Il presepe di Mattarella di T. Montanari

Tommaso Montanari
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«Te piace ‘o presepe?? No!». Guardando il presepe napoletano sapientemente collocato alle spalle del Capo dello Stato nell’inquadratura del messaggio di fine anno agli italiani, verrebbe da rispondere come Nennillo al padre Luca Cupiello: no, quel presepe non mi piace affatto.

Il Presidente Sergio Mattarella in occasione del messaggio di fine anno.

Sono cristiano: il presepe lo faccio, a casa mia. Ma da storico dell’arte conosco la storia dell’uso politico delle immagini. E quando vedo il presepe – inventato da Francesco d’Assisi, lontanissimo da ogni potere – diventare lo studiato ingrediente di una scenografia politica, mi viene da rispondere: «no, non me piace o’ presepe!».

Il presepe al Quirinale è un errore. Perché un cittadino italiano musulmano, buddista, ebreo o semplicemente ateo, accendendo il televisore per ascoltare il visibile rappresentante dell’unità nazionale, deve vedere il presepe cristiano, accanto alle bandiere? Quel presepe rischia di smentire le parole di accoglienza pronunciate dal presidente nel suo stesso messaggio. L’uso politico della religione divide, emargina, allontana proprio quelli che abbiamo un disperato bisogno di unire, integrare, avvicinare. La laicità dello Stato è, o non è, un valore repubblicano? Oppure crediamo ormai tanto poco nel valore progettuale, pure così carico di futuro, della nostra Costituzione da doverci aggrappare disperatamente ai simboli di un’identità nazionale tutta rivolta al passato? Quel presepe sotto la campana di vetro non è un segno di forza, ma un terribile segno di involuzione, debolezza, mancanza di visione.

E non si dica che il presepe è una tradizione. Se lo scandalo del Dio bambino diventa un simbolo così disinnescato da poter appartenere anche a chi non ci crede, dovrebbero essere i cristiani a ribellarsi. Contro ogni retorica zuccherosa, contro il buonismo delle ‘immagini della tradizione’ ­ – tanto care ai nostri, peraltro bellicosi, atei devoti –ricordiamo la strage degli innocenti: il primo frutto della nascita del Dio bambino è un eccidio di bambini. «Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada» (Matteo, 10, 34). I poveri (i pastori) e coloro che coltivano la conoscenza (i magi) si inginocchiano davanti a Gesù: ma il potere politico (Erode) si sente – a ragione – minacciato, e reagisce con violenza inaudita. Questa è la vera tradizione del Natale vero.

«Date a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio ciò che è di Dio», risponde Gesù ai farisei che cercavano di usare la religione come strumento di lotta politica.

Ed è paradossale che mentre papa Francesco scrive un’intera enciclica per dirci che i cambiamenti climatici sono causati dall’uomo, che deve cambiare strada, il nostro presidente della Repubblica sia ancora fermo alla ‘natura matrigna’ («Sono utili [ha detto ieri sera Mattarella in uno dei passaggi davvero più deludenti del suo messaggio] le diverse opinioni – e non si può certo comprimere il confronto politico – ma siamo di fronte anche alla natura, e ai suoi mutamenti, che contribuiscono a provocare siccità e alluvioni»).

L’anno prossimo, alle spalle del presidente, sarebbe bello vedere non il presepe sotto vetro, ma una grande mappa del cambiamento climatico e del consumo di suolo.