Quale felicità di CdBOregina

Maria, Gabriella, Peppino
(CdB Oregina – Genova)

Marx ha scritto che “l’esperienza definisce felicissimo l’uomo che ha reso felice il maggior numero di altri uomini. Se abbiamo scelto nella vita una posizione in cui possiamo operare per l’umanità, nessun peso ci può piegare, perché i sacrifici vanno a beneficio di tutti; allora non proveremo una gioia meschina, limitata, egoistica, ma la nostra felicità apparterrà a milioni di persone, le nostre azioni vivranno silenziosamente, ma per sempre.”

Anche noi, nel nostro piccolo, pensiamo di operare per l’umanità, a partire da quella porzione di umanità più a rischio, più fragile, più vulnerabile, quello specchio di umanità costretta dalla fame, dalle guerre, dall’oppressione a fuggire dal proprio paese per cercare rispetto, dignità e lavoro nel nostro paese e che per questo si impegna a conoscerne la lingua, la cultura, la storia.

Sono giovani nigeriani, ivoriani, gambiani, senegalesi, marocchini, tunisini, camerunesi, bangladesi, burkinabé, peruviani. Mondi diversi che si incontrano e attraverso nuovi vocaboli, verbi o regole di grammatica si parlano, pacificamente. Impariamo che quando si comunica c’è ancora l’energia per disinnescare la valvola di sicurezza dello scontro, del conflitto e si lavora per il futuro. La nostra esperienza ci dice che quando le persone si mettono insieme possono riuscire a realizzare un progetto, un obiettivo comune, un sogno da tempo nascosto nel profondo.

La scuola di italiano è cominciata così. Prima la grammatica naturalmente. Poi poco per volta la conoscenza delle storie di questi ragazzi, la consuetudine del ritrovarsi settimana dopo settimana, sempre un po’ più confidenti, il pretesto della conversazione per raccontare qualcosa di sé, il succedersi delle loro giornate, la preghiera per coloro che praticano la fede islamica cinque volte al giorno, il girovagare nella città facendo il giro delle biblioteche o delle altre scuole presenti sul territorio.

Una chat comune per comunicare qualcosa nella nostra lingua e non lo sanno fare, una specie di famiglia insomma. Vediamo spesso i loro occhi farsi lucidi, sprizzare stupore e gioia quando parliamo la loro prima o seconda lingua ed è come se dicessero: voi siete parte di noi perché ci date la possibilità di tessere relazioni con la città nella quale viviamo.

E questo dà molto anche a noi insegnanti, non proprio abituati a ricevere tanto affetto e tanta riconoscenza. Anche per questo siamo felici di trascorrere assieme le ore di insegnamento di lingua italiana; sono momenti che diventano intreccio di vite, di emozioni, di relazioni.

E’ parzialmente vero quanto leggiamo negli atti degli apostoli v. 35 : “In ogni cosa vi ho mostrato che affaticandosi in questo modo ci conviene sostenere gli infermi e ricordarsi delle parole del Signore Gesù, il quale disse: “C’è maggiore felicità nel dare che nel ricevere!”». Noi sperimentiamo una grande felicità anche nel ricevere.