Alcuni fatti dal mondo cattolico di vera importanza di V.Bellavite

Vittorio Bellavite
(di Noi Siamo Chiesa)

Per mestiere vengo a conoscenza di fatti che riguardano il mondo cattolico di vera importanza ma che sfuggono alla ordinaria comunicazione in cui siamo tutti coinvolti. Essi sono tali da interessare anche chi si trova ai margini del circuito ecclesiastico e poco interessato al percorso di riforma della Chiesa.

E’ necessaria una premessa sulla situazione italiana. Nel novembre 2015 si è tenuto a Firenze il tradizionale convegno decennale di tutta la Chiesa. Grande e lunga preparazione, duemila delegati selezionati dai vescovi, grandi attese e ambizioni ma gestione tutta interna alle strutture ecclesiastiche. Vi ho partecipato in quanto invitato da Mons. Galantino come coordinatore di Noi Siamo Chiesa (fatto del tutto insolito che non ha avuto alcun seguito, probabilmente per la posizione critica che il movimento NSC ha preso prima e dopo l’incontro).

Il mio resoconto (www.noisiamochiesa.org/?s=assemblea+di+firenze) si concludeva affermando che era stato un convegno inutile o, meglio, utile a confermare nella sostanza la linea vecchia, quella che ha le proprie radici nella gestione Ruini. L’intervento di papa Francesco, di grande respiro riformatore, è stata l’unica cosa veramente interessante ma scivolata via a partire dallo stesso convegno.

La passività e la pesantezza delle gerarchie rispetto al nuovo corso del papa la sospettavamo ma ci è stata confermata da Luigi Accattoli che, nello scorso luglio , dopo incontri informali con molti vescovi ha testimoniato il disagio della larga maggioranza di loro, in contrasto con il largo consenso popolare di cui gode Francesco. Siamo in una situazione di stallo. Ora si aspettano due decisioni del papa che potrebbero segnare l’inizio di una svolta che sia più in sintonia col popolo conciliare che pure esiste anche se troppo disperso (come ha testimoniato la rete attivata da Chiesadituttichiesadeipoveri e da altri incontri).

Si tratta della nomina in primavera dell’arcivescovo di Milano e della sostituzione in marzo di Bagnasco. Quanto a quest’ultima faccio presente una questione non da poco: Bagnasco è stato eletto in ottobre Presidente della Conferenza dei vescovi europei (CCEE, che organizza 33 conferenze episcopali) ma, per statuto, questa carica deve essere attribuita al Presidente di una di queste conferenze. Bagnasco non lo sarà più da marzo. Sarà obbligato a dimettersi dalla nuova carica europea (ma che senso aveva eleggerlo per sei mesi?) a meno che Francesco non lo confermi come Presidente della CEI. Si è forse pensato di forzare la mano al papa per una sua riconferma in relazione a questa nomina europea? E’ una manovra soft dei vescovi conservatori in Europa?

Fatta la lunga premessa, c’è ora una gran bella novità. La diocesi di Padova, con il nuovo vescovo Guido Cipolla (ma l’iniziativa era iniziata prima), il 29 ottobre durante un importante incontro in un teatro ha presentato il bilancio della diocesi, un bilancio frutto di un lavoro di tre anni che ha coinvolto molte strutture diocesane e le parrocchie. Lascio a una riflessione successiva il suo esame analitico nel merito.

Dico solo che mi sembra preparato in modo esauriente e con criteri professionali (stato patrimoniale, conto economico ecc..), ben diverso dalle cifre aggregate, poco leggibili, con cui la CEI cerca di comodamente giustificare il miliardo di euro del gettito annuo dell’ottopermille . E’ la prima diocesi tra le 226 del nostro paese che, a quanto mi risulta, fa quanto dovrebbe essere compito normale di ognuna di esse.

Lo stupore e la soddisfazione sono in diretta relazione con la grande generalizzata assenza delle nostre strutture ecclesiastiche in materia di trasparenza e responsabilità per quanto riguarda la gestione delle risorse. Mons. Cipolla ha citato Mons. Nervo che diceva “Chi non stila un bilancio non fa progetti”. Questo “Rapporto annuale 2015” della diocesi di Padova può essere esaminato online.

Rimane però un vuoto non da poco, manca il bilancio dell’Istituto per il finanziamento del clero che è quello a cui compete, in ogni diocesi, l’amministrazione dei beni della Chiesa che sono stati sottratti alle parrocchie con il nuovo Concordato del 1984. Esso gestisce la retribuzione del clero con le proprie risorse e con il contributo dell’ottopermille che arriva dalla CEI. Suppongo che il prossimo passo della diocesi di Padova sia quella di colmare questa assenza.

Altre novità vengono da fuori. Il 7 novembre tutte le diocesi francesi , insieme ai vescovi riuniti a Lourdes, hanno fatto un giorno di preghiera e di digiuno in espiazione dei delitti di pedofilia compiuti dal clero. Esso ha fatto seguito ad altre misure come “l’istituzione in ogni diocesi e provincia ecclesiastica di “cellule” locali di sorveglianza; la realizzazione di un sito internet rivolto espressamente all’accoglienza delle vittime (con un indirizzo email) che permetterà appunto di mettere le persone coinvolte in contatto con le “cellule” presenti sul territorio… dando priorità alle vittime, assicurando loro mezzi e strumenti per essere “accolte, ascoltate e accompagnate”.

I vescovi francesi, inoltre, in quell’occasione hanno annunciato la creazione di una “Commissione nazionale indipendente” composta da magistrati, psicologi, familiari delle vittime. Dal 2 al 4 dicembre in Sudafrica i vescovi hanno organizzato un triduo di preghiera e penitenza e i vescovi svizzeri il 5 dicembre hanno organizzato presso Sion una analoga giornata. In Italia invece, come è noto a chi segue queste situazioni, i vescovi, con documenti ufficiali che NSC ha denunciato più volte, si voltano dall’altra parte chiudendo occhi e orecchie.

Non vogliono vedere la cronaca che sui preti pedofili indica i tanti casi che segnalano che la situazione nel nostro paese non è differente da quella di tanti altri paesi. Essi sostengono che la vittima deve rivolgersi al vescovo avendo fiducia in lui, sottolineano che il vescovo non è obbligato per legge a denunciare i fatti alla magistratura (ma perché la CEI non obbliga il vescovo a fare la denuncia?) e si guardano bene dall’istituire qualche struttura che abbia il compito, come quella francese o come quella della diocesi di Bolzano o di altri episcopati, di essere un referente veramente indipendente per le vittime nel rapporto sia col vescovo sia con le istituzioni civili .

Trasparenza diffusa nella gestione delle risorse e iniziativa non parolaia sui preti pedofili: siamo in grave ritardo da troppi anni su questioni che non coinvolgono questioni calde di tipo teologico o pastorale ma solo onestà, buon senso, libertà interiore e anche qualche comprensione di quello che sta cercando di fare il vescovo di Roma.

Perché Bagnasco, nella sua prolusione al Consiglio episcopale permanente di fine gennaio, invece di fare i suoi tradizionali discorsi apocalittici che lasciano il tempo che trovano, non fa un paio di proposte concrete nella direzione di quanto altre normali strutture ecclesiastiche pure fanno, come ho indicato?