Per un bilancio dell’anno di M.Vigli

Marcello Vigli
Cdb San Paolo -Roma

A fine anno è difficile resistere alla tentazione di fare bilanci e, forse, è anche bene farne per chi non intende rinunciare a partecipare.

Con gli ultimi quattro decreti attuativi del Jobs act, approvati in settembre, è terminato il processo di riforma del mercato del lavoro avviato dal governo Renzi che avrebbe dovuto salvaguardare i diritti dei nuovi assunti a tempo indeterminato. In verità due mesi dopo tale approvazione un operaio, assunto secondo le nuove norme, perde il lavoro dopo soli otto mesi dall’assunzione: l’azienda ci aveva sempre detto di stare tranquilli, e che per tre anni stavamo sicuri. Poi non sono un tipo politicizzato, mai fatto uno sciopero in vita mia, non sono di sinistra. Vedevo Renzi in tv, parlavano tutti di “tutele crescenti”… Ecco sulla mie pelle ho visto che quella dizione è una barzelletta. È ben altro: è la conferma che la nuova normativa cancella di colpo tutele e vantaggi conquistati con anni di lotte per rendere effettivo quel diritto al lavoro sancito solennemente dall’art. 3 della Costituzione simbolicamente rappresentato dal “mitico” art. 18, senza offrire garanzie.

Non è il solo colpo inferto dal governo al Testo costituzionale.

Il 9 luglio ha portato a compimento il processo – a dir la verità già avviato da anni – per disintegrare la scuola statale. Giusto in tempo per renderlo operativo in questo stesso anno scolastico, la Camera dei deputati ha definitivamente approvato il decreto di riforma della scuola. La Buona Scuola è legge ed ha avviato lo smantellamento di quella Scuola della Repubblica, che con la introduzione nella sua gestione degli Organi collegiali si era avviata ad adeguarsi a quel modello di Istituzione scolastica repubblicana previsto dalla Costituzione. La funzione di sede per la formazione di cittadini, affidata all’azione collegiale dei docenti, viene sostituita dalla riduzione a strumento di preparazione di forza lavoro a diversi livelli – dirigenziale e subordinato – affidata alla gestione di un Dirigente scolastico dotato di ampi poteri nella selezione, assunzione retribuzione “premiale” del “personale”; sollecitato a ricercare risorse finanziarie supplementari; responsabile di coinvolgere la collaborazione di genitori; garante dei rapporti con il territorio e dell’integrazione degli studenti con imprese disponibili ad assicurare il rapporto scuola lavoro. La scuola cessa di essere una Pubblica Istituzione e, come tale legittimamente a carico del pubblico bilancio, per diventare sede di formazione professionale a vantaggio delle famiglie che possono permettersi di “mantenere allo studio” i propri figli.

Un’altra “correzione” del sistema Istituzionale è stata imposta con la trasformazione del Senato della Repubblica in Camera delle Regioni. Senza entrare nel merito del sistema elettorale e dei nuovi poteri di tale Camera, si può rilevare il grave squilibrio che deriverà al sistema democratico dalla fine del cosiddetto “bicameralismo perfetto” senza l’introduzione di adeguate norme volte garantire la conservazione delle funzioni di sua competenza. La riduzione ad una sola sede per l’esercizio del potere legislativo, di per sé fonte di maggiore efficienza, lo sminuisce senza forme di compenso nella sua funzione di indirizzo e di controllo dell’azione governativa. È pur vero che il referendum confermativo potrà bocciare la nuova norma costituzionale, ma si corre il rischio che una parte degli elettori siano deviati, nel loro giudizio, dall’intento di non sconfessare l’operato del Presidente del Consiglio che ha fortemente voluto la riforma come segno di modernità, di fatto favorevole all’aumento del centralismo e dell’autoritarismo nella gestione del potere in Italia.

In senso inverso è andata, invece, la ridefinizione del potere centrale nell’istituzione ecclesiastica introdotta quest’anno da papa Francesco con lo svolgimento del sinodo dei vescovi e con la scelta di anticipare l’inizio del Giubileo con l’apertura della Porta Santa della cattedrale di Bangui: sperduta capitale della sperduta Repubblica Centrafricana. Il disagio e lo scandalo suscitati in settori conservatori della gerarchia ecclesiastica e le reazioni al limite dello scisma fra i cattolici tradizionalisti, specie statunitensi, danno la misura del valore simbolico di queste scelte papali, atte a compensarne altre di segno diverso. Questo non vale per le scelte di Renzi.

In sede di bilancio il confronto fra situazioni analoghe può aiutare nella valutazione dei fatti!