Abrogare il regime concordatario o almeno riformarlo di M.Vigli

E’ passato quasi un secolo da quel febbraio1929 quando il cardinale Pietro Gasparri e Benito Mussolini firmarono quelli che sono passati alla storia come Patti lateranensi, eppure c’è ancora continua a chiedere che vengano cancellati. Non lo chiedono solo i “soliti” laicisti anticlericali per rivendicare la laicità dello Stato, con loro sono schierati molti cattolici “conciliari” che si sentono legittimati dal rilancio messaggio conciliare per l’impegno di papa Francesco.

Quei Patti hanno introdotto in Italia il regime concordatario fra la Santa Sede e il governo fascista, che i Padri Costituenti hanno rafforzato nell’articolo 7 della Costituzione e che  il primo governo a guida socialista ha definitivamente legittimato nel regime democratico con l’Accordo di Villa Madama, resta viva, però, l’esigenza proporne l’abrogazione o almeno una sua radicale revisione coerentemente con il rilancio del processo conciliare favorito dalla presenza sul soglio pontificio di papa Francesco.

A questa esigenza si sono ispirate, fin dal loro costituirsi in movimento le Comunità cristiane di base, che hanno da sempre avanzato la richiesta alla Chiesa cattolica Italiana di rinunciare al privilegio concordatario pur proponendo che almeno ne venissero eliminate le conseguenze che creano maggiori violazioni nell’assetto democratico a cominciare dal sistema scolastico.

Nelle scuole di ogni ordine grado è previsto l’insegnamento della religione cattolica per di più impartito da docenti scelti dall’autorità ecclesiastica che il diritto all’esonero, per chi non desidera riceverlo, non cessa di essere un privilegio. La proposta di correggere l’anomalia, aggiungendo l’insegnamento delle altre religioni, aggraverebbe la caratterizzazione di Stato non laico.

Analoga esigenza di abrogazione vive nei confronti della presenza nelle Forze armate italiane dei cappellani militari: sacerdoti con le stellette e inquadrati in una propria relativa struttura costituita da organizzazioni castrensi, analoghe alle circoscrizioni ecclesiastiche, con statuti propri, assimilate a diocesi, con la possibilità di erigere un proprio seminario.  Il clero, in esso inquadrato risulta così arruolato nelle forze armate, i sacerdoti sono equiparati agli ufficiali con la relativa articolazione cha va dall’ ordinario militare, equivalente al grado di generale di corpo d’armata, al cappellano militare addetto equivalente al grado di tenente.

Ancor più significativa sarebbe l’eliminazione del sistema di finanziamento pubblico dell’istituzione ecclesiastica costituito dal diritto dei contribuenti di destinare alla chiesa l’otto per mille del reddito dichiarato. Per di più in questo sistema sussiste anche un troppo evidente abuso costituito dalla destinazione alla chiesa di una quota dell’otto per mille del gettito fiscale di chi non effettua tale scelta o di chi è esonerato dalla dichiarazione dei redditi. Esso, infatti, viene ripartito tra i soggetti beneficiari, in proporzione alle scelte espresse dei contribuenti, che ne hanno espresso, una e salvo rinuncia unilaterale dei medesimi, mediamente il 42%.

La stessa Corte dei Conti ha rilevato l’anomalia di questa ripartizione dei fondi non chiaramente destinati dai contribuenti, ma l’abuso resta, perché solo due, delle dodici confessioni destinatarie dell’otto per mille, hanno rifiutato di partecipare a tale ripartizione. Ovviamente la Chiesa cattolica à quella che trae maggiore vantaggio da questa anomalia che aumenta notevolmente il flusso di denaro ad essa destinato favorendo un suo rafforzamento economico senza precedenti, così consistente da garantire l’utilizzo di ingenti somme per finalità diverse che consente anche un rafforzamento politico della gerarchia cattolica che queste risorse gestisce.

Appare così evidente che, data l’indisponibilità delle forze politiche ad entrare in conflitto con la gerarchia cattolica, solo l’avvio un processo che porti alla sua spontanea rinuncia a queste fonti di finanziamento costituirebbe quel segnale di rinnovamento della Chiesa italiana che la renderebbe credile perché le predicazione del Vangelo non sarebbe affidata a chi ha deciso di essere prete scelta come scelta professionale.

Roma, 14 febbraio 2020