Considerazioni della Comunità dell’Isolotto sul Primo Piano “Il coraggio delle donne”

Comunità dell’Isolotto
(Firenze, domenica 11 dicembre 2016)

Abbiamo letto sul sito delle CdB la recensione del libro di Mira Furlani, Le donne e il prete. L’Isolotto raccontato da lei, scritta da Beppe Pavan, dal titolo “Il coraggio delle donne“.

 A questo proposito vogliamo sottolineare  come i ricordi di un passato, per altro in questo caso così lontano, siano sempre fortemente connotati a livello soggettivo e dall’emozione personale, che è quella che tiene in vita il ricordo, per cui gli stessi eventi che Mira ha vissuto nel modo riportato nel libro, da altre/i di noi sono ricordati in modo diverso, con altri particolari, altre situazioni, altre emozioni.

Riteniamo sia importante tener conto di questo e considerare lo scritto di Mira relativo non solo al contesto di quel momento storico, ma anche alla personalità di Mira: una delle tante voci possibili, appunto, come recita il sottotitolo, raccontato da lei.

Abbiamo inoltre pensato di riaffermare alcuni principi che sono stati e sono parte fondante della nostra Comunità e che a tutt’oggi ci guidano nel nostro agire ed essere nel cammino intrapreso tanti anni fa che continua con, speriamo, coerenza e vitalità, e di farlo dando voce ad Enzo Mazzi, che non è più con noi da cinque anni e non può quindi, anche se lo volesse, rispondere a Mira.

Lo facciamo riportando alcuni stralci di un testo scritto da Enzo Mazzi insieme alla Comunità dell’Isolotto, nel 1995, nel quale ci riconosciamo e che, nonostante siano passati tanti anni, ci sembra ancora molto attuale e ricco di stimoli anche rispetto all’articolo di Beppe Pavan.

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Da OLTRE I CONFINI (1995): “L’utopia delle Comunità di base: interrogativi e prospettive della Comunità dell’Isolotto”

… Abbiamo vissuto e viviamo la Comunità come uno spazio di libertà, un posto di confine, dove le diversità si incontrano e si intrecciano senza confondersi, dove l’insieme dei diversi può guardare verso orizzonti nuovi e inesplorati, dove si sfuocano le cornici culturali e sociali, le bandiere e le rappresentanze e tutte le “sacralità sacerdotali”. Nel progressivo spogliarsi delle maschere, nel riconoscersi diversi, nell’accettarsi per mettere in comune le diversità, in un cammino di arricchimento reciproco e di liberazione, è il senso del percorso compiuto durante questi venticinque anni….

“Siamo gente che non riesce ad accomodarsi sull’esistente – ha detto qualche voce dall’interno-. Siamo gente che non può rifugiarsi nel mugugno, nella lamentela infruttuosa, nel vittimismo. Siamo gente che lotta per cambiare, che sperimenta sulla propria pelle il cambiamento…” … Nell’ormai lungo cammino della nostra Comunità si è sempre cercato di coniugare l’impegno ecclesiale e sociale con la dimensione umana e personale della ricerca comunitaria… Coniugare insieme utopie e vissuto quotidiano ha costituito una costante delle nostre esperienze; ma non è stato assolutamente facile e non lo è tuttora. Giustizia, uguaglianza, solidarietà, insieme a democrazia, partecipazione, pluralismo, riappropriazione, questi e mille altri ideali ci hanno permesso di riconoscersi l’un l’altro lungo un cammino condiviso e di sceglierci liberamente e reciprocamente.

Appartengono al nostro linguaggio comune alcuni messaggi fondamentali come: “La comunità cristiana è fedele allo Spirito da cui sgorga in quanto pone a fondamento i valori dello Spirito: la comunicazione, la capacità di riconoscersi l’uno nell’altro, la gioia e la fatica di trasmettersi reciprocamente i valori profondi in cui si crede”. Se ciò è facile da condividere, difficile è poi praticare dei rapporti in cui, da un lato, ognuno desidera affermare la propria identità e personalità e, dall’altro, vuole essere partecipe e condividere le scelte del gruppo. Se è vero che “lo Spirito è ascolto, comprensione, pace, amore reciproco” è anche vero che la comunicazione, quando è sincera e aperta, diventa facilmente conflittuale, in quanto rompe i confini del proprio io per offrirsi all’altro e ciò crea allarmi, contrasti, perché ci si sente minacciati nella propria identità individuale.

Genera però anche tanta ricchezza. Una concretizzazione di questo arricchimento è offerta dal gruppo donne, il cui lavoro ha permesso una coscientizzazione più approfondita e una crescita dal basso. Il frutto di tale lavoro non è rimasto confinato alle sole donne, perché ciascuna di queste, diventata piccolo seme nel fertile terreno della comunità, ha prodotto una maggiore sensibilità anche nei componenti maschi… Ci si è accorti che non c’è una comunicazione laddove, per esempio, non si tende alla conoscenza del sé profondo; ascoltare l’altro è possibile solo se si ha il coraggio di ascoltare se stessi….

Questa dialettica tra spinte ideali e bisogni individuali, tra analisi e coerenze, tra comunicazione e incomunicabilità, tra crescita culturale ed umana del singolo e maturazione complessiva del gruppo, fra appartenenza e autonomia, ha costituito il terreno fecondo su cui è maturata la nostra scommessa comunitaria in questi anni e la peculiarità della nostra esperienza.

Il cammino è tutto da inventare. Comunità senza parole d’ordine e regole scritte, senza rigidi principi e sicurezze, senza pregiudizi e omologazioni di gruppo: Comunità come libera scelta quotidiana, luogo di incontro, spazio dove si può condividere l’utopia e ricercare coerenze.  Comunità vissuta nel segno della fondamentale fiducia nello Spirito e nell’uomo. Comunità oltre i confini.

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Queste non sono per noi parole vuote, sono l’anima di quella spinta vitale che condividiamo ogni giorno con tutte/tutti coloro con i quali intrecciamo i nostri passi.