E Ratzinger incontra gli studenti ma niente invito per i sopravvissuti

di Jenner Meletti
in “la Repubblica” del 29 aprile 2009

Non c’è più, la Casa dello Studente. Solo un mucchio di pietre e cemento da una parte e un cumulo di infissi e ringhiere di metallo dall’altra. Il papa resta immobile per un attimo, sorpreso dalla desolazione di questo vuoto. Dodici ragazze e ragazzi lo aspettano. Maria Fidanza gli consegna una lettera. «La fede – ha scritto – ci sta aiutando a superare questi drammatici momenti. Abbiamo perso molti amici ma siamo sicuri che già sono risorti».

Il papa saluta uno ad uno i dodici studenti dell’università aquilana. «Come ti chiami? Che studi fai?». Ad ognuno consegna un santino, con una frase dell’«Augustinus Sermo»: «Resurrectio Domini, spes nostra». Chiede a ognuno se fra le macerie abbia perso un amico. «La mia amica Arianna – risponde una ragazza – abitava lì, in quella casa. Santità, preghi per noi perché nella fede troviamo la forza di costruire un futuro».

La casa indicata dalla ragazza non è però quello dello Studente. Nessuno dei dodici prescelti per
l’incontro con il papa abitava infatti nella Casa distrutta. «Facciamo parte – raccontano Laura
D’Angelo e Arianna Berardi – della “parrocchia dell’università”, guidata da don Gino Luigi Epicoco. Fra di noi ci sono carismi diversi: Comunione e Liberazione, Fuci, Rinnovamento dello Spirito e cattolici e basta. L’incontro con il Santo Padre è stato commovente e ci ha dato tanta forza».

I ragazzi che abitavano nella Casa dello Studente sono stati i primi a dire che il terremoto non è solo una fatalità e che c’erano segnali precisi di una catastrofe annunciata. Gabriele, uno degli studenti sopravvissuti, ha seguito la visita del papa in diretta tv. «Nessuno di noi – dice – è stato invitato all’incontro e non credo che sia un caso. Da giorni noi studenti della Casa – l’abbiamo fatto anche l’altra sera al Tg1 – diciamo che abbiamo bisogno di una cosa sola: giustizia.

L’avremmo detto anche di fronte al Santo Padre. La sua visita – questo avremmo spiegato – è gradita e serve soprattutto a portare consolazione ai genitori degli otto ragazzi che nella Casa crollata hanno perso la vita. Ma oggi anche a lei chiediamo giustizia perché queste tragedie non si ripetano più. Un giro di telefonate mi ha confermato che nessuno di noi è stato invitato. E non c’erano nemmeno i genitori dei ragazzi che sono morti».

Gli studenti della Casa hanno dato vita a un nuovo comitato. «C’era già quello dei padri e delle
madri che hanno perso i loro figli e adesso anche noi studenti ci stiamo organizzando. Di questo
nuovo comitato faranno parte anche i custodi della Casa dello Studente. Uno di loro, Francesco, è morto nel crollo. I custodi ci ascoltavano sempre, quando dicevamo che la casa non ci sembrava sicura. Adesso sono con noi a chiedere giustizia».

Carmela Tomasetti, che si è salvata solo perché la sera prima era andata a dormire nella sua casa di Celano, racconta che un incontro senza gli studenti della Casa «è un controsenso». «Subito ho pensato – dice – che non mi avessero chiamato perché appartengo alla Chiesa battista, poi ho capito che non avevano invitato proprio nessuno di noi. Forse perché abbiamo detto cose che non sono piaciute: che nelle stanze di alcune ragazze c’erano delle crepe, che una delle colonne era fradicia e piena di muffa…».

Il parroco dell’università, don Gino Luigi Epicoco, conferma che fra i dodici nessuno viveva nella
Casa. «Ma abbiamo dovuto organizzare tutto all’improvviso. Gli studenti che hanno partecipato
all’incontro sono in parte aquilani e in parte fuorisede e alcuni di loro nel terremoto hanno perso
tutto. Quelli della Casa non li conoscevamo bene: arrivano da lontano e tanti sono matricole. La
ragazza protestante? In momenti come questi non si fanno certo distinzioni di fede. Il dolore e la sofferenza ci rendono tutti uguali».