Eucarestia, ovvero donare se stessi di M.Mariotti

Mario Mariotti
Adista Segni Nuovi n° 9 del 05/03/2016

Santa romana Chiesa si fonda sulla certezza che attraverso la liturgia eucaristica, il sacerdote ha il potere di transustanziare il pane e il vino nel corpo e sangue del Signore. Chi mangia il corpo e il sangue del Signore vivrà in eterno e sarà resuscitato nell’ultimo giorno. L’eucarestia, secondo questa logica ha uno straordinario valore: ci libera dalla paura della morte, ci garantisce la felicità eterna, ci nutre di Dio, dovrebbe salvarci dal male che incombe…

La discussione al Sinodo dei vescovi sulla famiglia in merito al concedere o meno l’eucarestia alle persone divorziate ha sottesa la precedente concezione ed anche il delicatissimo problema dell’indissolubilità del sacramento del matrimonio: il divorziato «è un peccatore», e quindi perché dargli l’eucarestia? Questo dibattito mi pare la prova evidente di due fatti: che la Chiesa non ha ancora capito cosa sia l’eucarestia; e che è un castello dai piedi d’argilla, per cui anche la sottrazione di una piccola parte può mettere a rischio di crollo il tutto.

Partiamo da questo punto. I sacramenti fondano il potere della Chiesa: la quale si ritiene depositaria delle chiavi del Regno dei cieli e, attraverso la somministrazione dei sacramenti stessi, ha il potere di decidere sul destino eterno delle anime dei fedeli. Se tutto l’evolversi delle vicende umane dimostra che non c’è differenza di comportamento e di sorte fra coloro che si accostano ai sacramenti e coloro che non lo fanno; se l’accostarsi ai sacramenti, operazione spesso esibita in pubblico dai politici per acquisire consenso elettorale, non ha mai impedito ai peccatori di persistere nelle loro opere pie di corruzione, rapina, evasione fiscale, rapporti mafiosi e via di seguito; se l’eucarestia in bocca a certi personaggi – Pinochet, Pio Laghi, Andreotti & co. – è la prova inconfutabile del potere solo virtuale del sacramento stesso, che è servito esclusivamente di copertura al negativo posto in essere dai suddetti personaggi, ebbene: tutto questo non fa testo!

E se uno va dal pastore e gli chiede: perché certi soggetti imbottiti di sacramenti e di liturgie continuano tranquilli a fare le loro porcate? «Il sacramento ha il suo potere, ma esso non limita la libertà dell’essere umano», si sentirà rispondere. Il che vuol dire che, senza la volontà di chi riceve il sacramento, di conversioni non se ne vedono e quindi ad essere determinante è il soggetto e non il sacramento. Ma per apprezzare questo ragionamento bisogna essere amici di Aristotele e della logica…

Passiamo al secondo punto, al sacramento dell’eucarestia, sul quale penso che la Chiesa non abbia affatto le idee chiare, oppure che le abbia troppo chiare. «Prese il pane, lo spezzò e disse: fate questo in memoria di me». Prese il necessario alla vita, lo condivise e disse ai suoi discepoli di fare la stessa cosa. Questa è per me l’eucarestia in Spirito, nella Verità, secondo Dio: lo spendersi per gli altri ed il condividere con loro il necessario e la gioia.

Il seguito – «Prendete e mangiate, questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi» – per me è Antico Testamento, e corrisponde alla transustanziazione dall’amare, dal farsi pane per gli altri, al potere, al fare degli altri pane per se stessi.

Il laico Gesù, trasformato in religione, diventa preda della Chiesa, che Lo usa, Lo amministra, Lo concede, Lo nega. Per questo si parla di concedere o di non concedere l’eucarestia ai divorziati, come se fosse una medicina miracolosa venduta dalla farmacia della Chiesa, che la dona alle sue condizioni. Se invece provassimo a convertirci dall’eucarestia al fare di noi stessi eucarestia, a passare dal prendere il corpo e il sangue del Signore al farci noi stessi corpo e sangue del Signore, ecco che l’eucarestia non sarebbe più vista come un miracolo che ci viene donato, ma come un impegno costoso, come un compito che ci viene proposto: la costruzione di quel Regno, di quel mondo d’amore, la cui esistenza può passare solo attraverso le nostre mani.

Può non sembrare, ma tutto questo ha delle conseguenze micidiali! Il cancro che mina e sfalda la famiglia è il capitalismo, con i tentacoli del mercato e della competizione, che rende precario, e arriva a negare, il diritto umano fondamentale al posto di lavoro, e quindi mina alle fondamenta la stabilità della famiglia, oltre che ad incancherarla con la cultura del Beati i ricchi, del nuovo da perseguire e del vecchio da rottamare.

Per quanto riguarda poi il senso dell’eucarestia, finché non avremo capito che la risurrezione del Signore non è un miracolo, ma un compito nostro per il quale noi dobbiamo spendere la vita; finché non avremo capito che l’esistenza di Dio nel mondo dipende dal nostro amare e condividere con gli altri viventi il necessario e la gioia, l’Incarnazione resterà bloccata, la religione continuerà ad alienare e instupidire: dovremmo fare causa a Carlo Marx perché non ci ha sufficientemente allertati sul pericolo della religione stessa! I danni dell’oppio, infatti, sono insignificanti rispetto a quelli prodotti da un popolo conservatore come il nostro, che è un popolo di battezzati, si nutre di eucarestia, ieri ossequiava Benito, poi Berlusca, poi Renzi, mentre continua a lasciare ostaggi del mercato e della competizione i diritti umani al lavoro, al cibo, alla casa, alla salute. Per quanti Sinodi ancora i ciechi saranno delegati a guidare i guerci?