Cattolici conciliari in rete: ecco cosa chiediamo al Sinodo

di: Redazione Adista
da: Adista Documenti n° 6 del 18/02/2023

All’inizio del 2021, quando, nella cornice del Sinodo dei vescovi sulla sinodalità, la prospettiva di un Sinodo della Chiesa italiana è divenuta concreta, Noi siamo Chiesa (Nsc) ha ritenuto opportuno che i battezzati esercitassero la loro responsabilità partecipando a un processo ecclesiale destinato, almeno potenzialmente, a coinvolgere l’intera Chiesa italiana, a rimetterla in movimento e a determinarne gli orientamenti per i prossimi anni, offrendo riflessioni e proposte di rinnovamento e riforma della Chiesa e ritenendo che questa fosse l’occasione per rafforzare i legami tra le realtà dell’area progressista (o “conciliare”, “di base”, ecc.) del cattolicesimo italiano, non piccolissima e assai vivace, ma molto frammentata e in genere ai margini o poco rappresentata negli spazi ecclesiali istituzionali. Riportiamo qui i documenti elaborati dalla rete sinodale che si è da allora formata, in aggiunta alle due lettere ai vescovi del 2021 già pubblicate su Adista Documenti nn. 21 e 38/21. Di seguito un’introduzione in cui Mauro Castagnaro, coordinatore di Noi siamo Chiesa, ne ricostruisce la storia.

La rete come esperienza sinodale

Nsc ha convocato per il 6 maggio 2021 una riunione online, cui hanno partecipato i rappresentanti di una quindicina di sigle, alle quali nei mesi successivi se ne sono aggiunte altrettante, fino ad arrivare alle attuali trenta: Adista, Associazione Comunità Emmaus, Cammini di speranza, Centro italiano femminile (Cif)-Lombardia, Centro interconfessionale per la pace (Cipax), Comunità cristiane di base (CdB), Comunità di via Germanasca-Torino, Coordinamento 9 marzo-Milano, Coordinamento teologhe italiane (Cti), Costituzione Concilio e Cittadinanza (C3Dem), Decapoli. Laboratorio di formazione al Primo Annuncio-Milano, Donne per la Chiesa, Fraternità Archè-Milano, Il faro-Pistoia, Il foglio, Il gibbo-Gubbio, La tenda di Gionata, Noi siamo Chiesa, Noi siamo il cambiamento-Milano, Ordine della sororità di Maria SS. Incoronata, Pax Christi, Per una Chiesa diversa-Gubbio, Ponti da costruire-Campania, Pretioperai, Pro Civitate Christiana, Progetto adulti cristiani lgbt, Progetto giovani cristiani lgbt+, 3VolteGenitori, Viandanti, Voices of Faith.

Sulla base della comune sensibilità e della volontà espressa da ciascuna sigla di “camminare insieme” alle altre in questo percorso sinodale, si è scelto di dar vita a una rete informale (creando solo l’account retesinodalechiesait@libero.it per i rapporti con l’esterno), privilegiando la comunicazione orizzontale (da tutte/i verso tutte/i), riunioni online strutturate in modo da permettere a tutte le sigle di esprimersi e lasciando libera ciascuna di condividere o meno le singole iniziative proposte nella rete come pure di realizzarne altre da sola o con altri soggetti esterni. Nessuno doveva sentirsi “costretto” a fare cose che non voleva né temere di “andare a rimorchio” di altri. A partire dalle nostre diverse storie ed esperienze (pur in una sintonia di fondo), abbiamo dunque iniziato un esercizio reale di sinodalità, ascoltandoci, facendoci reciprocamente credito di buona fede, essendo attenti a non imporre punti di vista, cercando di comprendere la verità contenuta nelle differenti posizioni, impegnandoci a cercare sintesi che rispettassero e valorizzassero la sensibilità di tutte e tutti, e fossero al contempo coraggiose, accettando che il proprio pensiero non si trovasse totalmente riflesso nella comune convergenza, sforzandoci di mantenere come orizzonte la costruzione di una comunità di credenti, di una Chiesa, il più possibile fedele al messaggio di Gesù.

La prima lettera aperta

A giustificare la necessità di un Sinodo era per noi il fatto che il tradizionale modello ecclesiale italiano non funziona più, sia a livello macro, in quanto pure in Italia la cristianità è finita (lo si dice da decenni, ma non se ne prende davvero atto, anzi si è cercato di ricostruirne una nuova, per esempio attraverso il Progetto culturale), sia a livello micro, con la crisi della parrocchia tradizionale, confermata dalla pandemia, come canale di evangelizzazione/trasmissione della fede. Perciò il Sinodo doveva servire per interrogarsi su come la Chiesa può ripensare la propria presenza evangelizzatrice nella società italiana di oggi e di domani. Ciò implicava affrontare la questione della comunità cristiana (e dei ministeri), cioè della forma con cui i credenti vivono la fede insieme oggi, e quella di come la Chiesa può svolgere un servizio significativo per la nostra società (basti pensare, a contrario, all’irrilevanza della sua parola circa le due crisi gravissime, quella economica del 2008 e l’attuale, vissute dall’Italia negli ultimi 15 anni). Per farlo davvero, il Sinodo avrebbe dovuto seguire il metodo più aperto, inclusivo, trasparente e democratico possibile, coinvolgendo anche persone e gruppi critici, come peraltro chiesto dallo stesso papa.

Questi contenuti sono stati tradotti nella prima lettera aperta inviata all’assemblea della Cei del 24-27 maggio 2021 e a tutti i vescovi italiani. Hanno risposto in una decina, tra cui gli ordinari di Biella, mons. Roberto Farinella, di Cremona, mons. Antonio Napolioni, e Bologna, card. Matteo Zuppi, con messaggi fraterni e parole tipo «faremo del nostro meglio«, «un percorso cui non siamo certo abituati e forse neanche preparati, ma che ci è certamente necessario, in questo passaggio epocale», «speriamo che il dibattito (all’assemblea della Cei, ndr) sia all’altezza delle aspettative e delle necessità».

La lettera sul metodo

Una seconda riunione online si è svolta il 17/6/2021 per valutare l’esito dell’assemblea della Cei e la Carta d’intenti per il Cammino sinodale da essa scaturita. Oltre a rilevare la contraddizione tra la volontà, ripetutamente dichiarata dall’allora presidente dell’episcopato, card. Gualtiero Bassetti, di «ascoltare, ascoltare, ascoltare» e l’annunciata esclusione di alcuni temi (celibato, ordinazione delle donne) dal dibattito, prefigurando, quali “problemi reali” dei cristiani e delle cristiane nel nostro Paese, «le solitudini esistenziali, l’educazione dei figli, i problemi della gente che non arriva a fine mese, l’immaturità affettiva che porta tante famiglie a sfasciarsi» (e rivendicando la continuità del processo attuale coi Convegni ecclesiali nazionali celebratisi nel post-Concilio, da contrapporre al “Cammino sinodale” della Chiesa tedesca), si è deciso di inviare una seconda lettera aperta alla Cei e a tutti i vescovi, dedicata al metodo del cammino sinodale, che ha suscitato poche reazioni dei destinatari. Quella più articolata è stata inviata da mons. Luca Raimondi, ausiliare di Milano, il quale ha sostenuto che la scelta di svolgere l’assemblea della Cei del 22-25 novembre 2021 in “gruppi sinodali” aveva permesso di «evidenziare quel metodo auspicato da voi e che ogni vescovo è invitato a tradurre nelle propria diocesi. È stato proficuo che prima di parlare di problemi da risolvere o di strategie pastorali sia stata messa a tema la fede di ciascuno di noi, pastori di un popolo. Ritengo che tale metodo, basato sulla narrazione della corsa del Vangelo in ciascuno di noi e nelle nostre comunità, sia molto più fruttuoso e meno scoraggiante dell’affrontare dei temi dal punto di vista ideologico. Così anche ritengo che l’indicazione del Santo Padre di far sì che il cammino sinodale non sia la celebrazione di un evento ma uno stile permanente della Chiesa, un processo da avviare come normale nelle dinamiche della Chiesa e nelle nostre relazioni… ecco tutto questo sia davvero importante e ammetto che ci vede ancora distanti dal raggiungimento dell’obiettivo. Auspico che l’ascolto reciproco di tutte le componenti ecclesiali sia fattivamente praticato e soprattutto sostenuto come realtà permanente nel futuro dei nostri cammini ecclesiali. (…) siamo all’inizio di un cammino che ci può portare non tanto a trovare conclusioni ma ad individuare la strada da percorrere e insieme».

Contributi su minoranze sessuali, ecumenismo e autorità delle donne nella Chiesa

Una terza riunione online, tenutasi il 10 novembre, ha deciso di avviare, anche alla luce del Documento preparatorio per il Sinodo dei vescovi, assunto dalla Cei come base della discussione pure per il primo anno del Cammino sinodale delle Chiese in Italia, alcuni “cantieri” su temi definiti indispensabili. Nei mesi successivi ne sono dunque stati attivati tre: partecipazione delle minoranze sessuali alla comunità ecclesiale e diritto di cittadinanza nella Chiesa dei loro amori; ecumenismo e dialogo interreligioso; autorità e partecipazione dei fedeli, soprattutto delle donne, nella Chiesa, organizzati sulla base della libera aggregazione dei membri della rete attorno a un lavoro sviluppato in piena autonomia e responsabilità secondo le forme e gli strumenti scelti (discussioni, tavole rotonde, video, testimonianze, ecc.), col solo vincolo di consentire la partecipazione di tutti e tutte nel momento di definire un orientamento e alcune proposte comuni. Questa “sinodalità praticata” si è tradotta in tre documenti comuni (Una Chiesa di sconfinamenti… per un cammino insieme“Ma lei gli replicò…” (partecipazione e autorità nella Chiesa)Contributo sulla realtà che vivono nella Chiesa e nella società le persone LGBT), ancora una volta inviati alla Segreteria della Cei e a tutti i vescovi, ma anche alla Segreteria del Sinodo della Chiesa universale, rispettivamente il 22 febbraio, il 17 aprile e il 29 aprile. In questo caso, tra le non molte reazioni, va segnalata quella di mons. Luigi Renna, arcivescovo di Catania, grato per la condivisione di «alcune proposte, che credo non debbano essere più, come per alibi, definite profetiche, perché riguardano l’ordinarietà della vita dei cristiani. Quest’anno ci siamo mossi timidamente e in modo quasi “impacciato” nel cammino sinodale, ma abbiamo imparato che è necessario procedere in questa direzione. Faremo tesoro dei suggerimenti che, sono sicuro, abitano il cuore di molti credenti».

I Cantieri del secondo anno

Dopo la pubblicazione, durante l’estate, della Sintesi nazionale della fase diocesana, del documento “I cantieri di Betania. Prospettive per il secondo anno del Cammino sinodale” e di “Continuiamo a camminare insieme. Vademecum per il secondo anno del Cammino sinodale delle Chiese in Italia” da parte della Cei, si è chiesto un incontro a mons. Valentino Bulgarelli, segretario del Gruppo di coordinamento nazionale, per avere un’informazione più dettagliata su quanto emerso dalla base nonché capire meglio alcuni aspetti metodologici circa il percorso del secondo anno e il modo in cui la nostra rete avrebbe potuto parteciparvi. Durante l’incontro del 23/11 è stato, tra l’altro, domandato a mons. Bulgarelli di rendere accessibile sul sito ufficiale del Cammino sinodale tutte le sintesi prodotti dalle diocesi e da altri gruppi pervenute a Roma, nonché di poter esprimere, come rete, un delegato all’Assemblea ecclesiale di Praga (5-12/2/2023) come momento culmine della tappa continentale del Sinodo dei vescovi. Finora queste due richieste non hanno avuto seguito.

Nel frattempo, in una riunione della rete del 3/11, si è deciso di valorizzare quanto prodotto finora (e questo numero di Adista ne è un primo esempio) e avviare nuovi “cantieri tematici”, secondo la modalità già sperimentata il prino anno. Finora ne sono partiti tre, uno su Pace, giustizia e salvaguardia del creato, un secondo su Ministeri e ministerialità (con particolare attenzione alle donne e in ascolto delle altre Chiese cristiane) e il terzo sulla Celebrazione eucaristica (l’omelia, i simboli e i linguaggi, ecc.). A ciò si aggiunge l’impegno dei gruppi lgbt a tradurre in brevi video i contenuti del documento proposto sul tema delle minoranze sessuali nel primo anno, anche per utilizzare nuovi strumenti di comunicazione.