La chiesa di base al tempo di Francesco di E.Cortese

Del quarto gruppo di lavoro, riportiamo di seguito una riflessione su quanto ascoltato e dibattuto elaborata da Enzo Cortese, che ha condotto i lavori.

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La chiesa di base al tempo di Francesco

Enzo Cortese
(Comunità del Cassano – Napoli)

Le Cdb hanno sempre vissuto la loro esperienza di fede incarnandola nella storia, ecco perché ci siamo posti l’interrogativo: «Quali le scelte e la prassi della chiesa di base al tempo di Francesco?». È un tempo che per le Cdb viene da lontano, dal tempo del Concilio (e ancor prima); che ha visto attesa di cambiamenti, tempi di speranza; tempi, a volte, di sofferenze, esclusioni, rinunce; tempi di lotte, di critica, di riappropriazioni. Mai tempi di rassegnazione o abdicazione. Ci siamo dunque confrontati fra comunità, gruppi e singoli/e con tante riflessioni sulle esperienze presenti oggi sui territori – tutte molto ricche e diversificate – non tanto per esprimere un “giudizio” su questo papato, ma piuttosto per capire qual è lo spazio, quale può (e deve) essere il ruolo del movimento delle Cdb e dei cristiani/e di base nell’attuale contesto storico.

Nella coscienza che il tempo non è solo “di Francesco”, o della chiesa-istituzione, ma è anche, e soprattutto, il tempo “nostro”, di donne e uomini del popolo di Dio che hanno nelle proprie mani il futuro della propria chiesa.

Certo, è innegabile che la figura di questo vescovo di Roma costituisce un elemento di novità nel percorso della chiesa cattolica. Per molti versi è un elemento di frattura con il passato; un elemento di contraddizione all’interno dello stesso sistema-chiesa. In molte sue affermazioni e passaggi troviamo spesso assonanze con concetti, elaborazioni e linguaggi che ci sono propri. Per esempio, quando parla delle “malattie della curia”, dei movimenti popolari, della centralità della dignità umana e di un diverso ordine economico-sociale; quando parla degli ultimi e degli “scartati”, del concetto di pace fondato sulla giustizia; quando stigmatizza il commercio delle armi; quando scrive del rapporto con il creato; e così via. Così come tanti suoi gesti di testimonianza evangelica – sconosciuti ai suoi predecessori – hanno aperto e riscaldato il cuore a molti; rappresentano dei segni profetici che non vanno sottovalutati; se non altro per la capacità di “sognare” e di dialogare anche al di fuori del ristretto ambito ecclesiale.

È pur vero, d’altra parte, che non ci sfuggono tanti elementi di problematicità di questo papato. Quando, ad esempio, affronta temi dottrinali, il ruolo della donna, la questione gender, la riforma dell’apparato vaticano (lo Ior è ancora in piedi!), l’invito all’obiezione di coscienza relativamente a leggi dello Stato, la riabilitazione di chi è stato in passato marginalizzato, e così via.

Il problema, però, non è se essere “pro o contro” il nuovo vescovo di Roma. Né è rivendicare la paternità o la primogenitura di questa o quella intuizione. Né si può correre il rischio di cadere nella tentazione di proiettare – in modo più o meno inconsapevole – i nostri desideri di riscatto e le nostre aspettative su questa figura, che sentiamo magari più vicina rispetto al passato. Non possiamo lasciare che il dibattito si monopolizzi e si appiattisca intorno alla figura di Francesco. Non basta un papa nuovo per cambiare la chiesa. Né i cambiamenti possono imporsi dall’alto, perché avrebbero vita breve. Dalla società nascono nuove emergenze: le migrazioni dei popoli, la crisi dei modelli rappresentativi delle democrazie occidentali, la crisi sulle grandi questioni etiche: l’eutanasia, la maternità surrogata, i limiti dell’obiezione di coscienza in campo medico e non solo.

Registriamo che c’è minore ostilità verso le nostre sollecitazioni ed i temi a noi cari; c’è maggiore ascolto rispetto a ieri. Questo può essere “il tempo” per rimettersi in gioco, per gettare ponti con quei pezzi della società e delle chiese più aperti, che ci sono più affini, senza che si rinunci alla storia del nostro percorso. Non rinunciamo perciò a tenere viva la nostra voce critica di cristiani/e di base in ricerca che vogliono vivere e testimoniare la propria fede evangelica incarnata nel proprio “tempo”. Possiamo dire che è ormai il momento di rilanciare con forza temi che, sebbene vecchi, oggi ritornano con prepotenza all’ordine del giorno, temi come concordato, otto per mille, cappellani militari, strutture desuete e patriarcali della chiesa cattolica, ecumenismo concreto e non solo di facciata ecc., e affrontare nuove sfide. Lasciamo che i vecchi otri si spacchino, per lasciar spazio ad una “chiesa in uscita”, ad una “chiesa del grembiule” che sa incontrare il volto del Cristo nei crocicchi della storia, una chiesa di otri nuovi per vino nuovo.