Le CdB nella storia, tra Vangelo e Costituzione di C.Mattiello e V.Gigante

Cristina Mattiello e Valerio Gigante
Adista Notizie n° 40 del 23/11/2019

Più di cento partecipanti nello scenario bellissimo (nonostante il maltempo) di Vico Equense: il 38° Incontro nazionale delle Comunità di Base vede il movimento ancora vitale e – come indicava il titolo “Vangelo e Costituzione oggi. Credenti disobbedienti nella Chiesa e nella società” – convinto di un’identità che ha saputo attraversare decenni di cambiamenti radicali della società italiana, testimoniando i suoi valori ecclesiali e politici. Un movimento schierato per la giustizia sociale ed economica e per la difesa degli ultimi, e caratterizzato da un forte attivismo sul campo, ma che oggi si trova per la prima volta alle prese con un dilemma inaspettato: la deriva di intolleranza e violenza che ha polarizzato le posizioni nella politica e nella società ha fatto emergere nella Chiesa istituzionale da una parte aperture fino a poco fa inimmaginabili, soprattutto sui temi sociali, dall’altra irrigidimenti identitari e dottrinali. Il pontificato di Francesco in questo quadro appare a molti nelle CdB come un segno di speranza, mentre una parte del movimento ne sottolinea le reticenze o addirittura le ambiguità. Questa dialettica ha caratterizzato anche le relazioni introduttive e creato un dibattito molto articolato, accolto senza arrivare mai a fratture.

Una grande diversità di approcci del resto è stata anche evidenziata per quanto riguarda il movimento a livello europeo. Il cui coordinamento, rappresentato a Vico Equense da Massimiliano Tosato, sta cercando in questa fase di avviare un lavoro di archivio storico e ha lanciato un sondaggio per fare il punto sul vissuto attuale, sulle esperienze da “valorizzare”, sulle “eredità spirituali” da lasciare alle nuove generazioni.

Per la prima volta nella storia delle CdB italiane, il vescovo locale è voluto intervenire per un saluto ai partecipanti. Si tratta di mons. Franco Alfano, vescovo di Sorrento e Castellammare di Stabia. Mons. Alfano ha sottolineato che la sua presenza ed il suo saluto non erano solo a titolo personale, ma in rappresentanza di tutta la comunità diocesana. Pur riconoscendo un sentire diverso rispetto al movimento delle CdB ha espresso la necessità di tenere aperto il dialogo, nella prospettiva di abbattere i muri del passato ed avviare un processo di riconciliazione.

Il Sinodo del camminare insieme

Poi un po’ di terra, sia “pulita” che contaminata in seguito allo sfruttamento industriale, e un po’ di acqua dei fiumi della Panamazzonia, da toccare “con delicatezza”, sono stati fatti girare per la sala mentre parlava Maria Soave Buscemi, missionaria laica e biblista, dell’équipe teologica che ha partecipato al recente Sinodo sull’Amazzonia e sul quale ha intrattenuto i partecipanti.

Buscemi ha descritto il percorso sinodale di preparazione, fondato sull’ascolto: 30 domande diffuse capillarmente in tutte le comunità, per un totale di più di 300 assemblee e 85.000 risposte, elaborate in un lavoro immenso di tabulazione. Ne è emerso «un grande grido» per il territorio, che è la «terra di cui siamo fatti», sottoposto in questa fase a una violenza senza precedenti. Poi ha messo l’accento sulla richiesta impellente che la Chiesa apra sul tema dei ministeri: ci sono comunità che vedono un presbitero una volta l’anno o più raramente (durante il Sinodo il vicario apostolico di Pando, in Uruguay, mons. Eugenio Coter, di origine bergamasca, ha riferito di aver visitato una comunità che non vedeva un prete da ben 18 anni) e chiedono che chi anima di fatto la comunità – in moltissimi casi, donne! – venga formalmente riconosciuto.

Soave Buscemi, al di là del “risultato” finale (il Documento approvato dai sinodali) che indica, sia pure in modo mediato rispetto al lavoro dei gruppi, la necessità di cammini di “conversione”, ha sottolineato l’importanza e la bellezza del percorso compiuto. «Abbiamo imparato ad ascoltare», ha detto, riferendosi anche si tanti atteggiamenti di resistenza (anche prepotente) della Curia – sia nei circoli linguistici, sia in assemblea – alle novità che emergevano dal dibattito. Nonostante la compressioni dei tempi degli interventi (il segretario generale dei Sinodo Baldisseri ha imposto non più di 4 minuti a testa); nonostante il rifiuto (che ha comportato addirittura la necessità di rifare la votazione) di avallare l’elezione di Erwin Kräutler, vescovo emerito di Xingu, tra i 4 membri della Commissione per l’elaborazione del Documento finale del Sinodo; nonstante la bozza di documento finale sia stata calata dall’alto, comportando in soli 2 giorni l’elaborazione di circa mille emendamenti, per Soave il risultato del Sinodo è stato importante: con l’obbedienza, ma anche con gli strumenti di partecipazione offerti dal Sinodo, si è giunti, secondo Buscemi, ad un risultato significativo di dialogo, condivisione e cammino comune.

Il sottile crinale tra legge e giustizia sociale

La dialettica spesso conflittuale legalità/cambiamento è stata ripercorsa storicamente nei suoi aspetti economici da Tonino Perna (dicente di Sociologia Economica presso l’Università degli studi di Messina), che ha sottolineato come, da Berlusconi in poi, a sinistra la legalità sia stata considerata un valore in sé, mentre prima erano la giustizia sociale e la necessità di un cambiamento di sistema a essere considerati valori al di sopra della legalità stessa (che poteva essere anche utilizzata dalle classi dominanti come strumento di conservazione e non di perequazione). Perna, con un focus sul Mezzogiorno, ha evidenziato i contrasti che possono sorgere tra legge e giustizia sociale, e ha descritto le nuove problematiche introdotte dalla crisi ambientale, ma anche dalle diseguaglianze territoriali all’interno del Paese. Facendo anche esempi di come territori in gravissima crisi, siano rinati grazie a politiche che hanno favorito l’inclusione. A parte Riace, la Calabria conta molti esempi virtuosi di integrazione riuscita. Uno è Sant’Alessio in Aspromonte, un paese in provincia di Reggio Calabria che conta circa 300 abitanti e dove esiste un modello “sostenibile” di accoglienza dei migranti che l’amministrazione comunale sta portando avanti dal 2013: per ogni singolo migrante c’è un progetto personalizzato di integrazione. O Acquaformosa in provincia di Cosenza; o Badolato in provincia di Catanzaro.

Ribellarsi per tornare umani

Anche Marco Deriu (delle associazioni “per la Decrescita” e “Maschile plurale, del Circolo della differenza di Parma, nella cui università insegna discipline sociologiche) ha parlato del bisogno di «ritrovare una presenza disobbedendo agli idoli del nostro tempo»: nell’era dell’Antropocene occorre riprendere i nodi con cui ci dobbiamo confrontare – «responsabilità e angoscia, potere e impotenza, orgoglio e umiltà, libertà e limite» – per ritrovare un nuovo senso all’impegno politico e spirituale. Deriu ha più volte citato il pensiero del filosofo tedesco Günther Anders. Per lui la tecnica non si configura più come un oggetto al servizio dell’uomo, ma è l’uomo stesso che si è progressivamente e inconsapevolmente sottomesso alla tecnica, fono a porre le condizioni per produrre la propria autodistruzione. In particolare, secondo il filosodo, risulterebbe compromessa la facoltà dell’immaginazione, ossia l’abilità di prevedere le conseguenze derivanti dell’uso dei prodotti creati. Forse non è diminuita; ma sono aumentati i compiti cui il nostro sentrie è chiamato a rispondere a causa della maggiore complessità del reale. Di fronte a questo scenario l’uomo risulta del tutto inadeguato a confrontarsi con la complessa realtà contemporanea. E per recuperare il suo protagonismo deve attuare strategie di ribellione al sistema.

Sullo tema “donne” è invece tornata Paola Cavallari, teologa e animatrice dell’Osservatorio interreligioso sulla violenza contro le donne, che ha parlato del fondamentale lavoro di monitoraggio del nuovo gruppo di lavoro, concentrandosi soprattutto sui temi della prostituzione e delle vittime di tratta, evidenziando che anche nel primo caso le donne subiscono violenza e devono essere supportate.

Ribellarsi per essere Chiesa 

Antonietta Potente, religiosa domenicana e teologa morale, ha dato profondità teologica al tema del convegno: «Obbedienza e disobbedienza, due parole avvolte nei lunghissimi veli della storia passata e presente», ha detto, «ambedue usate e abusate per esercitare il potere, per costruire le masse, ignoranti e distratte, e nascondere la coscienza di soggetti maturi». Obbedienza e disobbedienza sono, due atteggiamenti «non separabili», che «sorgono dopo la discesa profonda alla coscienza». E che oggi si inseriscono in una «tragicità sottesa perché anestetizzata da miti di progresso, fallace ripresa economica, soluzioni tecnologiche e illusionismi spirituali, (…) fuoriuscita di violenza, umanità frammentaria e dispersa, popoli in fuga». In questo quadro però, per la teologa, la Chiesa resta espressione gerarchica, immutabile, profondamente lontana dallo spirito di condivisione e dello scambio comunitario delle CdB. Dello stesso Sinodo sull’Amazzonia Antonietta Potente ha evidenziato più le ombre – le donne che non hanno potuto votare, le reticenze del documento finale – che presunte valenze innovative. «Ci possiamo rallegrare – ha detto – di alcune piccoli cambiamenti, come le richieste al papa fatte dall’assemblea del sinodo per l’Amazzonia, ma è troppo poco». La disobbedienza al sistema, di cui c’è un bisogno impellente, non passa però per le vie della ragione: dobbiamo vedere e ascoltare le «tante domande che affiorano nella nostra esistenza», c’è bisogno della profondità che potrebbero dare soggetti che non vengono accettati – come le donne.

Il lavoro dei gruppi è stato come sempre occasione di incontro personale, scambio di informazioni, condivisione di esperienze. Ne è scaturito un “collage di pensieri” anche contrastanti (mentre invece unitaria è stata l’approvazione di un documento di solidarietà alla senatrice Liliana Segre) che è stato condiviso all’interno della celebrazione eucaristica conclusiva, coordinata dalla Comunità napoletana del Cassano. Costante e molto rilevante il dato della presenza attiva dei gruppi CdB sul territorio, anche con gruppi collaterali, mentre l’invecchiamento degli aderenti, senza un sostanziale ricambio generazionale, sembra ormai accettato più serenamente come dato di fatto. Il futuro è l’impegno presente, e la consapevolezza che i semi gettati in tanti anni stanno dando frutti per mille strade diverse. Ma è anche la memoria da preservare perché tutto resti vitale.