Considerazioni politiche al tempo del Coronavirus di I.Montini

Ileana Montini
www.italialaica.it

È tempo di fare qualche considerazione politica, così come suggerisce la politologa Nadia Urbinati in un articolo del 19 marzo di HuffingtonPost. Pubblicato l’articolo sul mio profilo facebook, ecco un primo commento: “Non mi sembra proprio il momento di mettersi a fare i ribelli, ci sono già troppi indisciplinati in giro”.

I ribelli – come la politologa – uguali agli untori? Il virus denominato Covid19 potrebbe cambiare i nostri comportamenti sociali insieme al modo di pensare e predisporre mutamenti nei sistemi politici democratici?

Nadia Urbinati ha rilevato nella recente comunicazione del presidente lombardo Fontana un paternalismo provocatorio: se non capite saremo “più aggressivi”, rivolto – implicitamente – a trattare i cittadini come bambini indisciplinati. Come se tutta la rsponsabilità cadesse sulle spalle dei cittadini che, abituati alla libertà di movimento, per fare anche un po’ di moto, non ascoltano le imposizioni che, via, via, vengono cambiate o inasprite da un giorno all’ altro, secondo il punto di vista dei governatori o dei sindaci. Ma, scrive la politologa, la nostra responsabilità non è illimitata, perchè c’è anche quella delle istituzioni. Si veda l’indebolimento progressivo del sistema sanitario pubblico attuato negli ultimi dieci anni. Non possiamo, quindi, come cittadini farci carico del peso e dei limiti del sistema sanitario. Ma non abbiamo ancora sentito una parola di autocritica.

E veniamo alla comunicazione. In un crescendo talora sconclusionato, approssimativo e persino talvolta contradditorio, ci viene detto di chiuderci in casa per un certo periodo, fino a… e in attesa di altri ordini che aboliranno i precedenti o li intensificheranno. E allora, Urbinati si fa una domanda: per quanto tempo? Per tutto il tempo necessario ad arrivare a un valido vaccino? Non si sta concretizzando “una mentalità dispotica” che vorrebbe, appunto, neutralizzare dubbi e domande.

“Tacere e obbedire”.

Le mascherine si devono portare sempre, oppure no? Su Fb sono partiti post minacciosi: “Lo capite che dovete mettere le maschierine?” Seguono commenti da scolaretti spaventati: non si trovano, dove cercarle?

Ci sono. Sono stati persino assessori ai servizi sociali che hanno lanciato comunicati con il tassativo divieto agli over 65, poi no, agli over 75, di uscita per la spesa e i farmaci da demandare ai parenti. Ignorando che ci sono gli anziani senza figli e senza parenti. Ci sono anche stati post con frasi lapidarie e minacciose: “Lo volete capire che dovete stare in casa?” Oppure: “Gli anziani si ammaleranno tutti o quasi e moriranno”. Amen.

Fino a vere e proprie offese agli over 65/75 che lamentavano di non sapere a chi rivolgersi per la spesa a domicilio. In un crescendo che invita a rileggere i Promessi Sposi.

Lo psichiatra Crepet ha rilasciato un’ intervista (Uffpost,16.3) nella quale richiamava l’attenzione sulla necessità di essere prudenti nel dichiarare ai quattro venti la solidarietà manifestata dagli italiani con i canti dai balconi e le bandiere tricolori: “Capisco che un primo ministro debba fare propaganda. Sarei più cauto nel definire gli italiani un popolo grandioso solo perché ci mettiamo sul balcone a cantare l’Inno di Mameli. Tutto questo è avvenuto dopo i primi tre giorni di quarantena. Ecco, voglio vedere fra quindici giorni. Noi costretti dalle leggi per ora siamo abbastanza buonini in casa, cerchiamo di essere disciplinati, ma eroici non direi.

E dopo questi primi giorni di “ordine e rigore” muterà il comportamento? Dopo diventerà più difficile pensare al futuro.

Un conto è chiudere la propria azienda, bottega, per tre o quattro giorni, un altro sarà quando si comincerà a capire che non sono tre, quattro, o cinque, ma quindici, venti, trenta. Ecco, a quel punto inizia una fase depressiva. Mi occupai di disoccupazione tanti anni fa. La prima fase quando ti comunicano che sei in cassa integrazione è una fase euforica, nel senso che dici “vabbé tutto sommato sto a casa, mi faccio le cose che non ho mai potuto fare”.

Poi subentra la seconda fase depressiva, in cui si abbassa l’autostima individuale e collettiva. Occorre ricordare che fu proprio in corrispondenza con la più grande crisi economica mondiale, quella del 1929, che si contò il più alto tasso di suicidi del Novecento.

I segni ci sono: l’aggressività corre sui social e serve per tenere, inconsciamente a bada, l’arrivo dello stato depressivo. Sì, è così, se questa situazione che viene sentita e definita talvolta di guerre, si dovesse protrarre per un tempo indefinito, le conseguenze sulla tenuta dell’equilibrio psichico della popolazione italiana, in particolare dei più fragili, potrebbero diventare drammatiche.

Le istituzioni, nelle varie ramificazioni nazionali, regionali e locali, dovrebbero attivare una comunicazione fatta di chiare spiegazioni e, il meno possibile, mutevoli, su ciò che sta succedendo, invitando i vari esperti a non sovrabbondare con dichiarazioni diverse e non facilmnete decodificabili dai cittadini, sia rispetto ai tempi del picco dell’epidemia, sia rispetto alla sua conclsione.

Il prolungamento delle misure di limitazione – senza poterne vedere la fine- della libertà di movimento in un clima angosciante per il timore costante di infettarsi, inizia già a manifestare disturbi emotivi, depressione, stress, disturbi dell’umore, irritabilità, insonnia. I politici, gli amministratori, le istituzioni insomma, devono sapere che dietro all’angolo si nascondono possibili reazioni di aggressività e di panico, assai pesanti da reggere per la collettività tutta.