Papali famiglie

di Monica Lanfranco
da www.womenews.net ⋅

Nonostante quel che dice Papa Ratzinger, La famiglia allargata è la prova inequivocabile che nella vita concreta non c’è spazio per la perfezione astratta, è la risposta antitetica alla condanna di una convivenza infelice, e pericolosa, dentro una coppia bloccata dal rancore e dalla impossibilità di rifarsi una vita fuori da mura che, un tempo protettive, ora rischiano di diventare una prigione orrenda.

“Lo smembramento di una famiglia infelice non dovrebbe essere motivo di lacrime. E’ un cambiamento giusto e sano, e prima avviene, meglio è.” Sono parole di Ivy Compton Burnett, tratte dal suo Servo e serva, scritto nel 1950. Compton Burnett, scrittrice inglese morta nel 1969, scrisse a lungo e solo delle sinistre tragedie, delle feroci lotte di potere, delle tirannie e dei tormenti all’interno delle rispettabili famiglie della borghesia, con uno stile segnato da un impassibile distacco e una modernità sorprendente, scegliendo titoli inequivocabili, come Fratelli e sorelle, Mariti e mogli, Madre e figlio, I grandi e la loro rovina.

Non deve essere una delle autrici preferite dall’attuale pontefice. Ed è un male, non solo e non tanto per la sua cultura generale, ma anche e soprattutto perché in quei romanzi chi legge, anche a distanza di oltre quarant’anni, riceve insegnamenti inestimabili per capire e trasformare le relazioni umane, e quelle familiari in particolare.

E’ di questi giorni il discorso di Benedetto XVI contro le famiglie allargate e contro il divorzio, che assieme all’aborto, all’autodeterminazione delle donne in materia di procreazione e sessualità, e più in generale alla libertà sul proprio corpo nell’inizio e nel fine vita sono i temi preferiti dei suoi gravi attacchi alle conquiste laiche della società contemporanea. Parlando a un gruppo di vescovi brasiliani il papa ha usato parole da crociata: ha denunciato “un assedio alla famiglia basata sul matrimonio tra uomo e donna e la profonda incertezza diffusa nel mondo secolarizzato, specialmente da quando le società occidentali hanno legalizzato il divorzio. Il divorzio, la convivenza e le famiglie allargate rovinano la vita di molti bambini, – ha proseguito – spesso privati dell’appoggio dei genitori, vittime del malessere e dell’abbandono, e che si sentono orfani non perché figli senza genitori, ma perché figli che ne hanno troppi.
La Chiesa non può restare indifferente davanti alla separazione dei coniugi e ai divorzi – ha detto ancora Ratzinger -, davanti alla rovina delle famiglie, e dalle conseguenze create nei figli dal divorzio. Questa situazione, come l’inevitabile interferenza e intreccio di relazioni non può non generare conflitti e confusioni interne, contribuendo a crescere e imprimere nei figli una tipologie alterata di famiglia, assimilabile in qualche modo proprio alla convivenza, a causa della sua precarietà”.

Su un punto il papa, come chiunque osservi con attenzione i pericoli che sta correndo la società italiana, ha ragione: c’è molta confusione, specialmente tra le giovani generazioni e non solo.
Confusione che origina, per usare le parole di una editorialista di Radio Maria (sì, proprio quella) dalla sempre più frequente visione ‘proprietaria’ degli esseri umani sul mondo, a scapito dell’altra possibilità di scelta: quella della custodia. “Vogliamo essere proprietari di noi stessi, delle nostre relazioni, e del mondo che ci circonda, o vogliamo esserne custodi – era la domanda?”

Persino Radio Maria non deve essere una delle fonti predilette del pontefice, perché se lo fosse allora papa Ratzinger avrebbe dovuto meditare profondamente su questo interrogativo, che cito anche se lontano dal mio percorso di donna laica e femminista.
Scegliere un orizzonte di proprietà sulle relazioni umane, sulla famiglia, sui figlie e le figlie, porta di fatto a supportare pratiche di patriarcato nelle quali non sono l’ascolto, i bisogni e le trasformazioni al centro del percorso, ma le regole astratte e astoriche del potere, incarnate nella legge del padre. Praticare la custodia, invece, è una proposta sensata che muove dalla consapevolezza del limite, profondamente umano, che ci porta a riconoscere ed ammettere gli errori, cercando di porvi rimedio, per il bene comune.

La famiglia allargata è la prova inequivocabile che nella vita concreta non c’è spazio per la perfezione astratta, ma che c’è, feconda e generosa, la ricerca del meglio possibile, in particolare per i bambini e le bambine che le abitano. La famiglia allargata è la risposta antitetica alla condanna di una convivenza infelice, e pericolosa, dentro una coppia bloccata dal rancore e dalla impossibilità di rifarsi una vita fuori da mura che, un tempo protettive, ora rischiano di diventare una prigione orrenda. Da questa prigione la legge sul divorzio ci ha liberate, donne e uomini, e ha liberato anche i figli e le figlie, un tempo vittime certe dell’odio potente che origina dalla schiavitù di relazioni affettive imposte.