Violenza e accordo tra religioni

di Marcella Ràiola
da www.womenews.net

“Dialogo interreligioso” suona bene, come stilema. E’ elegante, colto. Evoca tolleranza reciproca, convivenza, comprensione, scambio di idee alla pari… Ma le religioni vogliono sempre una vittima da immolare sui loro poco divini e molto mondani altari. Anche per dialogare; anzi, soprattutto per dialogare, cioè per trattare, contrattare, operare in complicità, dominare, plagiare concordemente i “fedeli”.

L’islam e il cattolicesimo declinato alla tedesca non hanno alcun dubbio, ovviamente: la donna, la sua libertà, la sua autonomia, il controllo del suo corpo, la sua libera scelta, sono le “vittime” storicamente designate e felicemente adatte alla bisogna.

Per secoli i credenti maschi sono stati compattati dall’odio contro la femmina; sono stati comprati, blanditi e trattenuti dal clero con l’immenso, preziosissimo dono della sacralizzazione della violenza privata, ideologica e domestica contro i corpi e le menti delle deteriori “costole di Adamo”.

Insistere, ovviamente, necesse! Ora più che mai, perché ne va del “dialogo interreligioso!”. E chi vorrebbe essere responsabile di una recrudescenza di azioni terroristiche e belliche?
Non comprendono, le stolte, inferiori figlie di DIO-PADRE-PADRONE, l’assoluta, stabilizzante necessità di sacrificare il loro corpo, la loro dignità, la loro libertà in vista della fondazione di “cieli e terra nuova”?

Come sul corpo stuprato dell’antica matrona Lucrezia, il cui suicidio “d’onore” determinò la cacciata dei re da Roma, così, ancora, sui nostri corpi si imbastiscono gli stessi nauseanti e beceri paradigmi comportamentali, si scrive col nostro sangue lo stesso statutario copione propagandistico, si stipulano accordi “sacri” in nome della “morale tradizionale”, cioè delle sharie – conclamate e no – vigenti in tutto il mondo.

Ratzinger stringe amabilmente la mano ai “professori” di sharia (quale oltraggio, per la cultura, l’applicazione di una tale denominazione a teorici della liceità dello stupro, dell’oppressione e della violenza selvaggia!); i sacri colloqui dei sacri rappresentanti della necessità della soppressione della dignità femminile sono proficui, molto proficui.

Si preparano nuove congiunte battaglie contro la donna, la tertullianea “ianua diaboli”, il “sacco di sterco”, secondo la concezione medievale, che osa sconvolgere le pure menti dei miseri e innocenti uomini, inducendoli a lordarsi le mani di sangue di continuo, poveri figli traviati dalla sconcia bellezza di queste puttanacce nate!

C’è da tremare e fremere. Di sdegno. L’accordo tra religioni viene trovato, verrà trovato, eventualmente, nel segno della “morale tradizionale”. Il professore di sharia che ha “dialogato” con Ratzinger ha per prima cosa biasimato l’Occidente per le critiche riservate al papa dalle nazioni europee dopo le dichiarazioni vaticane sul preservativo e sul suo uso in Africa.

Il “dialogo” si instaura, dunque – lo si capisce, lo si presente, si può iniziare a paventarlo! – a partire dal riconoscimento della necessità dottrinale e disciplinare, per le grandi religioni monoteiste, di “tutelare” stupro, maternità coatta, femminicidio “paideutico”, di garantire ad oltranza la marginalità sociale e culturale delle donne, l’espropriazione violenta del loro corpo, la manipolazione degli uteri, lo squarto vendicatore e “purificante” della corrotta impotenza maschile contro il potere generativo, la vita, la bellezza, il respiro del mondo e della natura MADRE…

Una volta, alla cerimonia di premiazione di un concorso editoriale di poesia bandito dall’Università di Siena, uno dei vincitori – c’era anche Sanguineti – si alzò e raggiunse, dinoccolato, il palco dove era seduta la commissione giudicante. Poi disse ad alta voce, come un profeta, leggendo da un foglietto: “Le parole fanno schifo. Meglio tu che vomiti e io che ti sostengo. Perché le parole fanno schifo”.

L’applauso stentò a partire, ma quella Verità suprema e dolorosa andava detta: le parole possono fare davvero schifo, specie quelle poetiche e quelle “religiose”, quelle che sembrano buone, pacifiche, esorcizzanti, rassicuranti, e che invece sezionano i cadaveri, piantano vessilli nelle ferite sanguinanti dei mutilati urlanti, fanno scaturire finta pietà interessata, successo, potere o denaro dal fango e dall’orrore, dal pus e dalle setticemie delle donne violate e abbandonate sotto i ferri di tortura o di chirurghi improvvisati, trasformano in “naturalità” cogente l’obbrobbrio della volontaristica prevaricazione bestiale…

Dialogo interreligioso sono due parole che “fanno schifo”. Non vi fate ingannare. Non si facciano ingannare le donne; non se ne lascino trasportare nelle regioni dell’ottimismo.

Non si dialoga con chi propone libertà di stupro.
Non si dialoga con chi infibula.
Non si dialoga con chi impone il velo.
Non si dialoga con chi nega libertà di voto e movimento, partecipazione politica e istruzione a degli esseri umani.
Non si dialoga chi vende le bimbe di 8 anni o le giovinette di 15 a violentatori-picchiatori benedetti e legalizzati…

Il Cristo raccomandò ai suoi discepoli, mandati come pecore in mezzo ai lupi, di scuotere la polvere dai loro piedi e di procedere oltre, nel caso il suo messaggio non fosse stato recepito…
Poteva prevedere, il Cristo, che le pecore diventassero lupi e che s’accordassero con gli altri lupi per sbranare noi povere pecore? Se sì, perché non lo ha evitato?

Se non lo ha evitato finora, possono le pecore seviziate iniziare a sperare che volga finalmente lo sguardo alle loro innumerevoli, straziate carcasse, e che cominci a punire i lupi coi tremendi castighi di cui è capace?