Mons. Jacques Gaillot, amico di Gesù e dell’uomo

Lorenzo Tommaselli

A seguito di un cancro fulminante è morto a Parigi il 12 aprile scorso all’età di 87 anni mons. Jacques Gaillot, vescovo di Partenia, figura di spicco del cattolicesimo aperto al mondo moderno e di una Chiesa “ospedale da campo”, secondo la bella definizione di papa Francesco. Nominato vescovo di Évreux nel 1982 (il più giovane vescovo di Francia!), ha vissuto il suo ministero episcopale privilegiando “il potere dei segni” (don Tonino Bello) ed abbandonando completamente “i segni del potere”, quelli che anche alcuni vescovi cosiddetti progressisti qui in Italia fanno fatica a mettere da parte (abiti, camicie con gemelli, croci pettorali, mitrie, titoli, etc…).

Da vescovo è uscito dall’episcopio per raggiungere gli uomini e le donne nella strada ed in particolare i poveri, gli emarginati, gli esclusi: “la mia vocazione è risvegliare alla libertà, come Gesù nel Vangelo, consegnare un messaggio di speranza affinché donne e uomini possano mettersi in piedi e conservare la loro dignità”. In queste parole c’è tutto il senso profetico del ministero di mons. Gaillot, che non ha disdegnato la partecipazione a numerose trasmissioni televisive e radiofoniche, che lo hanno reso molto popolare nella Francia degli anni ’80-’90.

Essere presente nei media per lui non è stato una vetrina autoreferenziale, ma il dispiegarsi autentico del suo ministero verso orizzonti e persone altrimenti non raggiungibili dal messaggio evangelico, come spiega nel 1994 in una lettera ai vescovi francesi: “molti di voi si chiedono nel fondo cosa io ci faccia in tali trasmissioni. Tento di essere presente là dove nessuno di noi lo è e di rivolgermi a persone che non raggiungiamo mai, accettando di essere accolto da loro. E ne ho echi sconvolgenti”.

Questa libertà di spirito, la parrhesía evangelica, non è stata accettata dall’istituzione ecclesiastica, che il 13 gennaio 1995 lo ha destituito come vescovo di Évreux, trasferendolo alla sede titolare di Partenia, una diocesi africana inesistente.

Da questo momento in poi per mons. Gaillot si apre un nuovo percorso di vita e di ministero. In una lettera ai suoi “nuovi” diocesani così presenta il suo nuovo cammino: “Roma mi offre più di quanto io osassi sperare, molto più di una diocesi, molto più di un vescovado. […] Mi offre cento volte di più, mille volte di più. Mi offre il permesso, il respiro, la liberazione. Dove è Partenia? Che cosa è? […] Vasta come il mondo, Partenia non comincia e non finisce in nessun luogo. Anche se non l’ho cercata, è una destinazione che mi si addice, è là dove io vado”.

E così, infaticabile pellegrino di pace e di libertà, mons. Gaillot ha proseguito il suo ministero di discepolo di Gesù di Nazareth, avvalendosi anche di un sito Internet in 7 lingue (www.partenia.org), che lo ha reso primo vescovo virtuale di un immenso popolo reale: “essere sul Web significa abolire le distanze e sfuggire alle frontiere, dialogare e fraternizzare con il mondo…annunciare il Vangelo fino agli estremi confini della terra”.

E proprio grazie a quest’esperienza ho avuto la gioia ed il privilegio di conoscerlo e di collaborare con lui, sia nella redazione italiana del sito, sia nella traduzione di alcuni suoi testi. Ma il vissuto più bello e profondo sono stati i suoi 3 soggiorni a Napoli per le presentazioni dei suoi libri, momenti che gli hanno permesso di conoscere alcune realtà vive del tessuto ecclesiale locale e, tra gli altri, la personalità dolce e luminosa di mons. Raffaele Nogaro, oggi vescovo emerito di Caserta, altra voce profetica del Vangelo nelle nostre terre campane.

L’ultima volta che ci siamo rivisti è stato nel novembre scorso, quando ha potuto incontrare di nuovo – e per l’ultima volta – don Vitaliano Della Sala, parroco di Mercogliano (Avellino), da lui conosciuto 20 anni fa in occasione della sua rimozione da parroco di Sant’Angelo a Scala. Dopo aver presieduto nella sua comunità l’Eucaristia della I domenica di Avvento, ha poi condiviso il pranzo in episcopio, accolto con grande cordialità dal vescovo di Avellino, mons. Arturo Aiello.

Nulla, proprio nulla lasciava presagire che in pochi mesi ci avrebbe lasciato. Chi lo ha incontrato, ha potuto ancora una volta imbattersi nei suoi bellissimi occhi azzurri, nel suo sorriso dolce ed accattivante, nella sua accoglienza sincera e fraterna, fatta di attenzione e rispetto verso tutti, fin nelle piccole cose, come preoccuparsi a tavola della mancanza di una posata o di un bicchiere.

Carissimo padre, adesso che, nonostante la sofferenza, sei entrato sereno e gioioso nella vita definitiva, continua ad esserci ed essermi vicino, come hai fatto in tutti questi anni, come discepolo fedele ed infaticabile del nostro Maestro e Signore Gesù, secondo la bellissima espressione di san Giovanni della Croce, messa in musica da un dolcissimo canto di Taizé: “El alma que anda en amor ni cansa ni se cansa (L’anima che cammina per amore non stanca né si stanca)”.

E tu, amatissimo padre e fratello vescovo, che non ti sei mai risparmiato per il Vangelo, per questo godi adesso la luce purissima della vita senza tramonto.


Articolo pubblicato nel quaderno n. 5/2023 dell’Associazione “Oreundici” (www.oreundici.org)