La voce dei cattolici “irregolari” nell’ultimo libro di Aldo Maria Valli di L.Kocci

Luca Kocci
Adista Notizie n° 24 del 04/07/2015

Ci sono Gianfranco e Raffaella, divorziati risposati, che hanno scelto di non accostarsi ai sacramenti, «rispettando i divieti imposti dalla dottrina della Chiesa». Ci sono Ezio ed Elena, anche loro divorziati risposati, che cambiano chiesa ogni domenica dopo essersi accorti che nella parrocchia del loro quartiere erano «motivo di scandalo». E c’è Fabio, sposato in Scozia con Luciano, che si accosta all’eucarestia «ogni volta che posso, ma mi manca lo spezzare del pane in una comunità che vive, cresce, si aiuta e condivide la vita».

Sono gli «irregolari credenti» (anche se all’udienza generale di mercoledì 24 giugno papa Francesco ha detto che la parola «irregolari» non gli piace, nei documenti della Chiesa vengono chiamati così) che «si rivolgono al Sinodo» dei vescovi sulla famiglia (v. tra le notizie precedenti), come spiega il sottotitolo del bel libro di Aldo Maria Valli, vaticanista del Tg1, che raccoglie 20 storie di divorziati, divorziati risposati, coppie omosessuali, più le testimonianze di due parroci che si confrontano con questi temi e soprattutto con queste persone in cerca di accompagnamento e di risposte (Chiesa ascoltaci! Gli “irregolari” credenti si rivolgono al Sinodo, Ancora, Roma 2015, pp. 158, euro 15, acquistabile presso Adista: tel. 06/6868692; e-mail: abbonamenti@adista.it; internet: www.adista.it).

Storie di vita che raccontano le vicende di coppie che si sono imbattute in difficoltà e fallimenti ma che hanno saputo e voluto cominciare un’altra storia. O di persone dello stesso sesso che, nonostante l’indifferenza, la diffidenza o l’emarginazione subita dalla propria comunità, vivono da cristiani la loro relazione. «Ciò che le accomuna – scrive Valli –, oltre alla situazione di “irregolarità” rispetto alle norme fissate dalla Chiesa, è la fede. Una fede, ci viene da dire, appassionata».

«A volte abbiamo la sensazione che il magistero assimili la condizione del risposato a quella di chi è affetto da una malattia terribile e invalidante, addirittura slegata, nel caso del coniuge “innocente”, dalle colpe personali. Una sorta di peccato originale che ritorna dopo il battesimo e infetta tutto il futuro», spiegano Gianfranco e Raffaella. «Dopo che ci è capitato di aver fatto una promessa sbagliata alla persona sbagliata, davvero non possiamo farci più nulla?», si chiedono, anche perché, per ora, è proprio così, dal momento che «se si ha la sfortuna di non ricadere in nessuno dei casi tassativi di nullità, rimangono solo due possibilità: ricostituire una famiglia e rinunciare all’eucaristia o essere ammessi all’eucaristia rinunciando a ricostituire una famiglia». Ed è «davvero difficile leggere in tutto questo la misericordia di Dio».

Ma non tutti gli “irregolari” la pensano così. Simona e Federico, divorziati risposati: «Noi pensiamo che cambiare la dottrina del matrimonio, nel senso di ammettere ai sacramenti i divorziati risposati, non si tradurrebbe in un atto di maggiore misericordia, ma in uno svilimento del matrimonio cattolico», per questo dal Sinodo «ci aspettiamo una sempre maggiore attenzione per le persone ferite ma non un venir meno del patrimonio di fede e di valori espresso dalla dottrina cattolica». «Alla Chiesa chiediamo di comportarsi come una madre amorevole che accoglie i suoi figli, non come una madre arcigna che li punisce», perché «una madre deve certamente rimarcare l’errore commesso dal figlio, ma non può ricordargli ogni momento che ha sbagliato», dice invece Elio, divorziato e risposato con Helga. «La mia speranza è che la Chiesa cattolica possa seguire un giorno la prassi della Chiesa ortodossa, così che, dopo un cammino penitenziale, la coppia possa avere le nozze benedette».

Guardano alla prossima Assemblea del Sinodo con speranza Andrea e Dario, sposati in Canada, con tre figli: «Speriamo in una comunità ecclesiale che sappia prendersi cura delle persone omosessuali che sentono ardere dentro se stesse il desiderio di una vita affettiva di coppia e che sappia includere le coppie omosessuali, abbracciarle e guidarle, affrancandosi dalle battaglie ideologiche, forte della consapevolezza che l’Amore di Cristo è per tutti e per tutti è fonte di vita in abbondanza».

Tante storie che compongono un mosaico di quella che è realmente la comunità cristiana, fatta di donne e uomini innervati dalla fede e immersi nella storia. Tutti parlano ai vescovi, che ad ottobre si riuniranno per l’Assemblea ordinaria del Sinodo sulla famiglia, e a papa Francesco, che alla fine dovrà decidere. Chiedono di essere ascoltati e accolti, perché «essere tollerati non ci basta», dicono Liliana e Paolo, divorziati risposati anche loro. In attesa, con speranza. Sarà così?