Religione sì, religione no, religione quale di M.Vigli

Marcello Vigli
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In Vaticano è appena iniziato il processo contro coloro, fra i quali un prete, che hanno divulgato notizie riservate e compromettenti sulla gestione della Sede apostolica. In Italia diventa un caso nazionale la notizia di un Dirigente scolastico che avrebbe “cancellato” il Natale. Il papa torna dall’Africa dopo aver avviato l’anno giubilare nel più povero paese del mondo e fraternizzato nella moschea con la locale comunità islamica.

Era partito contro il parere degli esperti, che lo sconsigliavano per il timore di attentati, fidando che la Provvidenza si sarebbe servita delle locali forze di polizia e dei contingenti dell’Onu presenti nella Repubblica Centroafricana travagliata da lotte intestine che oppongono gruppi islamici a gruppi d’ispirazione cristiana. Ha predicato la pace, denunciato la protervia dello sfruttamento dei Paesi ricchi su quelli poveri e condannato la corruzione, esortando i giovani a non cedere alle tentazioni delle quali ha riconosciuto la presenza anche in Vaticano.

Di tale presenza ha parlato anche in un’intervista rilasciata sull’aereo nel viaggio di ritorno, ammettendo l’errore compiuto nella scelta dei due componenti infedeli della commissione vaticana Cosea, rammaricandosi che il processo, da lui voluto per contrastarla, non sarà concluso come previsto prima dell’apertura romana dell’Anno santo. Avrei voluto che finisse prima del Giubileo, ma credo che non si potrà fare perché io vorrei che tutti gli avvocati della difesa abbiano il tempo di svolgere il loro lavoro e che ci sia libertà di difesa. Ha poi risposto, Ringrazio Dio che non ci sia più Lucrezia Borgia! Ma dobbiamo continuare con i cardinali e le commissioni l’opera di pulizia, alla domanda: Come procedere perché questi fatti non si verifichino più?

Anche del fondamentalismo nelle diverse religioni ha riconosciuto la presenza pur aggiungendo: Non si può cancellare una religione perché ci sono alcuni o molti gruppi di fondamentalisti in un certo momento della storia. È vero, le guerre tra religioni ci sono sempre state, anche noi dobbiamo chiedere perdono: Caterina di Medici che non era un santa e quella guerra dei trent’anni, quella notte di San Bartolomeo… Quante guerre abbiamo fatto noi cristiani? Il sacco di Roma non l’hanno fatto i musulmani.

A questa sua domanda sembrano rispondere, in miniatura, quei cristiani che in Italia proprio in questi giorni a Rozzano stanno chiedendo le dimissioni del dirigente scolastico, professor Marco Parma, reo, a loro parere, di impedire la celebrazione del Natale in una scuola statale per non turbare la sensibilità dei tanti alunni non cristiani presenti nella sua scuola. In verità aveva solo impedito che due “mamme” intervenissero nella scuola durante la pausa pranzo, quasi non fosse orario scolastico, per insegnare a quelli cristiani canzoncine natalizie.

Salvini e, suoi complici, Carfagna e La Russa hanno capeggiato una manifestazione di protesta di genitori e “cittadini” in concomitanza con l’eco della controversia insorta a Sassari su un analogo argomento. Il vescovo della città aveva protestato per il rifiuto opposto dal collegio docenti della scuola primaria di San Donato, nella sua autonomia, alla sua richiesta di poter svolgere in essa una visita pastorale, quasi si trattasse di una parrocchia della sua diocesi. La scuola è, formalmente, della Repubblica, per di più, nella realtà, multietnica ed impegnata, con buoni risultati, in un’esperienza di integrazione di alunni di diverse etnie.

Con articoli di fuoco e interpellanze nelle diverse sedi politiche, a livello locale e nazionale, si va creando nel Paese quel clima di guerra di religione denunciato dal papa e per il quale chiede perdono.

Alla luce di quanto detto va ripensato il rapporto fra religione e guerra che la globalizzazione ha riproposto negli ultimi decenni, interrogandosi anche su quale religione se, come sembra, non si può parlare di uno stesso fenomeno, pur all’interno di una stessa Chiesa.

Non è certo nuovo l’uso della religione come instrumentum regni, né come sostituto di un’ideologia politica o di un ideale morale, ma è bene averne chiari i fondamenti.

Nel nostro caso infatti non si tratta solo di religione sì o religione no. Esiste in Italia un regime concordatario che fomenta attese e richieste altrimenti palesemente ingiustificate.

Il presepe a scuola non confligge solo con la eventuale sensibilità dei bambini non cristiani, facilmente coinvolgibili nella gioia di un evento festoso, ma con il principio, violato da tale regime, della laicità dello Stato che, nelle sue sedi istituzionali – tale è la Scuola statale non lo si dimentichi-, non solo non deve privilegiare nessun orientamento culturale non fondato sui valori costituzionali, ma deve invece salvaguardare la dignità di tutti i cittadini anche quelli che non si riconoscono in nessuna religione o ideologia. Non devono essere considerati di categoria inferiore, definiti con sufficienza “laici” come se tale attributo non sia, invece, prioritario rispetto ad ogni altro per garantire quella uguaglianza, caposaldo della cittadinanza, fondamento essenziale della democrazia.
La laicità, per di più, è l’unica bussola ideale per orientarsi nella comprensione delle diverse espressioni, storiche e attuali, del fenomeno “religione”.