Benedetto, un uomo (molto) solo al comando

di Aldo Maria Valli
in “Europa” del 27 febbraio 2009

Benedetto è stato molto sincero.
Parlando ai parroci di Roma ha detto: «Vorrei anch’io imparare ad avvicinarmi alla realtà, perché
nel palazzo apostolico sono anche un po’ distante, mentre voi vivete giorno per giorno la realtà delle
vostre parrocchie ». Proprio mentre da più parti, specie dopo la revoca della scomunica ai vescovi
lefebvriani, piomba addosso al papa l’accusa di essere isolato e di non saper tenere conto delle
istanze che arrivano dal mondo, ecco che il pontefice stesso, con disarmante semplicità e umiltà,
ammette che nell’esercizio del primato petrino c’è il rischio della distanza. Le catechesi che
Benedetto XVI ha fatto a braccio negli anni del suo pontificato andrebbero studiate perché ci
rivelano forse il Ratzinger più genuino, e ieri davanti ai parroci di Roma il capo della Chiesa
cattolica di certo non si è nascosto. Otto domande e otto risposte non sono molte, ma non sono
neanche poche, e in un’ora e mezzo il papa ha risposto a tutti con grande accuratezza, spaziando
dalla liturgia alla pastorale giovanile fino alla crisi economica.
Visto che in questi giorni si torna a parlare della necessità di un nuovo concilio, si può dire che
l’incontro si è svolto in spirito conciliare. «Qui non parla un oracolo – ha detto il papa – ma siamo
in un momento di scambio familiare».
Benedetto ha raccomandato di non perdere «la semplicità della verità». Detta da un teologo come
lui, è frase che fa riflettere. «Dio c’è e non è un essere ipotetico o lontano, ma è vicino e parla con
me.
Non proponiamo riflessioni o una filosofia, ma proponiamo l’annuncio semplice di Dio che ha agito
anche con me».
Il primo aiuto è «sempre l’esperienza personale».
Per questo «non è sufficiente predicare o fare pastorale ». Il «bagaglio prezioso della teologia» va
personalizzato.
Per arrivare alle altre persone ci vuole la vita. Il parroco ha questa responsabilità che è anche un
privilegio, perché le persone vanno da lui «senza maschera», nel momento in cui più hanno
bisogno, nel momento della sofferenza, della malattia, della pena e della morte.
Il parroco conosce i problemi e quindi, in questa fase, conosce le difficoltà economiche. Di certo la
Chiesa deve denunciare «l’egoismo e l’avarizia» che scaturiscono dal peccato originale e
influenzano negativamente i rapporti fra gli uomini. Il crollo delle grandi banche americane «mostra
quello che è l’errore di fondo: l’avarizia e l’idolatria che oscurano il vero Dio, ed è sempre la
falsificazione di Dio in mammona che ritorna». Ma non bastano le risposte generiche. Ci vogliono
«argomenti seri e competenti ». E qui è arrivata una confidenza: il papa sta ancora riflettendo
sull’enciclica sociale già più volte data per imminente. Sull’argomento, dice Benedetto, non si
possono dare risposte dettate solo dal moralismo.
È necessaria una «macro-giustizia» e una «micro-giustizia». La giustizia si afferma non solo con
modelli economici buoni ma anche con «l’azione dei giusti», altrimenti la giustizia «resta astratta».
E «i giusti non ci sono se non si fa il lavoro umile e quotidiano di convertire gli uomini».
L’intera riflessione del papa è stata caratterizzata da questo bisogno di concretezza e di sincerità.
Anche sul ruolo del pontefice stesso. Il primato di Pietro, ha spiegato, non è da intendere come
volontà di supremazia, ma esprime il bisogno di «un punto unificante», necessario «per non cadere
nel nazionalismo», per «evitare l’identificazione con una determinata cultura» e per «essere sempre
costretti ad aprirsi a tutti gli altri». Scopo del primato è «garantire la cattolicità nella ricchezza delle
culture e nello stesso tempo escludere ogni tipo di assolutizzazione ». È una garanzia «contro le
mode, i particolarismi, le eresie sempre assunte in funzione di un aspetto». Solo così la Chiesa «può
dare esempio di carità», questa «parola un po’ enigmatica» che però in fondo ha un solo significato:
«Amore per gli altri e responsabilità per i poveri e gli abbandonati».
Circa la liturgia il papa ha raccomandato di andare al cuore del problema (celebrare il mistero
significa «conoscere Gesù Cristo» ed «entrare in contatto con lui») e infine non è mancato un
momento di folclore, quando un parroco del quartiere Casilino, in vista della prossima visita del
papa al Campidoglio, ha declamato un sonetto in romanesco e Ratzinger ha risposto: «Grazie,
abbiamo sentito parlare il cuore romano, che è un cuore di poesia».
E se questi incontri si facessero più spesso?