La crociata continua di D.Accolla

Dario Accolla
www.italialaica.it

La crociata contro l’“utero in affitto” continua a mietere vittime e, come sempre avviene in contesti di proibizionismo (istituzionale o culturale), le miete proprio tra quelle categorie che si dice di voler difendere. Premetto quanto segue: sono assolutamente contrario a pratiche che determinano lo sfruttamento della persona (a prescindere dal genere) e che violino il concetto di autodeterminazione, di libertà personale e di rispetto dell’individuo. Ciò dovrebbe valere non solo per temi legati alle politiche sul corpo – come interruzione di gravidanza, gestazione per altri (o GPA), donazione d’organi, ecc – ma anche per le tematiche legate al lavoro (minorile e non) o agli squilibri di genere: dovremmo interrogarci, cioè, sul perché ci sembra aberrante partorire per altri, ma poi ammettiamo che in certi paesi si lavori per meno di un dollaro al giorno o che nella nostra società, ben più opulenta, essere donna sia ancora uno svantaggio in certi ambiti. E sarebbe interessante sapere dove sono quelle femministe contrarie alla surrogacy per i padri gay, quando si verificano certi squilibri.Detto ciò, credo che confondere GPA e “utero in affitto” sia un processo culturale intellettualmente disonesto e pericoloso. Per due ragioni. È disonesto, innanzi tutto, perché confonde due pratiche tra loro non attinenti, in quanto la prima si attua attraverso protocolli che prendono in considerazione la dignità delle persone coinvolte (gestante, coppie infertili, prole) mentre il secondo si basa sul puro mercimonio. Per intenderci, è un po’ come confondere la pratica dei trapianti con il fenomeno del commercio illegale degli organi. È pericoloso, in secondo luogo, perché confondendo i piani, poi accade quanto è successo al Consiglio d’Europa, dove si è presentata una proposta per regolamentare la GPA, in modo solidaristico (cioè gratuito) e quindi per evitare lo sfruttamento della donna. Tale proposta prevedeva, infatti, di regolare la pratica della surrogacy proprio per porre un freno a quelle situazioni che, in assenza di una legislazione specifica, possono portare ad abusi sul corpo femminile.

Due rappresentanti del Pd, Eleonora Cimbro e Maria Teresa Bertuzzi, per veicolare una “cultura” di opposizione all’utero in affitto hanno invece votato contro, divenendo determinanti per far fallire il tutto. Con la conseguenza che non è passata la norma anti-sfruttamento – osteggiata per altro dall’Ucraina (dove c’è la GPA a pagamento per sole coppie etero) – per cui rimane tutto come prima e chi vorrà potrà sfruttare il corpo delle donne. In quei paesi, per altro, dove la pratica è vietata ai gay ma ammessa per le (ricche) coppie eterosessuali infertili.

Si è creato, come per la legge sulle unioni civili, un fronte motivato più da pruriti ideologici che dalla volontà di risolvere un problema concreto e invece di dotare la società di una normativa chiara, all’interno della quale muoversi nell’interesse dei soggetti coinvolti, si è mantenuto lo status quo, lo stesso che permette gli attuali abusi e le consuete ingiustizie. Credo che questo prurito ideologico affondi le sue radici in un diffuso sentimento omofobico e anti-maschile, agitato da organizzazioni riconoscibili (vi ricorda qualcosa la sigla SNOQ-Libere, solo per fare un nome?) e da attori politici di ogni schieramento (da Angelino Alfano ad Anna Finocchiaro, che si è per altro congratulata con le due colleghe di partito per il loro voto contrario). Per paura che la regolamentazione della GPA faciliti la “maternità” al maschile, qualche settimana fa si sono fatti fuori i diritti dei figli e delle figlie delle persone omosessuali e più recentemente i diritti delle donne. Un bel risultato politico, converrete. Tacciono intanto le femministe antigay.