Referendum vs renzismo di G.Codrignani

Giancarla Codrignani

Speriamo che dopo il voto la questione referendaria si liberi da livori incomprensibili e si possa ragionare – possibilmente con compostezza – di contenuti. Non ci spero più di tanto, ma mi auguro che il malpancismo come ogni patologia trovi un rimedio.

Da Micromega arriva l’invito a votare sindaci M5S (“nelle elezioni a Roma e Torino si gioca la prima partita decisiva -la seconda sarà al referendum- tra la colonizzazione schiacciasassi delle istituzioni da parte della Nuova Cricca o la possibilità che si riaprano gli spazi per un’altra politica. Chi è incapace di restare indifferente alla resistibile ascesa dell’ex sindaco di Firenze, filiazione e sintesi di Craxi e Berlusconi, ha una scelta obbligata: votare per i candidati Cinque Stelle”) come obiettivo strettamente legato al referendum costituzionale. Non ci sono parole di giustificazione: conferma il postulato che la sinistra, dopo decenni di esclusione dal potere, non debba mai governare, solo fare opposizione come ai tempi del Pci.

La voglio mettere sul personale: sono stata un’indipendente di sinistra che ha stimato il Partito Comunista Italiano vittima del pregiudizio escludente, nonostante l’opportunismo di scelte che sono andate dall’inserimento in Costituzione del Concordato alla pratica delle “larghe intese” del Pd dei tempi berlusconiani, e che si è impegnata perché anche in Italia fosse possibile l’alternanza di governo. Ci si è arrivati dopo l’abbandono del proporzionale e con l’Ulivo di Prodi, immediatamente fatto fuori (da sinistra). Oggi un esponente ampiamente collaudato del Pd presiede il governo italiano e di nuovo l’opposizione più forte si manifesta all’interno della sua parte su questioni certamente da discutere nei contenuti, ma secondo la regola aurea della democrazia di rispetto del voto finale.

Invece vengono fuori la “cricca”, la “colonizzazione”, la “filiazione da Craxi e Berlusconi” termini non riferibili alla serietà del voto amministrativo, dato che l’invito a votare per un determinato partito si scontra con l’assenza di riferimenti ai relativi programmi e al bene delle città. Forse, se si volesse essere di sinistra, sarebbe bene non votare chi è contro l’immigrazione, contro ‘Europa, contro l’euro, contro gli ebrei, contro le donne…. Oppure vanno bene anche le liste leghiste o berlusconiane che saranno buone alleate della scelta referendaria?

Il problema è evidentemente solo il “renzismo”, ormai prodotto pubblicitario di un mercato politico adottato anche da una sinistra sempre disposta a farsi del male inventando fantasmi. Eppure le elezioni austriache insegnano che, come sempre, votare è un atto di responsabilità civica e non un gesto rivendicazionista e antagonista.

Nonostante le mie speranze, rese attive e concrete dalla partecipazione istituzionale, non mi è stato dato di vedere al governo il Pci di Berlinguer, un leader che, quando era sulla cresta dell’onda, diceva che nemmeno con il 51 % avrebbe governato da solo. Ma anche uno così, senza ii rumori sguaiati di oggi, fu osteggiato all’interno del suo partito e chi c’era ricorda con emozione l’intervento sulla “questione morale” e sui pericoli che salivano a contaminare il sistema demcratico dalle Asl, dagli enti pubblici, dalle agenzie consociate, che era rivolto non solo al governo.

Un uomo scomodo che, oggi rimesso su scudi anche impropri, fu così avversato che, perfino dopo una morte che portò al partito la maggioranza alle elezioni europee, Miriam Mafai pubblicò “Dimenticare Berlinguer”. Altri tempi, altre persone, stesso autolesionismo di una sinistra incapace di riformismo e, in parte, legata come Benedetto XVI ai “principi non negoziabili” dei compagni duri e puri, in parte disposta a condivisioni opportuniste per contrastare la conventio ad excludendum disposta al consociativismo per finalmente governare.

A me secca un po’ di essere definita “renziana”, intanto perché non sono mai stata iscritta a partiti – e non per moralismo “vigliacco”, ma per il convincimento che la “forma partito” esclude la cultura delle donne – anche se, in fondo, sono stata berlingueriana, veltroniana, quindi. perché no?, renziana. Ma non vorrei mai che accadesse come in Russia (ci sono stata in questi giorni): troppo tardi per pentirsi di aver scelto Eltsin e di aver sabotato Gorbaciov.

Nell’ ’89 la sinistra non ha ricontestualizzato il “socialismo” per il terzo millennio e oggi l’ha perduto perfino come parola; e tanto meno – Spinelli era già morto – si è appropriata della priorità del disegno europeo. Oggi i rischi per la democrazia sono comuni in tutta Europa avvelenata dai nazionalismi e dalle paure. L’Italia per giunta è l’ultima ruota del carro per la pesante eredità del debito e della corruzione. Per questa tornata gli antirenziani non hanno avanzato risposte concrete per i problemi reali e il bene quotidiano delle città: il referendum costituzionale ce lo faranno argomentare nei contenuti o lo modelleranno su Milan/Juve?