Quel che le chiese non leggono di A.Esposito

Alessandro Esposito
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Approfittando del dibattito sulla laicità svoltosi sull’ultimo numero di MicroMega, vorrei proporre alle lettrici e ai lettori un itinerario inusuale, addentrandomi in una tematica che può apparire sospesa su un ossimoro, se non direttamente contraddittoria: quella della possibilità di una riflessione teologica laica. Si tratta, come immagino che i lettori intuiscano, di un sentiero assai poco battuto ed in Italia pressoché misconosciuto. Per compiere qualche passo su questa via ignorata, vorrei riprendere alcune delle tesi esposte nel merito dal filosofo e teologo britannico John Hick, scomparso tre anni orsono e considerato a ragione uno dei più acuti esponenti della cosiddetta “teologia del pluralismo religioso”.

Rinvio chiunque voglia approfondire questo approccio eterodosso ed innovativo alla sommaria bibliografia di riferimento che riporto in nota a beneficio dei lettori interessati.[1] In questa mia breve riflessione, vorrei soffermarmi su una considerazione svolta da Hick in ordine al rapporto tra laicità e cristianesimo per quel che attiene all’evoluzione del pensiero scientifico nella storia moderna europea. Senza mezze misure, il Nostro sostiene che «il cristianesimo ha condotto una lotta senza quartiere contro il metodo scientifico e sperimentale» al punto da «non poter in alcun modo rivendicare alcuna partecipazione nel processo di emancipazione del pensiero che tale metodo favorì».[2]

Anche sotto il profilo delle conquiste sul piano dei diritti umani e civili, di cui oggi il cristianesimo si dichiara paladino e persino propulsore, Hick non fa alcuno sconto alle chiese, le quali, asserisce il Nostro, hanno a più riprese «soppresso brutalmente sia le rivendicazioni sociali che la riflessione intellettuale da esse considerata anomala»,[3] finendo per consolidare istituzionalmente ed ideologicamente quell’universo dogmatico dalla cui dissoluzione – prosegue l’autore – si è originata la modernità con il suo spirito secolare e democratico.

John Hick fu membro della chiesa presbiteriana d’Inghilterra che, a differenza di quella cattolica, non conosce la scomunica. Ciò, però, non deve ingannare: esiste difatti una forma latente di scomunica, che consiste nell’estromissione delle idee eterodosse dal dibattito accademico. Hick è letto ed apprezzato nelle facoltà di filosofia, mentre viene sistematicamente ed aspramente criticato, quando non direttamente ignorato, in quelle di teologia che seguono un orientamento tradizionale (ovverosia in quasi tutta Europa, dove il legame tra studi teologici ed istituzione ecclesiastica è talmente indistricabile da condizionare, sovente, la libertà d’espressione e la stessa onestà intellettuale di molti dei suoi docenti, che sono a tutti gli effetti impiegati delle chiese).

Diverso è il discorso per ciò che concerne il mondo anglosassone, nel quale, grazie all’indipendenza di buona parte delle facoltà teologiche dalle istituzioni ecclesiastiche, si è potuta sviluppare una riflessione scientifica rigorosa sul fenomeno religioso. Disquisire laicamente di religione e perciò stesso di cristianesimo è possibile, questo è indubbio; ma perché tale possibilità possa prendere forma in maniera qualitativamente soddisfacente, è necessario svincolare lo studio del fenomeno religioso dall’ipoteca della teologia ecclesiasticamente declinata ed irreggimentata, che priva non tanto lo specialista ma, prima ancora, le comunità cristiane della possibilità di esprimere e coltivare un pensiero innovativo e, quando si dia il caso, dogmaticamente irriverente: unico contributo di rilievo che esse possono fornire al dibattito culturale delle società pluraliste.

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NOTE

[1] Mi limito a menzionare le opere e gli autori che ho più approfondito: su tutti, Paul Knitter, autore del celebre: Nessun altro nome? Un esame critico degli atteggiamenti cristiani verso le religioni mondiali (Queriniana, Brescia, 2005; orig. Inglese del 1987) e co-editore con John Hick dell’illuminante: Il mito dell’unicità cristiana (Queriniana, Brescia, 1993; orig. Inglese del 1985); e lo stesso John Hick, autore del suggestivo: Il mito del Dio incarnato (Bastogi Edizioni, Foggia, 1982; orig. Inglese 1977). Un’amplia ed assai curata bibliografia è contenuta nel volume di José María Vigil: Teologia del pluralismo religioso (Cittadella, Brescia, 2009; orig. Spagnolo 2005).

[2] Tratto da: John Hick, O carácter não absoluto do cristianismo, in: Numen, revista de estdos e pesquisa da reigião, Juiz de Fora, Brasil, n. 1/1998, pp. 13-43, cit. pag. 29 (traduzione dal portoghese mia).

[3] Ibidem, pp. 32-33.