Le Comunità di base si interrogano sul futuro di S.Toppi

Stefano Toppi
(Cdb San Paolo – Roma)

Le Comunità cristiane di base italiane sono ritornate a Verona dopo trentasei anni, dal 23 al 25 aprile 2016, per il loro XXXVI Incontro nazionale. Non più ospitati in un ampio stand della Fiera come nel 1980, ma nelle accoglienti sale del Centro unitario missionario (anche questo un segno dei tempi) e pur sempre numerosi per il momento in cui viviamo, grazie anche alla partecipazioni di decine di persone provenienti da diverse associazioni ed esperienze ecclesiali del veronese e di città vicine.

L’accoglienza dei partecipanti è stata organizzata invitandoli alla condivisione del loro pensiero, con l’indicazione di tradurre in parole i personali significati e vissuti di “otri vecchi” e di “vino nuovo”.
Quattro i relatori chiamati ad aprire la riflessione sugli interrogativi posti dal titolo: Maria Soave Buscemi, biblista italo-brasiliana, esperta in ermeneutica femminista e formatrice in Lettura popolare della Bibbia; don Pierluigi Di Piazza, fondatore del Centro di accoglienza e di promozione culturale per migranti “Ernesto Balducci” a Zugliano (Udine); Maria Bonafede, pastora valdo-metodista e già moderatora della Tavola valdese; Sergio Tanzarella, docente di Storia della Chiesa alla Facoltà teologica dell’Italia meridionale. Ciascuno dal proprio punto di vista e in base alla propria esperienza, ha offerto ai presenti una visione articolata del momento nel quale le comunità, la chiesa cattolica di base e le chiese cristiane sono chiamate a vivere e nel quale la presenza e l’azione di papa Francesco non può non essere tenuta in considerazione.

Dai discorsi dei relatori è emerso un quadro complessivamente positivo di quanto finora visto dell’operato di papa Francesco. Comprensibile per chi, nel mondo cattolico, ha fin qui vissuto il proprio impegno nella fede un po’ ai margini della vita della chiesa.
Da Maria Bonafede è venuto un apprezzamento per le aperture del Vescovo di Roma al cammino ecumenico con le altre chiese cristiane; ma anche una opportuna notazione ai presenti che è una contraddizione in termini aspettarsi che sia un papa a riformare il papato.

Uno spazio alla presentazione di progetti in essere di comunità e associazioni e poi la parola è passata alle persone che per tutto un giorno, suddivise nei quattro gruppi di lavoro, hanno ricercato nuovi linguaggi e pratiche per parlare della fede nel nostro tempo; hanno riflettuto sul significato della piccole comunità nella società odierna; hanno parlato di come essere concretamente vicine alle “solitudini”, individuali e sociali, e alle situazioni di disagio e hanno discusso di come essere chiesa di base “al tempo di Francesco”.

L’ultima mattina è stata un’ampia assemblea in cui sono state riportate agili relazioni dei lavori, ricordi di persone che non sono più con noi, preghiere e si è spezzato il pane insieme.