«Radicati nello sradicamento»: le prospettive future di Noi siamo Chiesa

di Ludovica Eugenio e Vittorio Bellavite
Adista Notizie n. 22 18/06/2016

Sulla necessità di una riforma della Chiesa e sulla sue possibilità si è soffermata, all’incontro nazionale per il ventennale di Noi siamo Chiesa (v. notizia precedente), la teologa Serena Noceti, docente presso la Facoltà teologica dell’Italia centrale e l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Arezzo. Riconoscendo a Noi siamo Chiesa una capacità profetica, una «memoria che ha custodito sogni infranti», la teologa si è chiesta come papa Francesco concepisca la riforma della Chiesa, affrontando anche un tema finora poco studiato, ossia la modalità con cui avvengono le riforme all’interno delle istituzioni: non singole riforme, ma la riforma della Chiesa.
Sottolineando il carattere della Chiesa come istituzione semper reformanda, Noceti ha messo in rilievo come l’ecclesiologia di Francesco non sia qualcosa di nuovo, ma corrisponda ad una revisione dell’ecclesiologia conciliare a partire dalla sua esperienza ecclesiale, con il suo superamento dell’eurocentrismo e dell’idea ratzingeriana che il logos occidentale costituisca l’ unica matrice adeguata del logos cristiano, e con il suo accento sulla Chiesa come popolo di Dio e Chiesa dei poveri e sui segni dei tempi. Francesco, ha detto la teologa, sa bene che la Chiesa è ancora abitata da una mentalità riconducibile al modello tridentino, basato sull’autorità, anziché a quello conciliare, basato sulla comunicazione. In questi tre anni di pontificato, Francesco ha operato una decostruzione simbolica della presenza pubblica della Chiesa, focalizzando l’attenzione sull’ecclesiologia conciliare delle Chiese locali, sul carattere imperfetto della Chiesa, sul sensus fidei, sulla coscienza e sulla dimensione ecumenica, ossia i cinque temi più dibattuti al Concilio. «Il problema – ha detto Noceti – non è tanto se il papa ce la farà, quanto piuttosto se la Chiesa ce la farà». Quanto alla modalità in cui le riforme avvengono nelle grandi istituzioni, la teologa ha richiamato l’attenzione sulla necessità di ripartire dal locale, dalle Conferenze episcopali, riattivando dinamiche comunicative che ora soffrono di unidirezionalità.

Tra gli interventi successivi, quello di Luigi Sandri che ha ripetuto la sua tesi favorevole a un nuovo Concilio per superare questioni dottrinali non risolvibili altrimenti. Massimiliano Tosato ha portato il saluto delle Comunità cristiane di base, ricordando che furono esse a organizzare all’inizio la raccolta delle firme all’Appello dal Popolo di Dio, auspicando che Noi siamo Chiesa continui e che ci siano meno corpi separati nell’area del cattolicesimo conciliare.

Nel pomeriggio, con il coordinamento di Mauro Castagnaro di NSC di Crema, è intervenuto François Becker di Parigi, che ha descritto l’organizzazione e lo svolgimento dell’incontro internazionale Council 50 tenutosi a Roma in novembre a 50 anni dalla conclusione del Concilio e di cui egli è stato il coordinatore generale. Esso ha riunito 100 delegati di movimenti conciliari di tutto il mondo e si è concluso con una “Dichiarazione di Roma” nella linea della riforma della Chiesa e con l’impegno ad organizzare due altri incontri internazionali, in America latina nel 2018 e in Africa nel 2021. Becker ha anche presentato l’iniziativa francese G3I, che in Europa riflette sul dialogo e la concordanza a livello internazionale tra diverse confessioni religiose e tra diverse visioni del mondo.

Il vaticanista Marco Politi ha descritto la situazione attuale nella Chiesa. Nei due recenti sinodi sulla famiglia non c’è stata una maggioranza riformista, non c’è stato un pronunciamento chiaro, le posizioni iniziali del card. Walter Kasper non sono passate, in molti luoghi i questionari sono stati boicottati, la maggioranza dei vescovi starebbe aspettando il prossimo papa, manca un movimento dal basso. Contano i gesti individuali del papa, la vasta area di opinione che gli è favorevole è fuori dalla struttura ecclesiastica, soprattutto tra i giovani. Il papato è a termine e allora le aree riformatrici si concentrino, magari, per tempi determinati, su alcune questioni centrali, per esempio sulla pedofilia o sulla gestione delle risorse.

Franco Ferrari, presidente della Rete dei Viandanti, ha fatto un’analisi della situazione prendendo atto delle resistenze molto diffuse al cambiamento. Ci sono aspetti dottrinali da cambiare. La sensazione è di una passività della base, a volte in preda quasi a forme di infantilismo, che si inserisce poi in una situazione di ruoli asimmetrici con la gerarchia con presenza dei laici in organi consultivi di ben scarso valore. Le parrocchie sono in gran parte autoreferenziali, mancano di visione di insieme, si ha paura del dissenso, non c’è confronto. Ferrari ha ipotizzato di guardare al lungo periodo con iniziative propositive, di ripensare al linguaggio, di organizzare momenti formativi e di prendere comunque la parola senza timidezze.

Alcuni interventi hanno poi arricchito l’incontro. Fabio Regis ha descritto le iniziative dei circuiti degli omosessuali credenti, Roberto Fiorini quelle dei preti operai, Carmine Miccoli l’incontro di Limerick in Irlanda dei preti che reagiscono a ristrutturazioni della Chiesa in modo solo funzionale a mantenere l’apparato ecclesiastico; il giornalista Gilberto Squizzato ha constatato il tentativo di restaurare la struttura organizzativa della Chiesa, laddove invece occorre declericalizzarla; Marco Baroni (marito di Elizabetta Cislaghi, prima presidente di Noi siamo Chiesa, prematuramente scomparsa) ha posto l’accento sul fatto che lo Spirito Santo sta agendo anche al di fuori del cristianesimo e della Chiesa.

Michelangelo Ventura, di NSC di Brescia, ha tirato le conclusioni: bisogna imparare a vivere, ha detto, «radicati nello sradicamento», coniugando progetto e quotidianità, profezia (come denuncia) e processo. Un processo da intendersi come cammino per far innamorare il Popolo di Dio della necessità di addivenire ad un riforma, che non sia un semplice cambio di strutture ma un nuovo porsi di fronte al tema di vivere la comunità dei credenti, che veda donne e uomini protagonisti oltre ruoli e funzioni che vengano invece poste al servizio.