza dello stesso: numerosi episodi ripetuti a distanza di poco tempo l’uno dall’altro, segni che in diverso contesto socio-storico-politico forse non assumerebbero alcuna o relativa importanza come scritte sui muri, ragazzi in protesta davanti ad una scuola, frasi o gruppi ribelli nei social networks. Ogni nuovo evento, che sia prodotto dal mittente scatenante più possibilitato al crearlo per raggiungere mire fissate, o veritiero, può venire manipolato, strumentalizzato affinché un giro di vite venga dato a ciò che viene ritenuto – in quel determinato momento storico e politico – minoranza pericolosa, fenomeno in preoccupante crescita. La minoranza che conosce e urla i propri diritti è ovviamente ritenuta destabilizzante per l’Establishment. Momento storico di forte crisi economica uguale paese/i destabilizzati, cioè disoccupazione ai massimi storici. Il giro di vite verrà dato col pieno consenso della gente comune, messa in allarme dalla situazione presentata dal nostro mittente scatenante.

L’immigrazione aumenterà ancora e fisiologicamente con la crisi mondiale, il Paese dal governo conservatore (con un’ inesistente o solo apparente opposizione) la respingerà nei modi più duri: vedi il tragico crescendo di xenofobia, violenza psicologica e fisica sugli stranieri oramai giudicati dai più “indesiderati”. Vedi, ancora, il terrorismo mediatico inculcato dai media nella popolazione: tsunami umano, “esodo di proporzioni bibliche”, “gli migranti trovano più posti di lavoro di noi italiani”, “oggi un nero ha violentato una donna”, “le scarpe cinesi vendute in Italia sono tossiche”. Il messaggio è: arrivano in Italia per minacciare la nostra tranquillità. Perciò siamo costretti ad agire (ed agiremo col vostro consenso o senza: il tutto è comunque fatto per il vostro bene) e agiremo con la giusta forza. Ogni forma di repressione e violenza sarà scusata, perché fatta per il vostro bene. Il cittadino insicuro si sentirà protetto da uno Stato che non riesce a procurargli di che vivere con dignità però (apparentemente) lo protegge dallo straniero cattivo, dall’uomo nero.

«Cosa intende per nazione, signor Ministro? È una massa di infelici? Piantiamo grano ma non mangiamo pane bianco. Coltiviamo la vite, ma non beviamo il vino. Alleviamo animali, ma non mangiamo carne. Ciò nonostante voi ci consigliate di non abbandonare la nostra Patria? Ma è una Patria la terra dove non si riesce a vivere del proprio lavoro?» (Anonimo italiano Sec. XIX) .

Davvero si crede che bastino le barriere, i controlli, la violenza e le vergogne, per distruggere ideologie e culture? La cattiva accoglienza che si riserva agli stranieri, escludendoli dai diritti sociali, civili e politici va a significare il Muro della Vergogna, il negarne l’esistenza come esseri umani. Chiaro è che in tempi in cui la globalizzazione produce circa 600 milioni di migranti, è necessario programmare forme di aiuto allo sviluppo e di riconversione economica a favore dei Paesi che misurano una maggiore espulsione di esseri umani. Non assistenzialismo offensivo, ma problematica affrontata alla radice.