Noi Siamo Chiesa è presente all’incontro della Chiesa italiana a Firenze e ha diffuso le questioni che propone di discutere

Noi Siamo Chiesa

 

Sorelle, fratelli, ci accingiamo a un impegno importante, quello di riflettere sul percorso della nostra Chiesa per i prossimi anni. Per fare questo dobbiamo capire “i segni dei tempi” . Sullo sfondo sta la crisi delle ideologie e degli “assoluti” del secolo scorso che facilita una nuova ricerca di senso. Il messaggio di Gesù ha così più possibilità di essere ascoltato e aumentano le nostre responsabilità di testimoni dell’Evangelo. Sull’immediato, rispetto all’incontro di Verona del 2006, vediamo due “segni” nuovi: nella società la grave crisi economica e sociale e l’aggravarsi della situazione internazionale, nella Chiesa un nuovo Papa che viene percepito da tutti come portatore di una vera svolta. Come rapportarsi? Cosa cambiare? E’ difficile capire come è andata la preparazione di questo nostro incontro. A noi sembra che la “Traccia” preparatoria non abbia impostato le cose nel modo giusto; essa ci appare come una meditazione spirituale, con tante interessanti citazioni, priva però di indicazioni sui veri e tanti problemi pastorali di cui, ci sembra, dovremmo discutere. Ci sono solo frammenti di analisi della situazione concreta e assenze che non capiamo. Ne citiamo solo due, quella sui rapporti ecumenici e quella sulla “terza guerra mondiale a pezzi” il cui rombo ormai si ode ovunque. Ci sembra che le “cinque vie” proposte per la discussione siano troppo generali e generiche e che rendano difficile affrontare problemi pastorali che la Chiesa italiana ha, se vuole cercare di uscire dall’attuale ordinaria amministrazione.
Facciamo un elenco di nove questioni di cui si potrebbe discutere, senza ordine di priorità, che presentiamo con parresia e passione. Non riguardano questioni teologiche controverse e diamo per esistenti e conosciute le tante realtà positive che sono una preziosa presenza sociale e culturale della nostra Chiesa. Se almeno qualcuna delle questioni che proponiamo fosse messa veramente all’ordine del giorno, l’incontro di Firenze avrebbe, a nostro giudizio, una conclusione positiva. Non possiamo riunirci solo per ascoltare quello che ci dirà domani Papa Francesco, di cui appoggiamo con convinzione il “nuovo corso”.

1 ) Povertà nella Chiesa e della Chiesa. Lasciando alla fermezza del Papa la pulizia delle finanze del Vaticano, ancora in questi giorni grave scandalo non solo per il popolo cristiano, c’è un silenzio completo su quali e quante sono le risorse della nostra Chiesa italiana e su come vengono gestite. Solo delle parrocchie si conoscono (non sempre) problemi e bilanci. Le risorse delle Diocesi, degli Istituti per il Sostentamento del clero e degli Ordini religiosi sono segreti di curia. La ripartizione dei fondi dell’ottopermille è opinabile (troppo pochi quelli per la carità), le varie voci non sono disaggregate e sono perciò difficili da interpretare. Conoscere la situazione è il primo passo per fare proposte, almeno di sobrietà. I laici sono del tutto estranei all’amministrazione di beni che sono di tutti. Il sistema dell’ottopermille ha aumentato di molto le somme percepite dalla Conferenza Episcopale negli ultimi venti anni. Non si può discutere di questa situazione di oggettivo privilegio?

2) Migranti. L’appello di papa Francesco alla loro accoglienza materiale dove e come viene accolto e praticato? Ci ha fatto soffrire il numero dell’ “Espresso” di fine ottobre che ha portato testimonianze dal vivo della mancata accoglienza nel nostro paese da parte di parrocchie e di sedi ecclesiastiche.

3) L’accorpamento delle parrocchie in unità pastorali o simili, a causa della mancanza e dell’invecchiamento del clero, potrebbe avere altre soluzioni, per esempio allargando grandemente le responsabilità dei laici, uomini e donne. Di questo ben poco si discute o se ne discute solo all’interno del clero.

4) Queste possibili nuove responsabilità laicali devono avere al centro il ruolo delle donne, che non deve essere solo relegato a funzioni di mero servizio. Tanto si può fare già ora. Bisogna parlarne di meno e fare di più in attesa che si riapra a tutto campo la discussione sull’estensione dei ministeri alle donne .

5) Della famiglia se sta parlando molto. Il Papa ci darà indicazioni dopo il Sinodo appena concluso. Ogni realtà di base della Chiesa dovrebbe prendere atto che non esiste solo il tipo di famiglia “tradizionale” ma altre forme devono essere considerate con quell’ottica di accoglienza e di misericordia di cui parla papa Francesco. In particolare, la presenza delle persone omosessuali credenti dovrebbe essere pienamente accettata e valorizzata nelle nostre comunità. Ieri c’è stato un incontro, qui a Firenze, per chiedere dialogo su cura pastorale e giustizia sociale nei loro confronti. E se la politica delle istituzioni per la famiglia è molto carente dobbiamo ricordarci che grande responsabilità è anche dei cattolici che sono al governo della cosa pubblica ininterrottamente dal 1945.

6) Il problema della pedofilia del clero non è minore nel nostro paese di quanto lo sia in altri. La CEI lo ha fino ad ora sottovalutato, continuando a sottolineare che la legge non obbliga il vescovo a denunciare all’autorità giudiziaria il prete pedofilo. Si tende così a comprendere e a giustificare in qualche modo l’insabbiamento di tante situazioni che c’è stato per lunghi anni. Allo stato attuale, la proposta alla vittima di rivolgersi al vescovo, che la CEI continua a formulare da molto tempo, non ci pare molto credibile. Bisogna ottenere che esista in ogni Regione (o Diocesi) un garante indipendente (o un Collegio di Garanti con presenza femminile) a cui la vittima possa rivolgersi, che abbia l’autorità di interloquire sia col vescovo che con la magistratura. Ciò è già stato fatto nella diocesi di Bolzano e in molti paesi esteri.

7) L’ “Avvenire” non è il quotidiano di tutti i cattolici italiani, ma solo delle posizioni più ufficiali e più “ortodosse”, quelle critiche o diversamente propositive non hanno spazio. Lo stesso ragionamento si può fare per una buona parte dei media cosidetti “cattolici”. L’informazione religiosa è a senso unico quasi sempre. Per avere notizie a tutto campo bisogna ricorrere spesso a pubblicazioni di provenienza laica. Per capire i segni dei tempi ci vuole un nuovo ascolto che deve iniziare soprattutto all’interno della Chiesa mediante la conoscenza di tutte le opinioni che vi sono.

8) Per un rapporto nuovo e credibile con la società, con le istituzioni, a tutela della legalità contro le mafie e contro tutti i poteri criminali (ben oltre quello che già si fa) ci sembra indispensabile avviare una riflessione critica sull’intervento in politica sempre in una sola direzione da parte dei vertici della CEI nel corso degli anni. Certe campagne (quella del Family Day, quella sul caso Englaro per esempio) pensiamo siano state dannose per il compito di evangelizzazione della Chiesa. I “valori non negoziabili” hanno sostituito la carità, il “sabato” è stato contro l’uomo, la paura del “relativismo” ha reso difficile aprirsi a parlare sopratutto e solo del Vangelo in dialogo con il mondo. Il rifiuto del funerale religioso a Piergiorgio Welby è stato il modello di quello che gli uomini di Chiesa non devono fare. Più in generale si pone il problema -ci sembra- di come nella cultura del nostro popolo si possa contrastare l’antipolitica e diffondere una maggiore presa di coscienza dei valori democratici della nostra Costituzione repubblicana.

9) La campagna contro la cosidetta “ideologia del gender” ha un fondamento reale? Sono tanti quelli che, nel nostro mondo di educatori cattolici presenti nelle scuole pubbliche e private, iniziano a dubitarne seriamente e a convincersi che non ci sono veramente complotti di culture perverse che vogliono stravolgere quello che deve essere un sereno rapporto educativo nelle scuole e nella famiglia per quanto riguarda l’educazione sessuale. Perché non discutere se non sia vero che si stanno creando solo paure e allarmismo tra i genitori invece di pensare a un’educazione fondata sulla diversità tra maschio e femmina ma anche sull’informazione su situazioni come quella delle persone omosessuali che meritano rispetto e accoglienza, contro ogni forma di bullismo e di discriminazione ?

Oltre a queste vi sono altre proposte che possono servire per creare, aldilà di singole iniziative parrocchiali o diocesane, un senso comune in tutta la nostra Chiesa, su questioni che si pongono con urgenza nella nuova nostra società interreligiosa ed interculturale. Perché non pensare a un Consiglio nazionale delle Chiese cristiane sul modello di quello della diocesi di Milano? Perché, così come si celebra una Giornata del dialogo ebraico-cristiano ogni 17 gennaio, non condividere la Giornata del dialogo cristiano-islamico che già molte realtà di base celebrano il 27 ottobre? E ancora perché non ragionare in modo non rituale sull’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche quando il sistema attuale incontra evidenti difficoltà? Che seguito dare a quell’enciclica straordinaria che è la “Laudato SI”? Perché non prevedere la possibilità di celebrare il sacramento della riconciliazione secondo il terzo rito (celebrazione comunitaria e assoluzione generale)? Perché non reinserire nella pastorale i preti esclusi dal ministero perché si sono sposati, naturalmente qualora essi accettino? Si può continuare a lungo.

Care sorelle e cari fratelli,i ci auguriamo che vogliate accogliere questa proposta di dialogo per dare all’umanesimo cristiano, di cui ci occupiamo in questi giorni, la sua dimensione più profetica e liberatrice.

“Noi Siamo Chiesa” è un movimento che si impegna per il rinnovamento evangelico della Chiesa cattolica nella linea e secondo lo spirito del Concilio Vaticano II. E’ attivo nel nostro paese dal 1996. Esso fa parte del movimento internazionale “We Are Church”, di cui è la sezione nazionale, ed è sorto per promuovere la partecipazione dei credenti alla vita della Chiesa cattolica, per impegnarsi perché il Vangelo sia capito e vissuto dai credenti come fondamento per l’impegno per la pace fondata sulla giustizia in Italia e nel mondo e per partecipare al movimento ecumenico.