Laicità e democrazia di R.Piccini

Renato Piccini
www.italialaica.it

Per concepire e capire la necessità indispensabile della laicità, bisogna fare un salto qualitativo e passare dalla concettualità al valore della laicità.

La laicità è il cammino culturale, sociale e politico nel quale l’uomo ritrova se stesso – ragione e coscienza –, il suo primato nella storia, come costruttore responsabile del proprio processo di vita, in un percorso che pone al centro la dignità della persona umana in dimensione universale.

Dove non c’è laicità autentica e supremazia della ragione e della coscienza, non sarà possibile una vera convivenza umana.

Al centro del pensiero, dell’etica, della storia deve esserci l’uomo, sic et sempliciter, la sua dignità, i suoi valori dall’uguaglianza alla libertà, alla giustizia per creare un mondo sulla base della fraternità e della condivisione.

Ogni “potere” costruisce la sua politica e la sua etica… è nel DNA della e per la “conservazione” del potere stesso.

L’unica difesa e correzione possibile viene da una società di uomini liberi, che vivono ed esercitano le loro mansioni, compresi i rapporti con il potere, nella piena libertà, possibile solo se v’è il riconoscimento del primato della coscienza senza condizioni.

Ciò non toglie che nell’interno di una società, sia essa religiosa, sociale o politica, si costituiscano delle regole obbligatorie, valide per i suoi aderenti… l’ultima parola, però, deve essere sempre lasciata alla coscienza.

Il tema della laicità, il dibattito sui suoi valori, così vitali per la vita democratica, essenza di un reale Stato di diritto, non sono, o lo sono raramente, argomenti che i partiti toccano in campagna elettorale…

Non è una questione di interesse generale… chi mai può ritenerla importante? Si vogliono proposte che riguardino il lavoro, la sicurezza, le tasse, le pensioni, l’immigrazione, il futuro… è di difficile comprensione per chi è chiamato a votare, un discorso che appare inutile nella crisi attuale, ci sono problemi ben più importanti!

Inoltre, e forse soprattutto, parlando di laicità si rischia di toccare un tema “sensibile” che “disturba” uno dei poteri più forti: il potere religioso… il che vuol dire “confonde” le coscienze e mina il potere sulle coscienze…

Eppure è un argomento essenziale che sta a fondamento di ogni altra tematica – etica, sociale, politica, culturale, economica… – e del modo stesso in cui ognuna viene affrontata.

Una democrazia vera non può non avere alla base, come teoria e come strumento di azione, la laicità, che determina il “comportamento” di una persona, di un popolo, di una nazione, dei rapporti tra i popoli… quindi tocca i temi della libertà, del dialogo, della pace, dell’uguaglianza… temi universali, denominatore comune per l’umanità intera.

Una cultura della laicità è un bisogno imprescindibile per la vita democratica.

Dico cultura e non civiltà, perché la civiltà è un concetto più ristretto, è formata da un complesso di valori che vengono dalle varie storie e visioni della vita, ma la democrazia pone le radici nella dimensione umana, nella sua “universalità” espressa in peculiarità e diversità specifiche che completano e arricchiscono la ricerca comune.

V’è poi una constatazione da fare sulla storia del nostro paese.

Facciamo parte di una civiltà democratica dopo un percorso tardivo e deficitario, sia in senso storico che culturale e civile.

Esiste nella società civile-politica italiana un enorme deficit di laicità, basta un confronto con altri paesi europei dove, pur nelle inevitabili contraddizioni e contrasti, i valori laici rappresentano il nucleo centrale e la base dello sviluppo e della convivenza.

È un problema non solo politico, da gestire via via con compromessi vari, è un deficit di formazione culturale-educativa della coscienza singola e collettiva… È il frutto amaro della storia italiana nei secoli.

All’assenza di una vera “cultura laica” hanno contribuito, anche nel dopoguerra, non solo il pensiero cattolico, ma pure gran parte dell’ideologia di sinistra.

S’impone un interrogativo: è possibile in una nazione condizionata da un pensiero unico dogmatico, da un magistero “infallibile”, determinante com’è quello cattolico nella società e nella politica, la realizzazione di una democrazia come si è andata costruendo nel mondo occidentale dal 1600-1700, al tempo dei “lumi”?

Alla base di un sistema democratico deve esserci una “ragione-coscienza democratica” che non si esaurisce nell’espressione di un voto elettorale ma in una “libera convivenza”, in un sistema di rapporti frutto di una comune consapevolezza che si dipana e costruisce all’interno di una società pluralista.

I suoi fondamenti culturali vanno ricercati in una laicità piena, non condizionata da principi “estranei”, che non profumino né d’incenso né di irrazionale anti-religiosità.

Laicità, essenziale alla vita personale e alla storia, è il riconoscimento del diritto di uno spazio autonomo della ragione e della coscienza umana di fronte a qualsiasi pressione esterna, come dogmi religiosi, ideologie o principi assoluti sia ideologici che fideistici…; sul piano culturale-storico-politico è porre al centro l’uomo/donna… come principio e fine della “costruzione storica” nel suo complesso… nessuna “divinità” (di qualsiasi tipo sia) deve prendere il suo posto, tutto deve essere messo al “servizio dell’uomo”.

E non esclude altri valori che possono arricchire la sua comprensione, come la fede religiosa e l’adesione a principi morali e giuridici che formano e aiutano a creare un’etica di comportamento individuale. Questi principi sono necessari per creare una convivenza sociale e uno stile di vita e di civiltà, ricco di storia e di cultura.

Anche il Concilio Vaticano II rivendica il primato della coscienza, ma quando si passa dalla concettualità alla pratica politico-etica vi sono eccezioni di vario tipo, con motivazioni morali, ideologiche, fideistiche.

La Chiesa, di fatto, ha faticato (e fatica) ad accettare l’idea di democrazia. Una visione laica può dare ad ogni Chiesa, e in particolare alla Chiesa cattolica, il pieno diritto di cittadinanza nella società di oggi e l’ingresso in una concezione democratica.

Se avremo cristiani coscienti, maturi e adulti, capaci di dubbio e di critica, che pongono la loro fede non in un’autorità, ma nella conoscenza e riflessione dell’annuncio cristiano, avremo più cittadini maturi e adulti capaci di costruire una società pluralista e interculturale.

Allora non ci saranno al potere rappresentanti che prendono decisioni non nel rispetto delle regole di uno Stato di diritto, delle esigenze di una società laica e pluralista, ma in base a un potere religioso, fondato sull’autorità dogmatica, che si impone nel loro comportamento anche nell’esercizio del mandato politico.

Questi sono danni profondi inflitti alla società civile e finiscono per nuocere ai valori di libertà e giustizia, favorendo sempre chi, per potere o denaro, della legge nulla importa, ma vuol solo difendere privilegi e potere.

La fede condizionata da dogmi e canoni non può essere fonte e giudizio di regole politico-morali che condizionano l’esercizio del potere di chi rappresenta – dovrebbe rappresentare – le esigenze di un popolo dove esistono differenze di ogni tipo e, soprattutto, garantire un “bene comune” realizzabile solo nel rispetto delle diverse concezioni di vita e nella risposta a richieste di giustizia, equità e pari opportunità.

Ogni credente cristiano-cattolico deve saper scegliere secondo gli insegnamenti che formano la sua coscienza, così come un non credente o non cattolico deve poter scegliere secondo i suoi principi, nel rispetto delle scelte altrui.

Chi ha una fede, cattolica o no, e affida il proprio comportamento etico alle leggi, al potere, alle minacce di un ipotetico castigo, mostra un’evidente debolezza di fede.

La coscienza, forte di ogni libera scelta e responsabilità, non può mai essere messa sotto tutela, sarebbe distruggere il primato della critica, del dubbio, della libertà di scelta che sono i valori del suo primato su ogni vincolo, dogma, istituzione.

Si pone un Dio, come centralità e come fine del percorso umano, del suo travaglio, di un’ipotetica etica universale, ma quale “dio”? Ogni “vero” credente risponde: “il mio”! E allora la fede, cieca, senza ragione, s’impone come la bussola di ogni azione politica e morale.

È così inesorabile la conseguenza del confessionalismo e fondamentalismo per l’affermazione e la difesa del “proprio dio”, dei suoi diritti, del suo potere. A lui si vendono la ragione e la coscienza, il presente e il futuro, il prima, il durante e il dopo della propria e dell’universale storia.

La centralità dell’uomo, la sua dignità, i suoi diritti creano una convivenza sociale dove ogni essere umano – e ciò vale per ogni mondo – trova il suo habitat, la sua realizzazione piena, compresa la sua dimensione spirituale.

La laicità così intesa dà spazio all’accoglienza di un messaggio religioso, diverso e pluralista, senza negare la dignità di ogni uomo e il diritto alla realizzazione della propria personalità in piena armonia con il diritto alla “vita” di ogni essere.

Ogni assolutismo religioso crea muro contro muro… tante sono le religioni, altrettante sono le “certezze” da difendere e da “universalizzare” contro religiosità diverse. Entra così nelle coscienze un’esigenza e un dovere messianico.

Ogni religione, per i suoi seguaci, diventa necessaria, indispensabile per tutta l’umanità e va dunque “imposta” ad ogni costo.

La costruzione dello spazio della ragione, dove ogni uomo pone il suo diritto a esistere e vivere, è necessario all’universale convivenza per quel pluralismo di idee, di civiltà, di confessioni religiose, di esperienze spirituali e concrete che fanno parte della storia di ogni uomo e di ogni popolo.

Così si costruisce quell’armonia e diversità che è la ricchezza dell’universo-mondo dell’umanità.

La laicità è, quindi, un valore indispensabile pure alla e nella Chiesa cattolica, come in qualsiasi istituzione costituita e articolata su un credo religioso; in una Chiesa strutturata in modo gerarchico, appare come spazio necessario alla piena libertà del singolo credente, di una comunità, di interi popoli.

L’accettazione di un credo, di un’etica conseguente o di una politica, intesa come partecipazione alla vita civile e sociale, esige una totale adesione libera della coscienza.

E ciò non solo per il libero esercizio della ragione individuale, ma pure per la responsabilità che ogni credente si assume attraverso l’adesione a un tipo di fede.

Del resto anche per chi crede in un “giudizio divino” sarà difficile pensare a un verdetto che passa sopra la responsabilità della propria coscienza.

Nel concilio tridentino e in tutta la dottrina cattolica si sottolinea la necessaria libera volontà nel merito e nella colpa.

Da qui il rispetto dei diritti della persona umana, di ogni genere e cultura, senza timori e minacce di inquisizioni.

La storia di ogni Chiesa, e pure della Chiesa di Roma, è carica di questi drammi di sopruso e persecuzione della libertà di pensiero e coscienza personale, non certo cancellata da pentimenti tardivi di secoli.

La cronaca odierna è piena di questa “violenza” compiuta in nome dell’ortodossia contro la libera ragione, la coscienza personale e di comunità intere.

La laicità pone in modo chiaro il primato della persona e la fede religiosa come una proposta che non viola il diritto di discernere, criticare e vivere in libertà di dialogo con se stessi e con la storia di ieri e di oggi e toglie quel dogmatismo di un Assoluto che si oppone a un altro Assoluto, rendendo impossibile ogni dialogo e ogni convivenza.

La laicità introduce il valore del dubbio sulla capacità umana di cogliere in pienezza e con sicurezza la verità del proprio Dio… un dubbio, e può essere anche tormento, che dona la capacità di vedere in positivo una verità religiosa diversa e introduce un sano relativismo che non nega la propria fede, ma permette di cogliere ciò che di prezioso v’è in altre dimensioni religiose; rappresenta, così, un valido strumento per comprendere la preziosità del pluralismo.

E il pluralismo, sia esso di religione, cultura, tradizioni…, è la storia dell’umanità, da dove è venuto il progresso e si sono formate le civiltà a cui ogni religione può dare il proprio contributo nella convivenza, nel confronto e nel dialogo.

La laicità denuncia ogni tentativo di imporre una “conversione” al “proprio Dio”, il “dio vero”, naturalmente. Nella storia si ricorre ad ogni mezzo: l’inquisizione non risale poi a tempi tanto remoti e le numerose condanne per “eresia” ne sono la veste attuale. Tutto assolutamente contrario al messaggio evangelico, la fonte della fede cristiana.

Niente è più lontano dal mandato di Gesù di annunciare a tutti gli uomini la buona novella… non esiste in nessuna sua parola il senso dell’imposizione, lascia piena libertà di accoglienza che apre alla ricchezza di un dialogo e confronto a tutto campo.

I “missionari” del Nuovo Mondo, estranei ad una pur minima cultura laica, lasciarono in secondo piano la croce e presero la spada, nell’assoluto disprezzo di quegli indigeni che, per loro, non avevano nemmeno l’anima, quindi esseri senza nessun diritto, nemmeno quello della vita.

La laicità libera l’invito di Gesù da ogni imposizione e diviene, anche per chi non crede, arricchimento reciproco nel rispetto di ogni fede, civiltà, cultura e si pone come proposta di lettura e di costruzione del proprio tempo, che non lede nessuna specifica storia, ma invita a partecipare a “un’altra storia” per costruire un mondo dove si incarnano, in una reciproca e profonda “contaminazione”, i valori universali di verità, giustizia, libertà… ciò di cui ha bisogno l’umanità di tutti i tempi e di tutti i luoghi.

Certo, la laicità non rende più facile la presenza nella storia e nel proprio tempo perché non offre soluzioni precostituite e sicure, pone piuttosto “domande” alle quali è difficile rispondere, suscita più dubbi che certezze, mette allo scoperto quanto si tenta di “nascondere nelle tenebre”, è più cammino verso un orizzonte che non si lascia raggiungere che il riposo in una qualche oasi…

È senz’altro più semplice la strada per chi trova in formule religiose o ideologiche tutte le risposte… però, parafrasando Voltaire, “si deve giudicare un pensiero, un valore, un sogno più dalle domande che pone che dalle risposte che offre”.