Vivere liberamente e autenticamente la sessualità di CdbSanPaolo

Comunità Cristiana di Base di san Paolo – Roma
eucarestia del 12 febbraio 2017

Vivere liberamente e autenticamente la sessualità

Introduzione

Abbiamo cercato di affrontare un problema che coinvolge tutti noi perché quasi tutti hanno dovuto prima o poi fare i conti con la sessuofobia che ha afflitto la nostra società fino a qualche decennio fa e tutt’ora esiste.

Tutte le donne non più giovanissime hanno dovuto lottare per riuscire a scoprire sé stesse e vivere la propria sessualità ed affettività in santa pace.
Contemporaneamente gli uomini hanno dovuto liberarsi, con maggiore o minore fortuna, del “machismo”.
Le donne e gli uomini omosessuali e transessuali hanno fatto il doppio della fatica e ancora soffrono spesso discriminazioni pesantissime.

Le giovani generazioni sembrano essere un più libere, ma ancora ci sono, anche da noi per non parlare di altri paesi, grandi sofferenze e “pesanti gioghi” di origine sociale, non ostante molte famiglie siano ormai di mentalità aperta.
Ancora esistono comunque famiglie che rifiutano i figli poco ortodossi.

Dove è nata la sessuofobia?
E’ vero che la cultura cattolica è sessuofobica, punitiva, castrante.
La chiesa cattolica giudica in base al comportamento sessuale, non in base alle relazioni verso gli altri.
Per questo la madonna, madre di Dio deve essere vergine: non può avere avuto un rapporto sessuale.
Il controllo della sessualità è quasi “dalla culla alla tomba” e lo strumento della confessione assicura un sicuro metodo per tenere sottomessi i fedeli.
Nessun prete (o quasi) chiedeva se avevi pagato le tasse: tutto era incentrato sulle pratiche sessuali.

Le altre chiese cristiane nel corso del tempo non sono state da meno, anche se attualmente quasi tutte le chiese evangeliche hanno avuto una netta svolta positiva.
Le altre grandi religioni monoteistiche sono allo stesso livello di quella cattolica.
Il buddismo sembra invece immune da questi problemi e non pone nessun impedimento.

Ma la sessuofobia è molto più antica delle nostre religioni perché fa riferimento alla civiltà patriarcale, alla necessità di controllare il concepimento e la trasmissione dell’eredità: naturalmente in questa concezione della vita qualsiasi forma di sessualità ed emotività non sottoposta ad un controllo sociale e comunque non legata al concepimento è rifiutata.
In altri luoghi e altre civiltà (ad esempio tra le popolazioni native americane) l’impostazione era totalmente diversa.

Per restare nella nostra situazione, come si può affrontare e sconfiggere questa piaga sociale?
Prima di tutto bisogna rendersi conto che tutti noi viviamo la sessualità e siamo titolati a parlarne come esperienza.
Da piccoli bambine con le bambine e bambini coi bambini hanno scoperto insieme il proprio corpo e quello dell’altra o dell’altro, condividendo contemporaneamente rapporti di affettività profonda.
Lo stesso è avvenuto tra adolescenti.

Spesso le tendenze sessuali non sono per tutta la vita ma possono cambiare nel tempo. Non si può quindi distinguere tra eterosessuali e omosessuali, ma accettare il fatto che non ci sono categorie separate: etero, omo, trans; ognuno ha contemporaneamente varie tendenze.

L’importante è parlare in positivo della sessualità, che, insieme alla emotività autentica, è un grande dono della Natura o, se vogliamo, di Dio e ci permette di vivere liberamente e in modo profondo il nostro rapporto con il nostro prossimo e perché no, anche con Dio stesso.
In fondo la sessualità, sia pure come sublimazione, è sempre stata un modo riconosciuto per arrivare al trascendente. (Chiara)

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Canto iniziale Tu fidati di me – pag. 92

Pensiero iniziale
Nell’amore non c’è paura: anzi, l’amore perfetto caccia via la paura perché chi ha paura teme un castigo (dalla prima lettera di Giovanni 4,18).

Testimonianze su eventi / coinvolgimenti recenti

Dea
In uno scritto antico della letteratura ermetica, attribuito ad Ermete Trismegisto autore mitico, leggiamo, a proposito del rapporto sessuale, che avviene nascostamente affinché la divinità, che si manifesta nelle due nature durante l’unione, non sia costretta ad arrossire per la derisione degli ignoranti, soprattutto se si espone agli occhi degli empi.
Secondo questo pensiero il rapporto sessuale avviene in modo riservato non perché sia qualcosa di cui vergognarsi o qualcosa da nascondere, ma per proteggere la divinità, che nel rapporto si manifesta, dagli occhi degli empi e dalla derisione degli ignoranti.
Si è parlato nel gruppo del rapporto sessuale – nelle sue espressioni più alte – come di un momento in cui si abbandona ogni protezione, si lasciano cadere le maschere, ci si mette a nudo. Un momento di trasparenza, di abbandono. E rischiare la trasparenza richiede fiducia nell’altro/a, nel suo rispetto e nella sua capacità di accogliere. Vito Mancuso dice che lo sguardo dell’innamorato deve essere concavo e accogliere l’altro senza difese. Amore è fare spazio dentro di sé a un’altra persona. Indispensabile, per amare veramente, coltivare il silenzio (che è capacità di ascoltare e di accogliere) e liberarsi dall’ego, coltivando però l’amore di sé (come accettazione della propria condizione e dei propri limiti).
Bella l’immagine della sessualità che emerge dallo scritto che abbiamo letto: la divinità che si manifesta nel rapporto tra due persone, che si sprigiona attraverso l’amore, la magia dell’abbandono, la fiducia reciproca.
Se grande è la bellezza e la ricchezza che ci può essere nell’unione sessuale tra due persone, altrettanto grande è il peccato di chi quella bellezza l’ha negata, non permettendo agli uomini ed alle donne di vederla, di chi ha trasformato un momento di liberazione e di autenticità in una prigione, il piacere in paura e senso di colpa.
Abbiamo riflettuto come attraverso la sessualità la chiesa cattolica abbia esercitato ed eserciti il suo potere di controllo sulle coscienze. Un’arma potente che viene usata in tutto l’arco della vita delle persone, da ragazzi/e a anziani/e: quasi tutto è sbagliato, di tutto ci è richiesto di pentirci: no alla masturbazione, no ai rapporti pre-matrimoniali fra fidanzati, no all’unione sessuale fra due persone non sposate, no a ogni forma di contraccezione, no all’omosessualità.
Il peccato per aver negato la bellezza che c’è in una sessualità vissuta liberamente ed autenticamente, per aver trasformato la sessualità in qualcosa di sporco e vergognoso, per aver messo carichi enormi di sofferenza soprattutto sulle spalle di donne e omosessuali, richiede un pentimento autentico, la capacità di chiedere perdono guardando negli occhi e sostenendo lo sguardo di coloro che per tutto questo tanto hanno sofferto.

da “Donne” di Eduardo Galeano

SACRILEGHE

Nell’anno 1901, Elisa Sanchez e Marcela Gracia contrassero matrimonio nella chiesa di San Jorge nella città galiziana di La Coruñna.
Elisa e Marcela si amavano di nascosto. Per normalizzare la situazione, con matrimonio, sacerdote, cerimonia e foto bisognò inventare un marito: Elisa si trasformò in Mario, indossò abiti da uomo, si tagliò i capelli e parlò con un’altra voce.
Poi quando si seppe, i giornali di tutta la Spagna gridarono inorriditi di fronte a “questo scandalo schifosissimo, questa immoralità svergognata”, e approfittarono di un’occasione così penosa per vendere come non mai, mentre la Chiesa, ingannata nella sua buona fede, denunciava alla polizia il sacrilegio commesso.
E la caccia ebbe inizio.
Elisa e Marcela fuggirono in Portogallo.
A Porto le catturarono.
Quando scapparono dal carcere cambiarono i loro nomi e presero la via del mare.
Nella città di Buenos Aires si persero le tracce delle fuggiasche.

Daniele

Parlare di omosessualità nel contesto di un percorso di crescita spirituale in seno ad una religione ufficiale, quella cattolica, a primo avviso può sembrare complesso.
La complessità, secondo me, è data dalla compresenza di diversi fattori: innanzitutto la presenza nel nostro Paese ancora di molte precomprensioni relativamente alla dimensione omosessuale, che contribuiscono semmai ad alimentare la divisione e la discriminazione (dal giudizio etico all’atto omofobico); secondariamente una difficoltà, tutta interna alla Chiesa Cattolica, di ridefinirsi in termini attuali rispetto all’evoluzione delle forme con cui gli uomini e le donne scelgono di vivere la propria dimensione affettiva (si pensi alle posizioni ufficiali su convivenza extramatrimoniale, divorzio, ruolo della sessualità nella coppia, uso di contraccettivi …) scegliendo, al contrario, di sposare la tradizione, seppur con diverse sfumature di sensibilità, come si è visto nelle conclusioni del recente Sinodo sulla Famiglia; da ultimo il difficile incontro tra l’omosessuale che vuole vivere un percorso di Fede e la comunità dei fedeli, che può oscillare anche molto rispetto ad apertura, accettazione e capacità inclusiva (l’accoglienza della Comunità di Base di San Paolo riservata a NP non è paragonabile all’inaccoglienza che molto probabilmente riceveremmo dal movimento Neocatecumenale, movimento tra i fautori del family day).
Passo quindi ad analizzare, sinteticamente, ciascuno di questi tre aspetti per poi cercare di individuare una prospettiva.
Le precomprensioni: l’omosessualità è stata considerata una psicopatologia fino al 1981, cioè fino ad un tempo molto recente. In diversi Paesi del mondo è considerata un reato, in alcuni di questi si prevede la pena di morte. Una società, fino a pochi decenni fa incardinata sulla famiglia tradizionale, aveva dei motivi logicamente comprensibili per costruire dei muri rispetto a tutto ciò che poteva potenzialmente risultare minaccioso per la sua integrità. Tuttavia, una generazione dopo, sembra che ad alimentare il pregiudizio sia quasi il motivo opposto. Stiamo assistendo, infatti e purtroppo, ad un graduale dissolvimento della famiglia tradizionale, quasi incompatibile con i processi di liquidità sociale e di virtualizzazione delle relazioni interpersonali; il numero di divorzi e di convivenze extramatrimoniali è in costante aumento, gli italiani per molti anni hanno visto in costante decremento il proprio indice demografico (mantenuto a livelli appena sufficienti, a dire il vero, dalla famiglie straniere). Quasi in controtendenza gli omosessuali cercano, ed hanno recentemente ottenuto, il riconoscimento di diritti civili relativamente alla forma del proprio stare insieme; ciò è il prodotto di una lotta, ma anche di una maturità affettiva, che vede un sempre maggior numero di coppie gay e lesbiche mantenere relazioni sentimentali stabili, con discreta reciproca soddisfazione, spesso in assenza di un adeguato rinforzo sociale da parte di famiglie, colleghi, a volte degli stessi amici storici ecc. … . Intendo dire che lo stare insieme per scelta mette in crisi lo stare insieme per abitudine, che purtroppo caratterizza alcune unioni matrimoniali. E’ questa forza, oserei dire questa resilienza (se si pensa al tumultuoso percorso familiare, spesso purtroppo mai risolto, che la maggior parte di noi si porta dietro) ad essere temuta; vivere alla luce del sole la propria vita affettiva è una ‘pietra angolare’, rispetto a cui molte famiglie possono ritrovare il proprio senso personale dello stare insieme volendosi bene. Ma il cambiamento, lo sappiamo, genera anche resistenze, resistenze che osserviamo, trasversalmente, in molti segmenti sociali, laici e cattolici.
Veniamo, quasi naturalmente, al secondo punto dell’analisi: anche la Chiesa Cattolica risente di questo cambiamento in atto; probabilmente è l’ambito dove maggiormente si evidenziano le contraddizioni. Lo si è visto con le differenze emerse nei documenti presentati al Sinodo sulla Famiglia; lo si vede nelle belle parole che spesso papa Francesco – ed è la prima volta che un Pontefice si spinge tanto avanti, riservate agli omosessuali: “chi sono io per giudicare un gay?”. Mettere in discussione un giudizio, che quasi automaticamente ‘scatta’ rispetto all’omosessualità, è un bellissimo ponte che ha contribuito a riavvicinare non pochi omosessuali cattolici, tra cui chi vi parla, a riprendere un percorso di Fede. D’altro canto nel Catechismo ufficiale della Chiesa Cattolica le posizioni in merito alla sessualità umana sono ancora codificate in tutto il loro eccesso, quasi a giustificarne una naturale trasgressione. Sì, può sembrare un paradosso: nel fissare una morale tanto rigida, ad un comportamento che è più antico di centinaia di migliaia di anni rispetto alla nascita della Chiesa stessa, si autorizza implicitamente tutti, al contrario, a non tenerne conto. A volte a non considerare rilevante la condotta sessuale rispetto alla propria vita spirituale sono gli stessi religiosi, che si ritrovano a vivere la loro affettività scissa su binari paralleli, nel migliore dei casi caratterizzati entrambi da amore, talvolta dal suo contrario: l’abuso.
Giungiamo pertanto al terzo ed ultimo punto: l’incontro tra mondi apparentemente molto distanti, ma tenuti insieme dall’annuncio evangelico della Resurezione di un Dio che ‘fa nuove tutte le cose’. Sappiamo quanto l’autoreferenzialità impedisca strutturalmente qualsiasi forma di interazione evolutiva tra gli uomini, e quanto al contrario sia l’autenticità di un incontro, pensiamo a quello, privilegiato, con i poveri, ad essere responsabile della conversione, della crescita, del consolidamento di tutte quelle qualità che rendono un essere umano più ‘brillante’: l’empatia, l’accettazione piena di chi è diverso, la carità, fino, quasi in una scala dell’Amore ideale, a spendere quasi integralmente la propria vita per gli altri, per ritrovarla rigenerata per l’eternità. Secondo me è alla luce di queste categorie che dobbiamo leggere il rapporto tra il cristiano omosessuale e la sua Chiesa: entrambi debbono usare misericordia, comprensione, sospensione del giudizio. L’arrocamento autoreferenziale intossica, prima o poi, qualsiasi raggruppamento sociale, in quanto ciò che motiva lo stare insieme, un simbolico nemico esterno, cozza con le naturali spinte evolutive proprie del genere umano. Come si può ‘resistere’ all’ondata migratoria in atto? Come non ci si può ‘arrendere’ davanti ad espressioni affettive così profondamente umane, come quelle che molte coppie omosessuali testimoniano, in quanto prodotto spesso di tanta sofferenza … . L’omosessuale discriminato, che trova un proprio riscatto affettivo senza pagare il prezzo dell’arroccamento sociale, è a mio avviso il modello di cristiano da perseguire.
Cosa ci aiuta, in conclusione, a potenziare tale processo?
In primo luogo l’amicizia con i poveri, che con la loro saggezza riescono ad unire chi proviene da percorsi anche molto distanti; secondariamente il valore della Pace, smpre e comunque, per la cui costruzione occorre mantenere dentro il proprio cuore delle porte aperte e non dei muri; ed ancora la Preghiera incessante: se è vero che nell’epoca contemporanea ancora verifichiamo l’esistenza di pesanti divisioni, è altrettanto vero che la ‘spinta’ verso un’autentica riconciliazione può provenire solo dalla morte di tutto ciò che nel nostro cuore alimenta la divisione: nella mia esperienza spirituale, così come in quella di molti cristiani, sono l’ascolto della Parola di Dio e la Preghiera a rinnovare, consolidare ed espandere la propria capacità di amare, in qualsiasi espressione e forma.
Una provocazione finale: qualora la scienza arrivasse a dimostrare la causa genetica dell’omosessualità, lo si potrebbe ancora definire un comportamento contro natura da reprimere?
(NdR: l’intervento letto in assemblea è stata una sintesi di questo qui riportato)

Fausto

Una storia come tante storie; senza nessun pregio di originalità.
Un ragazzo nato alla fine degli anni 30, che vive gli ultimi fuochi e i riti della chiesa pacelliana.
Che fa la prima comunione, proprio come Pio XII, alle Cappellette di san Luigi Gonzaga, in una atmosfera cupa, segnata da esercizi spirituali predicati nella penombra di una cappella da un’ombra sul pulpito che evocava, per noi ragazzini, le fiamme dell’inferno e la “purezza” di san Luigi. E poi una vita ritmata da confessioni che, senza riferimenti agli atti impuri, sarebbero state senza parole. Da una parte e dall’altra della grata del confessionale.
E il mito della castità, in mezzo al turbine delle tempeste ormonali, e poi, dopo il matrimonio quel che è lecito: astinenza periodica, e quello che no. Le coscienze violate o i nostri letti?
Mai parlare d’amore, di affettività, di gioia, di piacere: uomini e donne dimezzati dal potere esercitato sulle nostre vite.
E, soprattutto, censure e autocensure nel vivere quotidiano. Se la chiesa fosse una società multinazionale ci sarebbero gli estremi per una “class action” a livello planetario.
Fino alla scoperta che se Gesù è la pienezza della realizzazione di ogni persona, anche noi dobbiamo sgomberare i mercanti dal nostro tempio. E, autenticamente e liberamente, vivere.

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Genesi 19, 4-7
Ma prima che si fossero coricati, gli uomini della città, i Sodomiti, circondarono la casa: giovani e vecchi, la popolazione intera venuta da ogni lato. Chiamarono Lot e gli dissero: Dove sono quegli uomini che sono venuti da te questa notte? Falli uscire, perché vogliamo abusare di loro. Lot uscì verso di loro sull’ingresso della casa, si chiuse dietro la porta, e disse: Vi prego, fratelli miei, non fate questo male!

Cantico dei Cantici 7, 7-10
Quanto sei bella, quanto sei piacevole
amore mio, in mezzo alle delizie!
La tua statura è simile alla palma,
le tue mammelle a grappoli d’uva.
Ho detto: «Io salirò sulla palma
e mi appiglierò ai suoi rami».
Siano le tue mammelle come grappoli di vite,
il profumo del tuo fiato, come quello delle mele,
e la tua bocca come un vino generoso
che cola dolcemente per il mio amico,
e scivola fra le labbra di quelli che dormono.

dal convegno delle cdb di Chianciano 2001 “La diversità ci fa liberi”
“Comunità” è per noi certamente una esperienza importante, ma il presente ci interroga: in che misura può essere un concetto ed una prassi limitante e chiusa, oppure aperta e arricchente, nel rapporto di relazione e di intreccio fra diversi?
La nostra identità si fonda in molta parte sulla memoria: “fate questo in memoria di me” ma in che misura l’appartenenza e l’identità di “Cristiano” sono una esperienza ed una cultura che favoriscono l’incontro, il rispetto, la comprensione reciproca, l’ascolto, e in che misura ci rinchiudono dentro schemi culturali che ci impediscono di metterci realmente dalla parte dell’altro?

Per queste letture… ….ringraziamo il Signore

Silenzio di riflessione

Commenti dei presenti
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Preghiere

Canone e frazione del pane Il corpo: fonte di comunicazione e di amore – n. 22

Padre nostro
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Pensiero allo scambio di pace
Se dunque tu stai per offrire la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia lì la tua offerta davanti all’altare, e va’ prima a riconciliarti con tuo fratello; poi vieni a offrire la tua offerta (Matteo 5, 23-24).

Scambio di pace

Pensiero alla condivisione del pane e del vino
Non c’è qui né Giudeo né Greco; non c’è né schiavo né libero; non c’è né maschio né femmina; perché voi tutti siete uno in Cristo Gesù (Galati 3, 28).

Condivisione del pane e del vino

Canto alla condivisione del pane e del vino Io con voi – pag. 32

Destinazione delle offerte

Raccolta delle offerte

Canto alla raccolta delle offerte Tutto cambia – pag. 89
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Comunicazioni su eventi / coinvolgimenti prossimi

Pensiero finale
Chi un esercito di cavalieri, chi di fanti,
e chi di navi, sulla terra nera
dice essere la cosa più bella, io, invece, ciò
che uno ama;
(da Saffo)

Canto finale Come è bello – pag. 12