Dichiarazione dei diritti in Italia di M.Vigli

Marcello Vigli
www.italialaica.it

Sono ormai passati settanta anni da quando l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato e proclamato la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, ma è ancora ben lungi dall’essere attuata nella sua interezza. Né solo perché gli abitanti del pianeta sono più che triplicati, ma perché tali diritti erano stati definiti da un’assemblea di bianchi, per di più cristiani. Non poteva valere per le donne mussulmane né per gli indigeni del subcontinente americano, in verità neppure per gli europei sovietizzati e per i cinesi avviati al maoismo, ma sembrò una legittima e doverosa negazione del razzismo nazifascista.

Resta, inoltre, una pagina significativa per creare una chiara connotazione atta a riconoscere la civiltà di un popolo e dei suoi membri soprattutto perché l’Assemblea, che l’aveva approvata, diede istruzioni al Segretario Generale di provvedere a diffondere ampiamente questa Dichiarazione e, a tal fine, di pubblicarne e distribuirne il testo non soltanto nelle cinque lingue ufficiali dell’Organizzazione internazionale, ma anche in quante altre lingue fosse possibile usando ogni mezzo a sua disposizione.

Si voleva diffondere la consapevolezza che tali diritti costituiscono l’ideale comune da raggiungere da tutti i popoli e da tutte le nazioni affinché tutti gli individui e tutti gli organi della società, tenendo sempre presente allo spirito tale dichiarazione, si sforzino, attraverso l’insegnamento e l’educazione, di sviluppare il rispetto di tali diritti e libertà e di assicurarne, attraverso misure progressive di ordine nazionale e internazionale, il riconoscimento e la applicazione universale ed effettiva, sia fra le popolazioni degli Stati-Membri stessi, sia fra quelle dei territori riposti sotto la loro giurisdizione.

Un ideale comune da raggiungere da tutti i popoli sta a significare che la dichiarazione dei diritti coincide con la dichiarazione di un comune impegno a costruire uguaglianza, in aperta contraddizione con la realtà. Questo impegno c’è infatti, ma non di tutti, così che ancora oggi fra i popoli e fra gli individui permangono le vecchie differenze pur se intrecciate con nuove uguaglianze.

Innegabile quindi che la lotta per l’uguaglianza è ancora tutta da combattere, né solo per conquistarla, dove manca, ma anche per riaffermarla e conservarla dove già c’è. Una lotta da combattere su diversi fronti, non ultimi l’insegnamento e l’educazione, rendendosi disponibili anche ad alleanze con forze, pur se non del tutto affidabili, fortemente impegnate contro quelli che, discriminando gli immigrati, ne contrastano uno dei caposaldi: la universalità.

Fra queste non si possono certo inserire i partiti oggi al governo in Italia che, dopo averne riconosciuto il valore e l’importanza, hanno disertato la conferenza di Marrakech organizzata dall’Onu per promuovere un patto globale per una migrazione sicura, ordinata e regolare. L’iter per sviluppare il patto, cominciato ad aprile 2017 con l’elaborazione del documento Global Compact per la migrazione sicura, ordinata e regolare, si è concluso in questi giorni con la sua approvazione da parte delle nazioni presenti a Marrakech, assente l’Italia, il cui governo è molto impegnato a perseguitare i migranti che cercano una migliore condizione di vita

Fra le forze disponibili a contrastare questa persecuzione oggi in Italia sembra candidarsi la Cei, decisa ad opporsi, magari riesumando un impegno politico per i cattolici, all’avanzata dei salviniani, fautori di un prima, che in verità è un solo, gli italiani.

Sembra ri-emergere il fantasma di un “partito cattolico”.

In verità, l’obiettivo perseguito dalla Cei di Bassetti è il rafforzamento della presenza della solidarietà cristiana in politica, attualmente garantita solo dai movimenti impegnati a promuoverla nella società all’interno di una diffusa mobilitazione a sostegno dei diritti delle persone e di una politica inclusiva verso i più deboli, i rifugiati e i migranti, in assenza, invece, di un dialogo con i gialloverdi, impossibile nonostante le dichiarazioni e le manifestazioni “cattoliche” di Conte e di Salvini,

Queste spinte dal basso non trovano, però, una forza politica organizzata in grado di costituire in Parlamento un significativo soggetto in grado di opporsi al salvinismo avanzante, non solo per l’ancora incerta sorte di questo progetto “cattolico”, ma anche e soprattutto per le incerte dinamiche che stanno accompagnando l’avvio del congresso del Partito democratico.