Lettera al card. Ravasi a proposito della costruzione di una chiesa dedicata a san Giovanni Paolo II di S.Toppi

A S. E. Card. Gianfranco Ravasi
Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura
via della Conciliazione, 5
00120 Città del Vaticano – Roma

Eminenza,

siamo un gruppo di cittadini romani che desiderano conoscere il Suo parere di uomo di cultura su una questione che ci sta a cuore anche come cristiani che cercano di vivere la loro fede in un luogo marginale della città.

Abbiamo recentemente appreso che nello spazio urbano, già occupato dai “Mercati generali” della città, dovrebbe sorgere una nuova chiesa dedicata a Giovanni Paolo II.

Quest’area si trova in un quadrante della città densamente abitato e caratterizzato già dalla presenza di molti edifici di culto, primo fra tutti, la Basilica di san Paolo fuori le mura. In relazione a questa situazione noi, e non solo noi, ci facciamo alcune domande.

Sappiamo dai dati di un recente convegno internazionale, promosso proprio dal Suo dicastero, che a Roma (ma non è un caso isolato) ci sono già circa trenta chiese dismesse su un totale di ben novecento e come questo numero sia destinato ad aumentare tanto che la domanda che ci si è posti verte su un loro riuso compatibile con l’originaria destinazione d’uso. Sappiamo che il quartiere dove dovrebbe sorgere il nuovo edificio di culto è carente di spazi verdi al servizio dei cittadini e che è coinvolto nella espansione della Terza Università di Roma.

Ci chiediamo: perché non realizzare, al posto della costruzione ipotizzata, un parco dedicato a papa Wojtyla che, al suo interno, possa anche ospitare una struttura leggera sul modello di quella realizzata da Norman Foster nell’ambito del padiglione della Santa Sede alla biennale di architettura di Venezia?

Questo avrebbe un’”impronta ecologica” assai meno pesante e si presterebbe ad essere usato come “spazio di spiritualità”, non confessionalmente caratterizzato, anche da credenti di altre fedi e anche da non credenti come luogo in cui coltivare la propria spiritualità.

Pensiamo a questo uso sia per la presenza, nell’ambito universitario, di studenti provenienti da molti paesi del mondo e che non hanno oggi un’occasione di questo tipo in tutto l’ambito metropolitano, sia per caratterizzare la città come luogo capace di dare un segno di accoglienza e di non discriminazione.

Questo “servizio” allineerebbe Roma con altri luoghi del pianeta in cui l’impronta confessionale delle religioni si ritrae e si fa vuoto e “silenzio” per interrogare nel profondo ogni uomo e ogni donna.

Perché, infine, se si vuole che la memoria di Giovanni Paolo II sia affidata ad una realizzazione più impegnativa, non si pensa alla ristrutturazione di uno degli immobili dismessi di cui si è parlato nel convegno prima citato, per offrire una stabile residenza civile ad una parte almeno degli oltre quindicimila “senza casa” che vivono dimenticati nelle pieghe più nascoste della città metropolitana?

Confidiamo nella Sua attenzione per una risposta a queste osservazioni e per successive azioni coerenti con la Sua sensibilità e con le nostre preoccupazioni.

Per la Comunità cristiana di san Paolo in Roma
Stefano Toppi

Via Ostiense, 152/B – 00154 – Roma