Lo stupore del potere religioso e politico davanti alla vita

di Clelia Mori
da www.womenews.net

A leggere, da donna femminista, i quotidiani ci si trova davanti ad un’immensa confusione su vita, morte, nascita, amore,maternità, parto, sessualità, corpo maschile, corpo femminile, famiglia, sesso, relazione tra i sessi, potere generante, potere governativo, potere religioso, singol*…

Una confusione che riguarda da vicino la nostra vita di tutti i giorni. Ma a farla non siamo noi che alcuni punti fermi li abbiamo, ma i politici, chi ci governa in modo virtuale chiusi in strani palazzi.

Ne hanno fatto un frullato esplosivo per la democrazia che ha navigato sott’acqua, almeno dal ’68, ed è venuto alla luce in un conflitto di poteri: governativi, religiosi, individuali.
In conflitto ci sono la capacità di autodeterminarsi e il desiderio dei governanti e degli ecclesiastici di non lasciarlo fare perché da tempo immemorabile gli compete definire le libertà delle donne e degli uomini, in questo ordine.

E non mi va di parlare di potere al neutro, voglio dare un corpo al potere per riconoscerlo e per non renderlo trascendentale. Ma per farlo devo dire che è un corpo per lo più maschile se non voglio assumermi come donna la responsabilità della confusione. E non la posso assumere per spirito bipartisan, mentirei perché lì noi donne non decidiamo niente.

E non me lo si può chiedere neppure con la scusa che ci sono anche donne nel governo e alle Camere. Sappiamo benissimo le contorsioni che devono fare per arrivarci e starci e la rinuncia ad un sentire femminile che gli viene richiesta…

E tutta questa confusione tra vita reale e vita virtuale è costruita da vecchi uomini che incarnano il potere. Uno di loro invasato dalla “mascolinità”, mai stato donna e madre e ignorante della bellezza e della difficoltà della procreazione, si permette di dire ad una signora in coma da 17 anni che potrebbe partorire, trovando il plauso dei ministri della chiesa, anche loro mai stati madri e neppure padri, ma con la pretesa che Dio gli si affidi per esistere nei nostri cuori.

La motivazione che adducono sta nell’ assoluta convinzione dell’ incapacità delle donne e degli uomini a decidere per sé e nell’avocazione delle loro decisioni ai due poteri.

Sembra che l’autonomia individuale renda vana quella del potere che non trova più motivazioni per esistere se non riesce a invadere ogni nostra intima piega, anzi, soprattutto quelle. Sembra una questione di controllo per sopravvivere e probabilmente è così, vista la foga disperata con cui assurdamente si muovono, ma è anche una delle poche cose che si preoccupano veramente di controllare.

Fino a che punto gli uomini di potere possono controllare la vita delle singole persone?
A dar retta ai potenti sembra che il loro maggior interessa riguardi la vita appena concepita, anche se magari non nasce, e il coma pluri decennale. L’altra vita non conta.

Può ridere, piangere, avere fame, morire a centinaia da piccol* sotto le bombe che per loro non ci scalda come per la famiglia Englaro. Le persone non possono trovare la propria forza nei loro affetti e nelle loro relazioni. Il governo in accordo con la gerarchie religiose non lo permette.

I governi sembra non amino i loro cittadini e le loro cittadine, le seconde meno dei primi, amano molto il potere come fine e forse per questo non possono amare i corpi in carne e ossa.
Possono usarli o farli usare, comandarli, obbligarli, sanzionarli, spremerli ma amarli con materno e paterno senso di affetto, non compete a questi uomini.

E chi lo sa se sanno, anche nella loro vita privata, cosa vuol dire amare? Probabilmente anche se l’hanno detto non hanno mai saputo cosa significasse o semplicemente non sono in grado di sentirlo. Bisogna avere sensibilità per amare, sapersi assumere delle responsabilità, anche quando ti mettono contro al mondo, anche quando costa l’offesa e il dileggio e sei da solo ad andare avanti. Loro no. Si muovono solo in branco e seguono chi urla di più.

Ma da lunedì sera sono più libera. Libera dal branco e dal potere. La famiglia Englaro ha liberato il mio corpo e la mia testa, con l’augurio che mi faccio che se ne vadano insieme, ma se così non fosse, loro hanno liberato con Eluana, i pezzi del mio corpo e li hanno riuniti.

Con loro sono entrata in uno spazio che mi appartiene, che contiene anche le mie emozioni e dà loro dignità di scelta ai miei occhi e a quelli del mondo. Libera di vivere e morire per me, non per lo Stato, in mezzo a persone libere come me.

La verità della morte di Eluana ci ha liberato dal falso vivere e dal falso morire. E dall’invasione della tecnica. Ci ha messo in uno spazio libero pieno degli affetti che nella vita ci siamo costruiti e tra questi non c’è il potere. Ci ha indicato due modi di essere padri.
Uno, governativo, religioso e dittatoriale – non avrei mai voluto un padre così – e uno che può essere un esempio per tutti i giovani uomini che vogliono diventare padri.

Papà Englaro ha liberato, mostrato nello spazio pubblico che aveva bisogno di esempi non virtuali, un modello di uomo e di padre, di amore, di vita, di morte e di responsabilità.
Ha dato dignità ad un maschio in crisi di parole e di identità maschile.

L’autodeterminazione è stata seminata dalla donne con la loro riflessione sulla maternità da diversi decenni è a lei si torna sempre nella sofferenza, anche se la misoginia dei governanti ha sempre nascosto sotto il tappeto questo tema esplosivo per i loro poteri.

Dalla 194 alla legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita e alle varie nuove norme di attuazione delle due leggi, da quella più vecchia alla più giovane, è stata una continua ricerca per non riconoscere la libertà dell’autodeterminazione femminile, che, essendo un tema sollevato soprattutto dalle donne, sembrava si potesse tranquillamente eludere, privilegiando l’istinto di conservazione del potere.

Ma la vicenda Englaro ha portato allo scoperto il conflitto tra autodeterminazione e l’impossibilità a vederla esercitata dal potere, per come oggi il potere stesso si autointerpreta.
Un’interpretazione che non lega la sua sopravvivenza al cammino del tempo ma alla sua immobilità, convinta che controllando ogni virgola di libertà possa conservarsi senza modificarsi.

Il rifiuto maschile a mettere in relazione la gestione pubblica del potere e la libertà femminile è diventato esplosivo per la democrazia stessa quando l’autodeterminazione di un padre, per amore della libertà della figlia, ha preteso per lei la fine pubblica dell’uso della tecnologia per prolungare artificialmente la non vita e la realizzazione della verità della morte. Non della loro apparenza. Marcando uno scacco agli accordi tra poteri.

L’inadeguatezza dei nostri governanti e dei ministri di culto è implosa per il germe che le donne vi avevano instillato a partire dai pensieri sul loro differente e concreto potere generativo nella confusione che quello astratto degli uomini ha costruito.
Un confuso potere virtuale, che non sa più cosa rappresenta oltre al desiderio di sopraffazione del singolo sul suo simile.

La cattiveria è il motto attuale di governo, ma speriamo che il problema della libertà e dell’autodeterminazione, ormai esploso tra gli uomini, non venga cancellato da una relazione malsana tra poteri che volutamente dimentica ancora una volta l’origine da cui è nata.

Diversi sottolineano che Eluana e con lei l’autodeterminazione e la libertà individuale, aggiungo io, è già nello sfondo di questa vecchia e sempre nuova lotta maschile. Le dimenticanze, se ce le concediamo per misoginia governativa, e non solo il sonno generano mostri, ma Beppino Englaro ci ha insegnato da uomo come si fa a non dimenticare e a non fingere un accordo col branco.