Maternità e famiglia, il dogmatismo ottuso della Chiesa di E.Mazzoni

Eleonora Mazzoni
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Pel desiderio spinto di avere prole poco si ragiona, scriveva Giuseppe Petacci, medico presso il Vaticano e zio della più famosa Claretta. In questi giorni “caldi” di Family Day, ddl Cirinnà e conferenza parigina sull’abolizione della maternità surrogata, mi piace ricordare che proprio questo desiderio spinto, complesso, ambivalente ma sempre oltre misura, ha dato vita lungo i secoli a molteplici tentativi per favorire, ove necessario, i concepimenti, così come a manovre per limitare, quando c’era bisogno, il numero delle nascite: nel papiro Kahun, stilato in Egitto milleottocento anni avanti Cristo, un capitolo illustra le fumigazioni vaginali per aumentare la fertilità femminile, nel capitolo successivo vengono descritti metodi contraccettivi riservati alle donne, quali pessari di sterco di coccodrillo.

Questo desiderio spinto si porta dietro qualcosa di trasgressivo. Bastino le parole di una signora al medico che, nella seconda metà dell’800, le aveva per tre volte iniettato lo sperma del consorte per cercare di ingravidarla: se con quello di mio marito non riuscite, sostituite quello di un altro uomo, più giovane e robusto. Io non voglio sapere chi lo abbia fornito, e quindi non commetto alcun peccato.

A proposito di trasgressivo mi piace anche ricordare che all’inizio della procreazione medicalmente assistita, ben prima della nascita della prima bambina concepita in provetta nel 1978, c’è un prete, per giunta italiano. È infatti l’abate Lazzaro Spallanzani a eseguire in laboratorio la prima inseminazione artificiale su una barboncina, prelevando manualmente lo sperma lui stesso, trovando il tempo per descrivere “gli occhi riconoscenti” e soddisfatti del cane nel corso di questa operazione e iniettando il seme dentro la femmina che in seguito partorirà tre cuccioli. Siamo nel 1770, anni in cui non è poi così trasgressivo che un prete rivendichi la piena autonomia della scienza. Spallanzani infatti scrive: in una materia sì tenebrosa e sì interessante, come si è quella della Generazione, deve essere permesso al Filosofo l’immaginare sperienze o combinazioni le più bizzarre e le più lontane dall’ordinario andamento della Natura.

Invece no. Purtroppo tale immaginazione non sarà permessa. Nel 1878, quando la fecondazione sta piano piano cominciando a diventare una terapia concreta contro la sterilità, con le prime cifre e casistiche, persino i primi disegni satirici (molto divertenti gli spermatozoi in frac e cilindro al bancone di un bar, in attesa di incontrare l’ovulo-femmina!), la Chiesa cattolica ne decreta l’assoluta illiceità. E questa condanna categorica rimane invariata fino ai nostri giorni.

Il primo importante motivo è che, entrando direttamente nella camera matrimoniale, violando quindi l’intimità tra marito e moglie e catapultandoci dentro una terza persona, il medico, anzi, facendo del suo intervento l’elemento risolutivo della procreazione, la fecondazione artificiale rischia di incrinare la certezza della paternità, fa aleggiare lo spettro dell’adulterio e squassa quell’istituzione su cui il cattolicesimo concentra da sempre le mire e attraverso la quale esercita un immenso controllo sociale: la famiglia. Secondo l’antropologo Jack Goody l’aver messo eventi come nascita, matrimonio, sesso e morte nelle sue mani, ha conferito alla Chiesa un potere senza paragoni. Nessun’altra religione al mondo ha mai avuto una tale capacità di controllo.

L’altro motivo è noto e risiede nel concetto di Natura, per convenzione sempre buona e giusta, in quanto emanazione divina. In quest’ottica “l’artificiale”, invece di raccontarci, attraverso la sua bellissima etimologia, cioè “ars”, da cui “artifex”, il vitalissimo ingegno umano, acquista il significato di “cattivo” e “moralmente condannabile”, diventa sinonimo della tracotanza con cui l’uomo ambisce a prendere il posto di Dio. Gli scenari che i seguaci della Natura prospettano sono allarmanti, capaci di far risuonare paure ataviche di punizione anche nelle menti più progressiste: la possibilità di un incrocio mostruoso tra razze diverse, ad esempio, addirittura l’infusione di seme di scimmia in una donna.

Passano i secoli, eppure la Chiesa continua a mostrare un dogmatismo ottuso. Vitrea e immobile, ancora oggi guarda senza comprensione i cambiamenti della società, non accetta che la percezione della famiglia, dei rapporti parentali, della maternità si stiano modificando, non capisce che famiglie adottive, monogenitoriali, ricostituite, omosessuali convivono già da tempo accanto a quelle tradizionali. All’opposto molte chiese protestanti accolgono con spirito pragmatico le tecniche di fecondazione, ormai richieste da milioni di persone nel mondo e destinate a far parte sempre di più della nostra contemporaneità e, senza dimenticarne le tante contraddizioni, ne valorizzano la finalità, cioè aiutare le creature di Dio ad adempiere alla funzione cui Dio le ha destinate, ovvero procreare.

A metà del secolo scorso risale però un episodio bislacco. Quando i ricercatori dell’azienda farmaceutica Serono scoprirono che le gonadotropine, sostanze che servono a stimolare la produzione di ovociti, si trovavano in abbondanza nell’urina delle donne in menopausa, ebbero dapprima qualche difficoltà nel reperire grandi quantità di pipì necessarie per realizzare questi farmaci. Ma certo, nei conventi!, fu a un certo punto l’idea geniale di Pietro Bertarelli, in quel periodo a capo dell’istituto. E di lì a poco nei conventi arrivarono i contenitori per l’inusuale raccolta. Così, grazie al contributo di suore votate alla castità (tra l’altro in grado di garantire urine non contaminate dalle infezioni sessuali), l’azienda commercializzò uno dei primi medicinali che favorivano il concepimento. Le coppie che non potevano avere figli erano contente, le monache soddisfatte di contribuire a far nascere tanti bambini, e anche il Vaticano non si lamentava. Nel 1954, infatti, attraverso lo IOR, assunse il controllo della maggioranza delle azioni Serono. Forse prevalse l’idea pratica che dare un’aggiustatina alla natura, aldilà di tutti i proclami teorici, fosse cosa buona, essendo buono il fine. O forse fecero gola i notevoli guadagni, miraggio da sempre per credenti e non credenti. Forse. Chissà.

Non c’è comunque da farsene un cruccio. Oggi le gonadotropine si sintetizzano chimicamente, senza alcuna necessità di fluidi corporali. E tutta la faccenda è stata archiviata. Addirittura dimenticata. Come se non fosse mai esistita.