Unioni civili, una risposta ai vescovi liguri di G.D’Alessandro

Giacomo D’Alessandro
https://fiatocorto.wordpress.com

Noi, laici liguri, sentiamo il grave dovere di esprimere, innanzitutto a voi Vescovi e alle vostre curie, la nostra preoccupazione per il momento che attraversano le diocesi. Oltre alla marcata autoreferenzialità con cui ci sembra che continuiate a governare, ignorando e non favorendo percorsi di partecipazione e collegialità (né nel linguaggio che adoperate, né nei piani pastorali che fate, né nelle formazioni collettive che predisponete), notiamo con dispiacere che fate un uso decisamente opportunista dell’enorme patrimonio pastorale che ci sta donando papa Francesco, cavalcando perlopiù solo le battaglie che portavate avanti anche prima, di rivendicazione nella società civile dell’“identità cristiana” (bioetica, diritti civili, presenza liturgica e formale nella società). Non abbiamo notato un’altrettanta decisione (né umiltà) nell’assumere quella stragrande maggioranza di stimoli del pontificato di Francesco inerenti l’autocritica delle strutture ecclesiastiche e di un certo cristianesimo di facciata, di un clericalismo spinto e malsano, di una chiesa preoccupata di difendere se stessa invece che di condividere il Vangelo con radicalità e povertà in dialogo con l’umanità tutta, una chiesa che si preferisce “sporca” come un ospedale da campo, piuttosto che chiusa nei suoi riti e nelle sue dottrine.

Siamo preoccupati per il livello di competenza e adeguatezza al ruolo cui siete stati nominati (con criteri peraltro oscuri e poco partecipati dalle comunità locali), vedendo che – per fare un esempio – poco o nullo spazio avete dato a passaggi recenti di storica importanza come le consultazioni del popolo di Dio attraverso i questionari per il doppio Sinodo dei Vescovi (proprio sulle sfide della famiglia). Restiamo pertanto perplessi (per non dire infastiditi) nel sentirvi ancora predicare, ma così poco ascoltare, soprattutto su di una esperienza come quella dell’amore coniugale e genitoriale, che non vivete in prima persona, rinchiusi nella legge medievale del celibato obbligatorio, a causa della quale ci mancano pastori qualificati – come prescritto nella lettera di San Paolo a Timoteo – dall’essere “buoni padri di famiglia”:

“Ma bisogna che il vescovo sia irreprensibile, non sposato che una sola volta, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro. Sappia dirigere bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi con ogni dignità, perché se uno non sa dirigere la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio?” (1Timoteo 3:2-5)

Ci chiediamo come mai non ci avete suggerito e guidato con la stessa veemenza, in occasione della predominanza popolare e mediatica ventennale di personaggi politici come l’ex Cavaliere Berlusconi, col quale così a lungo avete mercanteggiato in favori politici e consensi, o se non altro taciuto di fronte al danno culturale ed educativo fatto, anche in tema di famiglia e strumentalizzazione della religione a fini politici.

Continuate a ventilare le unioni stabili tra persone dello stesso sesso come un vulnus all’istituto della famiglia cosiddetta naturale, ma non capiamo come mai in questi anni non avete saputo mettere in guardia le vostre comunità da “bestie” come il capitalismo selvaggio, la finanza scriteriata, il consumismo fine a se stesso, l’individualismo delle famiglie, la scarsa formazione cristiana degli adulti (quale catecumenato nelle parrocchie e nelle diocesi, sull’ABC del cristianesimo?), lo scarso spazio di protagonismo dato ai giovani, con strutture ecclesiali clericalizzate da preti-piloti a ogni livello. Tutto questo ha realmente svilito l’istituto delle famiglie: cristiani tiepidi e perfettamente indistinguibili dal sistema mondano (salvo per qualche messa in più e qualche sbraito moralista) sono i primi controtestimoni di quale valore abbia “fare famiglia” sulle orme del Vangelo. Matrimoni mal preparati e mal celebrati, con conseguenti naufragi in quantità, sono stati sufficienti a dare alle nuove generazioni l’idea che in fondo la “forma” dell’unione conta poco, che l’etichetta di “cattolico” (se i risultati sono questi) aggiunge nulla, mentre la qualità delle persone e dell’impegno progettuale tra chi si ama, forse merita più attenzione.

Siamo preoccupati della vostra crescente distanza dalla realtà, da un mondo in cui siete sempre più irrilevanti come istituzioni ma anche come persone, senza interrogarvi, fare autocritica, lasciare vesti e attrezzi folcloristici, sperimentare modalità diverse di “stare in mezzo alla gente”, cercare soprattutto di ascoltare, perché come ha ribadito papa Francesco, in certe situazioni storiche il Vescovo deve saper andare dietro al fiuto del suo popolo, più intuitivo della realtà e di una declinazione del Vangelo secondo i segni dei tempi.

Vi chiediamo di aiutarci nel dare sostegno spirituale e sociale a ogni forma di amore autentico, stabile, rispettoso e dignitoso, “sacramento” ovvero segno dell’amore di Dio per l’umanità. Di valorizzare le testimonianze più belle (e vicine alla gente) di fede incarnata nella storia. Di aiutarci a intraprendere cammini alternativi nel modo di abitare il territorio, di vivere da famiglie in comunità, di condividere i beni economici e i beni materiali, di convertire lo stile di vita verso un’accoglienza delle diversità, a partire da chi ha più bisogno, fino al piano della sostenibilità ambientale. Di tornare all’essenza del cristianesimo nella testimonianza di Gesù di Nazareth e di una Scrittura ben interpretata, alla luce dell’aggiornamento biblico. Di preferire i dialoghi ai discorsi, di cercare luoghi privilegiati di ascolto della quotidianità, uscendo dalle curie e mischiandovi tra la gente, nei vari ambienti. Di ricalcare il Vescovo di Roma negli atteggiamenti più significativi e sui temi che più gli stanno a cuore, e soprattutto nella capacità di mettere in atto trasformazioni e cambiamenti partecipati, in un impegno sociale per l’umanità.
Ogni volta che fate queste cose, vi sentiamo “al servizio della chiesa”, che è il “popolo di Dio in cammino”, e in cammino con noi tanti, ricordandovi (sempre con le parole del papa) che quella del servizio è l’unica autorità legittima che compete alla vostra chiamata.

Cordialmente
Giacomo, in dialogo e in ricerca, con sincerità…
…e tanti altri laici impegnati a ogni livello, con cui mi confronto continuamente.