La progettualità marginale di un laicato adulto e minoritario di F.Ferrari

Franco Ferrari *
www.viandanti.org

“Il brutto anatroccolo” è il titolo di un saggio sul laicato cattolico italiano scritto da Fulvio De Giorgi; apparso in libreria otto anni fa è ancora di grande attualità. Anche nella Chiesa di Francesco. L’autore, da studioso del Rosmini, indica le cinque piaghe che affliggono il laicato e la quinta in particolare, – “carenze della dignità fraterna del laico”, cioè l’incapacità di saper “trasformare in realtà di vissuto ecclesiale la piena uguaglianza battesimale di tutti i cristiani, uomini e donne, superando ogni paternalismo e ogni forma di persistente clericalismo” (p.105) -, ha indubbiamente molto a che vedere con l’afonia perdurante dei laici dentro e fuori la Chiesa.

L’ostacolo del clericalismo

I laici e la loro posizione nella Chiesa sono oggetto di frequente attenzione nei discorsi e nei documenti del Vescovo di Roma; è interessante notare che la questione viene molto spesso, se non sempre, collegata ad un’altra: il clericalismo. A papa Francesco sembra che i due temi non possano venire trattati separatamente: “Non possiamo riflettere sul tema del laicato ignorando una delle deformazioni più grandi […] il clericalismo”[1]; “nella maggioranza dei casi, si tratta di una complicità peccatrice: il parroco clericalizza e il laico gli chiede per favore che lo clericalizzi, perché in fondo gli risulta più comodo”[2]; concetti ripresi nel discorso di apertura della 68a Assemblea generale della CEI, quando richiama l’esigenza di “rinforzare l’indispensabile ruolo dei laici disposti ad assumersi le responsabilità che a loro competono”, i quali per fare ciò “non dovrebbero aver bisogno del Vescovo-pilota, o del monsignore pilota o di un input clericale”[3].

Il rumore del silenzio

Sulla valorizzazione e l’importanza dei laici dal Vaticano II ad oggi non si è risparmiato inchiostro nel produrre documenti, ma sul piano concreto la questione non ha fatto passi avanti. In almeno tre passaggi ufficiali o di studiosi possiamo trovare un’ammissione “certificata”.

“Il lento cammino di diffusione della pari dignità di tutti i battezzati trova le sue ragioni nella carenza intorno allo statuto teologico del laico” scrive la Conferenza episcopale italiana nel suo contributo al Sinodo sui laici del 1987[4]; il sociologo Garelli, nella relazione al III Convegno ecclesiale di Palermo (1995) rileva che nelle Comunità ecclesiali, “su molte questioni decisive”, si è generata “la pratica del silenzio, un grande freddo, per evitare che il confronto e la dialettica interna mettessero in discussione la comune matrice religiosa”[5]; una conferma ulteriore e molto puntuale la fornisce Xeres[6], citando un contributo di Giuseppe Savagnone in “Aggiornamenti sociali”. “[I laici] non sempre riescono a stabilire una reale comunicazione con il parroco e con il vescovo. Sui problemi più rilevanti, essi hanno l’impressione che il loro parere non conti nulla, anche quando viene ufficialmente richiesto”.

La frammentazione

Il grande rinnovamento portato dal Concilio non sembra essere stato sufficiente a riallineare la Chiesa con i cambiamenti della società, quasi a confermare quanto, molti anni dopo, dirà Carlo Maria Martini: “la Chiesa è rimasta indietro di 200 anni”. In effetti negli anni immediatamente successivi al Concilio inizia un sommovimento interno alla Chiesa, che prenderà forme diverse e sfocerà nella crisi delle associazioni cattoliche ufficiali o promosse dalla gerarchia, nella contestazione e nel dissenso ecclesiale, in una presa di distanza che ha assunto nel tempo un’ampia gamma di sfumature.

Accanto al fenomeno più noto di questa frammentazione, quello delle Comunità di base, via via sono nati molti altri gruppi e realtà che si muovono in grande autonomia rispetto alle parrocchie e alle iniziative più ufficiali. Un universo definito, nel tempo, in modi diversi: i cattolici “non allineati”, del “dissenso”, del “fermento”, del “disagio”.

L’esigenza di guardare lontano

Molti di questi gruppi svolgono con carattere di stabilità attività di animazione biblica e spirituale, di cultura teologica o di animazione ecclesiale e sono sensibili ad una visione ecclesiologica partecipativa, potremmo dire sinodale. Si tratta di realtà – più o meno strutturate, più o meno grandi – che vivono e operano a livello di base, di popolo, che in molti casi intercettano quella porzione del Popolo di Dio che non partecipa per motivi diversi alla vita delle associazioni o dei movimenti riconosciuti, delle parrocchie; insomma, un universo un po’ borderline che opera più sul sagrato che in sagrestia.

Una “distanza” che consente di restare ai margini dei meccanismi istituzionali garantendo una libertà di scelta e d’azione che assicura la possibilità di esplicare pienamente la propria responsabilità di laici adulti sia all’interno della vita della Chiesa, sia nell’impegno per l’”animazione delle realtà terrene”, senza bisogno del “monsignore pilota”.

Un’altra causa di questa ricerca di autonomia è indubbiamente il ristretto orizzonte delle realtà parrocchiali. La loro vita è molto autocentrata; in proposito è di rilievo ciò che mons. Galantino ha detto ai partecipanti al Festival dell’ACR: “Non basta stare in parrocchia; bisogna imparare a vedere con i propri occhi e con il proprio cuore cosa c’è attorno alla parrocchia e anche cosa c’è lontano. […] fuori dalla parrocchia ci sono un sacco di cose belle che possono farvi crescere” (10.9.2016; agenzia SIR).

Per rompere il silenzio

Di questa realtà frammentata, con tante presenze vive, vivaci e puntiformi è stato tentato un inventario[7], ma l’impresa direi che è quasi impossibile. Molti fanno cose anche di valore, ma tutti sono isolati e il loro agire di solito non supera il livello territoriale, non fa opinione nella realtà più ampia della Chiesa italiana e spesso della Chiesa locale. Bisogna, però, osservare che la “distanza” di cui si parla più sopra è reciproca, anche l’Istituzione (parroci, vescovi) non stabilisce rapporti, non considera queste realtà che probabilmente creerebbero qualche difficoltà per non essere inquadrabili nei piani pastorali, per il manifestare opinioni e posizioni troppo autonome e/o critiche, per il loro non chiedere autorizzazioni preventive. Eppure moltissimi partecipanti a questi gruppi hanno un trascorso nelle associazioni cattoliche, continuano ad essere presenti individualmente nella vita parrocchiale; in non pochi casi sono anche presbiteri.

Il fiuto del gregge

Nella varietà delle iniziative si possono cogliere alcune costanti che può essere utile considerare brevemente, senza la pretesa della completezza: (a) la convegnistica spesso riguarda temi di frontiera o poco frequentati a livello ufficiale; (b) le iniziative sono caratterizzate dalla pluralità delle voci di diverso orientamento e appartenenza; (c) pubblicano riviste di dibattito che però restano di nicchia (es: Esodo, Tempi di fraternità, Il Gallo, Koinonia, l’altrapagina, Matrimonio, Oreundici, ecc.); (c) animano incontri di carattere biblico e teologico; (d) presentano e approfondiscono in modo critico i documenti più importanti del magistero; (e) fanno memoria di figure e momenti significativi della vita ecclesiale (es.: Romero, Mazzolari, Battistella, Bachelet, Vaticano II, Giovanni XXIII, Martini, ecc.).

Insomma, si potrebbe dire che anche questa è espressione del fiuto del gregge di cui parla papa Francesco. Un’attività che possiamo definire di ricerca, con uno sguardo che va al di là del contingente, che generalmente non riguarda la traduzione del tema pastorale annuale o dei piani pastorali (forse sta qui la riserva nei loro confronti).

Fare rete

Realtà così frammentate frutto di percorsi e di storie molto diverse difficilmente sono omologabili nelle tradizionali forme associative. La Rete, per sua natura collegamento agile senza formalizzazioni, che rispetta le varie identità, sembra essere lo strumento che può consentire di creare le condizioni per un salto di qualità, per acquisire visibilità e per contribuire ad un’opinione pubblica responsabile all’interno della Chiesa Italiana.
In questa direzione si è impegnata da alcuni anni (2010) l’Associazione Viandanti (www.viandanti.org) dando vita ad una Rete omonima che organizza convegni nazionali biennali e che ha iniziato ad incontrare i vescovi disponibili per presentare il proprio punto di vista su diversi problemi della vita ecclesiale, secondo quanto suggerisce LG 37.
In questi anni, altre due esperienze si sono segnalate come momenti di agglutinamento di questi gruppi, si tratta de “Il Vangelo che abbiamo ricevuto” (dal 2009 al 2014 ha organizzato 6 convegni sui temi della trasmissione della fede) e di “Chiesa di tutti Chiesa dei poveri” (dal 2012 al 2015 ha organizzato 4 assemblee-convegno per rileggere il Vaticano II e i suoi documenti).

Una risorsa

Indubbiamente stiamo parlando di una realtà minoritaria che comunque con le iniziative e le pubblicazioni raggiunge ambienti non sempre toccati dalla pastorale ordinaria e molti che spesso sono in ricerca; si tratta di una risorsa che potrebbe essere valorizzata senza tentare di omologarla.

Per avviare questo cammino occorre però essere attenti a vari elementi. Bisogna superare le diffidenze e il timore del conflitto, Francesco nell’Evangelii gaudium (226-230) suggerisce di accettarlo e di saperlo governare; occorre porsi nell’ottica di un dialogo alla pari e instaurare una reale comunicazione: l’incontro è con laici consapevoli che si pongono i problemi della Chiesa non con infanti; occorre acquisire l’ottica del lavoro di gruppo e saper stare su un piano di parità; non ultimo forse occorre acquisire la consapevolezza che questi gruppi sono tutto sommato delle associazioni private di fedeli che possono organizzarsi in grande autonomia.

Si tratta di uno stile nuovo che tutti dobbiamo imparare, ma potrebbe essere uno dei tanti sentieri che una “Chiesa in uscita” deve imboccare e saper percorrere.

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* Presidente dell’Associazione Viandanti

Questo articolo è apparso su “Coscienza” (n. 3/2016, pp. 30-33), rivista trimestrale del Movimento ecclesiale di impegno culturale (Meic) con il titolo “Sul sagrato più che in sacrestia. Quei laici “in uscita”.
Note
[1] Lettera al presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina, 19 marzo 2016.
[2] Discorso ai Vescovi responsabili del Celam, Rio de Janeiro, 28 luglio 2013.
[3] Discorso all’apertura della 68a assemblea generale della Cei, Roma, 18 maggio 2015.
[4] Vedere “Il Regno. Documenti” del 1987 p. 589.
[5] F. Garelli, Credenti e Chiesa nell’epoca del pluralismo. Bilancio e potenzialità, “Il Regno. Documenti” del 1995, p. 655.
[6] S. Xeres-G. Campanini, Manca il respiro, Ancora, Milano 2011, p. 79.
[7] V. Gigante-L. Kocci, La Chiesa di tutti, Altraeconomia, Milano 2013.