Così vediamo il nostro prossimo convegno di CdB San Paolo

Premessa

Questa proposta parte da quanto discusso nell’ultimo incontro di collegamento del 9-10 gennaio a Torino e mette insieme varie proposte, inserendole in una cornice unica. Non è il tentativo di forzare in un convegno argomenti diversi, inzeppandoceli tutti. Tutt’altro. Siamo proprio convinti/e che varie proposte emerse (anche se non tutte) possano utilmente comporre un quadro interessante.

La cornice che vorremmo dare al tutto parte dall’oggi, dalla situazione politica che stiamo vivendo e dall’uso strumentale e funzionale al potere dell’immaginario di Dio, proprio dei poteri religiosi e politici di tutti i tempi. Crediamo sia importante rimanere nel nostro specifico di comunità cristiane, e, partendo proprio da questo specifico, trovare le parole ed i modi per elaborare e far arrivare un messaggio che scardini dalle radici i tentativi in atto di utilizzare Dio e i simboli religiosi per avere consensi elettorali. Siamo noi, forse tra i pochi, a poter dare un contributo “di qualità” su questo. E allora ci tocca! E ci tocca farlo ora: tutti/e ne vediamo l’urgenza. È un messaggio di speranza che vogliamo dare a noi stessi e a chi vive con paura e sconcerto questa fase storica.

Non sono riportati qui i testi completi delle varie proposte fatte dalle comunità, per i quali si rimanda al verbale dell’ultimo coordinamento e alla successiva corrispondenza intercorsa. Qui i vari discorsi sono solo accennati, con l’unico scopo di dimostrare come possano essere combinati e ricondotti, magari con qualche limatura, in un unico argomento, articolato su più punti.

Il potere e l’immaginario di Dio. Perché parlarne oggi?

I poteri politici e religiosi di tutti i tempi hanno sempre usato l’immagine e il nome di Dio per i propri scopi. È così che le SS compivano i loro stermini portando sul cinturone la scritta Gott mit uns (Dio è con noi). È così che il nome di Dio e la croce di Gesù sono stati usati nelle crociate per giustificare le “guerre sante”.

Anche ai nostri giorni abbiamo visto politici usare simboli religiosi, citare versetti del Vangelo, tralasciandone altri, per avere ritorni in termini di consenso elettorale, mentre chiudevano i porti per tenere lontani dalle nostre coste i diseredati e le diseredate della terra.

Impossessarsi dell’immagine e del nome di Dio è dunque funzionale al potere.

I due comandamenti che troviamo nel libro dell’Esodo, non fare immagini di Dio e non nominare il nome di Dio (scorrettamente), mettono proprio in guardia contro questo peccato: impossessarsi di Dio, impossessandosi del suo nome e della sua immagine, per coprire nefandezze, violenze, ingiustizie, attribuendole al suo volere.

L’immaginario che abbiamo di Dio può influenzare il nostro sguardo sul mondo e sugli altri, ci può spingere a compiere delle azioni e non altre. È per questo che il potere lo ha sempre usato e modellato per farne uno strumento di controllo e sottomissione. Senza però mai riuscirci completamente. Basti pensare a come, in un periodo buio della storia e della chiesa, immersa nel peccato e nel tradimento del Vangelo, operò Francesco d’Assisi. Il suo immaginario di Dio liberante, come lo è quello che emerge dal libro dell’esodo, e di un Dio misericordioso, come il Padre di cui parla Gesù, lo portò su tutt’altra strada.

L’immaginario di Dio non ha quindi solo una rilevanza spirituale, è anche politicamente rilevante: nel senso che parlare di questo è parlare di fede, ma anche di come la fede influenza il nostro agire nella società.

Dunque parlare di Dio, parlare di immaginario di Dio e dell’uso che il potere ne fa non è cosa di altri tempi, né per addetti ai lavori. Ci riguarda tutti e tutte da vicino.

Gesù sequestrato dal potere religioso
(argomento proposto dalla CdB Viottoli, testo integrale nel verbale collegamento)

L’immaginario di Dio che aveva Gesù lo ha portato sulla strada rischiosa della condivisione con gli ultimi e le ultime e ad annunciare loro il regno di Dio. Per questo lo hanno condannato a morte e la causa della sua condanna, come spiega Barbaglio nel suo libro Gesù ebreo di Galilea, era politica.

Il sequestro di Gesù da parte delle gerarchie religiose impedisce agli uomini e alle donne di oggi di prenderlo a riferimento ed ha ridotto Gesù e la sua croce al “rango” di armi contro chi è ritenuto invadere e insidiare la sedicente civiltà cristiana, lui che ha dedicato la propria vita a praticare e a predicare relazioni di amore, rispetto, condivisione e solidarietà tra tutte le creature. Pratiche e insegnamenti da riscoprire e fare nostri.

Come dire Dio oggi

(argomento proposto dalle CdB di Pinerolo Via Città di Gap e di Piossasco, integrato con quanto proposto da Paolo Ferrari, testi integrali nel verbale collegamento)

Si tratta di trovare il linguaggio, le parole per dire Dio oggi, per parlare agli uomini e alle donne del nostro tempo. Non è facile. Richiede un approfondimento su più punti:

1. Quello che abbiamo lasciato e dobbiamo lasciare cadere
Si tratta di un capitolo importante e di un fardello ingombrante di cui liberarci, facendo i conti con le nostre paure e nel rispetto degli immaginari di quelle persone per le quali un’operazione non sufficientemente attenta potrebbe essere fraintesa come cancellazione della fede stessa. Non si tratta di fare il vuoto ma di documentare la storicità dei linguaggi, dei riti e delle dottrine per evidenziare che la fedeltà alla storia e la fedeltà alla tradizione esigono questo andare oltre.

2. Quello che rimane come fondamento
La nostra tradizione cristiana non è tutta e sempre un fardello da deporre. Nei secoli sono nate, fiorite con grande fecondità esperienze in cui l’adorazione di Dio e l’impegno per la giustizia hanno camminato insieme. Lo studio e la meditazione della Parola, la preghiera, la celebrazione eucaristica sono ancora i momenti centrali della nostra fede e crediamo che siano alimento vitale per la sua crescita, ma rappresentano anche momenti, occasioni che hanno una potenzialità enorme e racchiudono un’offerta di senso capace di generare uomini e donne nuovi. Questo lungo periodo di crisi può generare nuovi percorsi di liberazione, senza rinunciare al Dio di Abramo e di Sara, di Mosè e di Miriam, crediamo che le mille possibili sfaccettature che la Bibbia ci rivela possano essere le fondamenta sicure per esplorare nuovi cammini, è un tempo opportuno per rigenerare le nostre esperienze religiose.

3. Quello che dobbiamo inventare
Una fede viva presuppone per se stessa la esclusione del destino della ripetizione dei linguaggi, dei riti e delle strutture. Mummificare i linguaggi, i riti, le funzioni ministeriali significa sostanzialmente rendere inaccessibile agli uomini e alle donne di oggi l’esperienza cristiana. Questo orizzonte esige il coraggio della disobbedienza e l’audacia di inoltrarci nell’inedito. È urgente dissotterrare e far emergere quell’oceano vitale e molto mosso delle ricerche bibliche, teologiche, cristologiche, dogmatiche. Esistono percorsi di donne, omosessuali, transessuali… che hanno superato l’ideologia del modello unico, basato su strutture patriarcali e sacrali, che sollecitano la libertà dei figli e delle figlie di Dio.

Ben si presta l’argomento ad integrare parte delle osservazioni riportate nell’articolo di Paolo Cugini (proposta di Paolo Ferrari), che analizza l’incapacità dell’istituzione ecclesiale di capire il cambiamento in atto e vede nei piccoli gruppi, più che nelle cattedrali, il futuro del cristianesimo: “Considero un bellissimo dono del Signore la possibilità di poter vivere in quest’epoca di cambiamento epocale, perché i cristiani avranno la possibilità di vivere il Vangelo in un modo più autentico e profondo rispetto a prima… noi, cristiani, avremo modo di sperimentare la bellezza della vita evangelica rimanendo sotto i riflettori dello sguardo amoroso del Padre”.

Osservazioni finali

La sequenza proposta ci sembra dimostrare la compatibilità e complementarietà dei vari argomenti e nello stesso tempo pensiamo abbia il merito di sottolinearne l’attualità, calandoli nell’oggi e nella situazione politica che stiamo vivendo. Non si tratta quindi di proporre uno studio a sé stante ma di calarlo nell’oggi, sottolineando e rendendo esplicita la valenza politica che tali argomenti hanno, troppo spesso non capita dalla stragrande maggioranza delle persone e ignorata da coloro che ritengono di poter liquidare il problema e tirarsene fuori, ritenendosi agnostici, atei, o comunque non interessati.

Questa impostazione ci sembra tra l’altro rispondere alla proposta del Cassano di parlare di fede e politica. Inoltre il tema della disobbedienza, emerso da più parti, trova senz’altro spazio.

La proposta NON integra altri argomenti emersi nell’ultimo incontro, e in particolare il tema dell’ecologia e quello relativo alla deriva regionalistica del sistema scolastico, per i quali è stato detto che altri sono più competenti di noi per trattarli.