L’aborto della misericordia

Ho letto la lettera che papa Francesco ha inviato al Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, in vista del giubileo straordinario che si aprirà il prossimo 8 dicembre. L’ha scritta per indicare alcuni punti chiave per vivere l’esperienza dell’anno santo come occasione per toccare con mano la tenerezza del Padre.

Andando oltre le disposizioni date per ottenere l’indulgenza giubilare, Francesco rivolge un pensiero particolare a quanti saranno impossibilitati a recarsi alla Porta Santa: malati, persone anziane e sole, carcerati. A quest’ultima categoria dice che il Giubileo ha sempre costituito l’opportunità di una grande amnistia, cosa che auspica per tutti coloro che hanno preso coscienza dell’ingiustizia compiuta.

Infine, dopo aver affermato che l’indulgenza giubilare può essere ottenuta anche per quanti sono defunti, apre un ulteriore paragrafo per affermare che uno dei gravi problemi del nostro tempo è certamente il modificato rapporto con la vita… “Penso in modo particolare”, scrive, “a tutte le donne che hanno fatto ricorso all’aborto”.

E prosegue: “Conosco bene i condizionamenti che le hanno portate a questa decisione. So che è un dramma esistenziale e morale. Ho incontrato tante donne che portavano nel loro cuore la cicatrice per questa scelta sofferta e dolorosa… Anche per questo motivo ho deciso, nonostante qualsiasi cosa in contrario, di concedere a tutti i sacerdoti per l’Anno Giubilare la facoltà di assolvere dal peccato di aborto quanti lo hanno procurato e pentiti di cuore ne chiedono il perdono”.

Alcune riflessioni: oggi le donne abortiscono meno, scelgono la loro maternità. Nelle cliniche ostetriche i parti denunciati da sole donne sono tanti, il padre non abbandona la donna come un tempo, spesso viene invece abbandonato dalla donna per mille motivi.

Nell’anno della misericordia Francesco fa bene a rilanciare il perdono, ma ricordiamoci che l’assoluzione per le donne cristiane, pentite per aborto procurato, hanno ricevuto sempre l’assoluzione dai molti preti cattolici non integralisti o misogini, questo almeno dal Concilio Vaticano II in poi.

Speriamo che papa Francesco ricordi anche i problemi aperti da molti vescovi conciliari per abolire i divieti sulla contraccezione, divieti purtroppo sanciti da Paolo VI con l’Humanae Vitae”.

Mira Furlani
Firenze, 3 settembre 2015

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Sarà perché sono cattolica, ma non mi sento esaltata dalla misericordia del Papa nei confronti della pratica abortiva. L’aborto è uno dei peccati gravissimi che ha bisogno di un’autorità superiore per essere assolto, ma da sempre solo i preti integralisti (o misogini) negano l’assoluzione alla donna che si confessa pentita. Papa Francesco infatti cerca clamorosamente di rieducare anche i cattolici alla dottrina “autentica”: la misericordia rilanciata da un intero anno “santo” (speriamo che se ne accorgano gli ungheresi la cui xenofobia è più grave di un aborto) è semplicemente la norma per chi è cristiano.

Tuttavia il Papa (e tutti i commentatori della sua presa di posizione) non si rende conto della solitudine in cui lascia la donna. Con lei sono perdonati i medici e gli infermieri, ma non c’è menzione di quello che il canone 1398 chiama “il mandante”, espressione che non lascia capire se riferito a un padre che caccia di casa la minorenne incinta oppure il partner. Come quando il rappresentante del Vaticano nega il voto alle delibere internazionali sui “diritti riproduttivi”, anche il Papa sostanzialmente conferma che l’uomo è autorizzato all’irresponsabilità procreativa.

Se Francesco avesse voluto innovare davvero, avrebbe tolto il divieto alla contraccezione abrogando l’Humanae Vitae di Paolo VI che cinquant’anni fa deluse i vescovi del Concilio. E avrebbe non solo autorizzato, ma vivamente consigliato alle famiglie laiche e cattoliche e alle scuole l’educazione sessuale, eventualmente chiarendo che non si tratta di conoscere la fisiologia del corpo umano o la biologia, compreso il moralista che spiega che “la vita inizia dal concepimento” e che “l’embrione è una persona”.

E’ necessario educare alla responsabilità nell’uso del corpo, che non è così separato dallo spirito se riguarda la vita e la sua trasmissione.

Educare in particolare i maschi, che sfuggono alla radice del problema e sono implicitamente autorizzati a sentirsi irresponsabili (anche se cattolici) quando la ragazza o la moglie dice di essere incinta.

Se il numero maggiore degli aborti riguarda le coniugate, qualcuno deve spiegare che razza di matrimonio sia quello in cui i due non decidono insieme se lei vuole o non vuole una maternità. E se lei dice no, il valore normale della parola libertà comporta che il rapporto non sia procreativo e, se il maschio cattolico è osservante, mantiene la castità.

L’indulgenza della donna educata all’accettazione senza riserve delle ineducate pulsioni maschili impone di scegliere di avere un figlio in più (che forse non potrà andare all’università perché i soldi non bastano) o un aborto. Che pagherà sempre lei, nella carne viva e nel tormento interiore che non coincide quasi mai con il pentimento.

Possibile che i carichi umani siamo sempre a carico delle donne?

Giancarla Codrignani
Bologna, 2 settembre 2015

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In margine ai molti commenti (ringrazio Mira e Giancarla per le loro riflessioni) alla lettera del papa sul perdono a chi abbia procurato aborti e ne sia pentito, aggiungo una mia piccola considerazione, scaturita da quel “ho deciso… di concedere a tutti i sacerdoti… la facoltà di assolvere…”.

Viviamo in un mondo gerarchizzato, abitato da masse di persone costrette alla sottomissione a chi comanda e domina dai numerosi livelli “superiori”, fino ai tanti “uomo solo al comando”, su su fino a quest’uomo che, unico al mondo, è convinto di possedere questa somma potestà e di poter decidere di esercitarla o meno, tra la comprensione, il plauso, l’indifferenza o la ribellione silenziosa di chi “sta sotto”. E’ la logica della relazione tra gregge e pastore.

Ma qui non si tratta di pecore. Non sono il solo ad essere convinto che Dio, cioè l’Amore, si manifesti e parli al cuore di ogni uomo e di ogni donna grazie a nostra madre che ce lo trasmette e insegna dal primo istante: sono quindi invenzioni umane le rivelazioni divine a chi si proclama titolare di santità infallibile. E sono sempre uomini, guarda caso!

Io penso che la libertà dei figli di Dio sia la stessa delle Sue figlie: perchè alcuni figli diventano padri e maestri, autorizzando così anche gli altri a sentirsi, per appartenenza di genere, superiori alle figlie, che restano figlie, costrette alla sottomissione e all’obbedienza? L’aborto è deve essere sempre una scelta delle donne, per quanto dolorosa e sofferta, e chi le aiuta a non morirne non è un delinquente peccatore (diverso è il caso di chi causa l’aborto con violenza e percosse; ma non è di questo che stiamo parlando).

Non riconoscere alle donne la libertà di scelta sul proprio corpo, che comprende anche il ricorso all’aiuto di chi ne ha la capacità professionale: anche questo, secondo me, è una pratica violenta nei loro confronti.

E’ un “discorso”, quindi, che non vale solo per gli uomini che maltrattano, violentano, stuprano, uccidono le donne… ma riguarda ogni uomo, in primis quelli incapaci di educare le proprie pulsioni maschili, come dice Codrignani. La pratica dell’autocoscienza aiuterebbe tutti gli uomini, papa vescovi e preti compresi, a scoprire e a fare i conti, ad esempio, con la propria parzialità: prendere consapevolezza di “non essere che un uomo” ti aiuta ad abbandonare ogni pretesa di dominio sui corpi e sulle coscienze altrui, a imparare il rispetto, cominciando dalle relazioni con le donne.

Questo potrebbe essere il primo passo del cammino verso un’autentica – questa sì – civiltà cristiana delle relazioni.

Beppe Pavan
Cdb Viottoli – Pinerolo,  4 settembre 2015