Contro il dogma dell’infallibilità: appello del teologo Küng a papa Francesco di L.Eugenio

Ludovica Eugenio
Adista Notizie n° 11 del 19/03/2016

«La ragione decisiva dell’incapacità [per la Chiesa] di riformarsi a tutti i livelli è la dottrina dell’infallibilità del magistero ecclesiale, che ha lasciato in eredità alla nostra Chiesa cattolica un lungo inverno. Come Giovanni XXIII, anche Francesco sta facendo il possibile per far spirare aria fresca nella Chiesa di oggi, e si scontra con una opposizione massiccia, come in occasione dell’ultimo Sinodo dei vescovi. Ma credetemi, senza una “re-visione” costruttiva del dogma dell’infallibilità, questo rinnovamento non sarà possibile».

È un «appello urgente» quello che il teologo svizzero p. Hans Küng, 88 anni, rivolge in questi giorni – in concomitanza con la pubblicazione presso l’editrice Herder, in Germania, del quinto volume della sua Opera omnia, dedicato appunto al tema dell’infallibilità – a papa Francesco, affinché «permetta una discussione aperta e imparziale sull’infallibilità del papa e dei vescovi». Il testo dell’appello di Küng, professore emerito di Teologia ecumenica a Tübingen e oggi presidente onorario della Stiftung Weltethos (Fondazione sull’etica globale), è stato diffuso simultaneamente dalla rivista statunitense National Catholic Reporter e dal settimanale cattolico inglese The Tablet.

Dove sta andando la Chiesa?

Küng traccia la storia dell’infallibilità papale da Pio IX a oggi, ripercorrendone le tappe più problematiche: dalla promulgazione dei dogmi mariani (l’ultimo dei quali, quello dell’assunzione di Maria nel 1950 ad opera di Pio XII, fu oggetto di grandi polemiche per la mancanza, nella Bibbia, di riferimenti a tale «verità di fede rivelata da Dio») allo “stop” ai dogmi di Giovanni XXIII, dall’inspiegabile estensione dell’infallibilità all’episcopato contenuta nella Gaudium et spes alla «sfida» costituita dalla promulgazione, nonostante l’opposizione del mondo intero, dell’enciclica Humanae vitae da parte di Paolo VI nel 1968, con il ricorso, appunto, all’infallibilità papale.

Durante i pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, argomenta Küng, si tornò a parlare di riforma su larga scala (ecumenismo, divorzio, ordinazione femminile, celibato obbligatorio, leadership della Chiesa), ma nessun teologo ha più analizzato criticamente la questione dell’infallibilità «per timore di sanzioni, come accadde nel mio caso», e perché «la gerarchia cerca quanto più possibile di evitare l’argomento, impopolare nella Chiesa e nella società». Da prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il card. Ratzinger vi ha fatto riferimento poche volte, ma nonostante questo, «il tabù dell’infallibilità – afferma Küng – ha bloccato dal Concilio Vaticano II tutte le riforme che avrebbero richiesto una revisione delle precedenti definizioni dogmatiche»: ciò si applica all’enciclica Humanae vitae, ma anche ai sacramenti, al magistero “autentico” monopolizzato, alla relazione tra sacerdozio ordinato e sacerdozio dei fedeli, alla struttura sinodale della Chiesa, al potere assoluto del papa, alle relazioni ecumeniche ed interreligiose, e al mondo secolare in generale. Di qui la domanda urgente che il teologo svizzero si pone: «Dove sta andando la Chiesa all’inizio del terzo millennio? L’epoca modernista che risuonava nel Concilio Vaticano I è finita».

“Francesco, lascia spazio alla discussione”

Ecco, dunque, l’appello pressante a papa Francesco, «che mi ha sempre risposto con spirito fraterno»: «Permetti nella nostra Chiesa una discussione libera, non viziata da pregiudizi e aperta su tutte le questioni irrisolte e soffocate connesse al dogma dell’infallibilità. In questo modo, la problematica eredità vaticana degli ultimi 150 anni potrebbe essere affrontata con onestà e corretta in conformità con la Sacra Scrittura e la tradizione ecumenica. Non è un caso di mero relativismo che minaccia il fondamento etico della Chiesa e della società. Ma non si deve trattare nemmeno di un dogmatismo implacabile che crede ciecamente alla lettera, impedisce un ampio rinnovamento della vita e del magistero della Chiesa e ostacola un serio progresso nell’ecumenismo».
«Sono ben consapevole – prosegue Küng – del fatto che il mio appello a te, che “vivi in mezzo ai lupi”, come un buon conoscitore del Vaticano ha detto recentemente, potrebbe non essere opportuno. Nel tuo discorso di Natale del 21 dicembre 2015, tuttavia, di fronte a problemi curiali e persino scandali, hai confermato la tua volontà di riforma: “Sembra doveroso affermare che ciò è stato (e lo sarà sempre) oggetto di sincera riflessione e decisivi provvedimenti. La riforma andrà avanti con determinazione, lucidità e risolutezza, perché Ecclesia semper reformanda”».

«Non è mia intenzione alimentare in modo non realista le speranze di tanti, nella nostra Chiesa», conclude il teologo. «La questione dell’infallibilità non può essere risolta, nella Chiesa, dalla sera alla mattina. Per fortuna tu, papa Francesco, sei almeno di 10 anni più giovane di me e spero che tu mi sopravviva. Inoltre, certamente comprenderai che come teologo alla fine della sua vita, mosso dal mio profondo affetto per te e dal tuo lavoro pastorale, volevo trasmetterti questa richiesta in tempo per una libera e seria discussione sull’infallibilità ben argomentata nel volume che allego: non in destructionem, sed in aedificationem ecclesiae, “non per distruggere la Chiesa ma per edificarla”. Per me personalmente sarebbe la realizzazione di una speranza a cui non ho mai rinunciato».