SANTITA’

di Marina Petrillo
da www.mir.it/servizi/radiopopolare/

So per esperienza diretta che in Irlanda, negli anni Ottanta e Novanta, la questione delle violenze sessuali da parte di sacerdoti cattolici su minori – maschi e femmine – era un sottotesto permanente dell’esistenza, della vita dei giovani e meno giovani, delle loro conversazioni spesso tormentate, dei loro segreti, perfino dei microfoni aperti delle radio commerciali. La vastità del danno era impressionante. Le vittime si portavano questo segreto in silenzio e una volta adulti lo trasferivano sulle loro stesse famiglie. Parlavano soltanto quando veniva garantito loro l’anonimato. Vivevano all’ombra della deferenza verso la religione e la chiesa, spesso tormentati dal senso di colpa, come succede a molte vittime di abusi, perché temevano di averli incoraggiati con il loro comportamento. Una cosa che si dice poco, adesso che lo scandalo della pedofilia nella chiesa è deflagrato nel dibattito pubblico, è che le vittime erano spesso molto povere o particolarmente indifese: orfani, o disabili, scolari che non potevano permettersi le scuole private, o figli abbandonati di quelle famiglie spesso numerosissime a cui la chiesa imponeva di non utilizzare mezzi di contraccezione. Erano alla mercé di coloro che avrebbero dovuto essere i loro custodi morali.

Gli abusi, non soltanto sessuali, prendevano forma nell’isolamento di un rapporto molto particolare: quello fra bambini e ragazzini spesso fragili anche nella collocazione sociale, e preti (e suore) con l’obbligo della castità. In Irlanda il carico di questi abusi, e dell’ipocrisia sessuale in generale, si è riversato anche nelle violenze domestiche. I figli degli abusi cattolici, non tutti in grado di sottoporsi a terapie psicologiche, spesso non sono riusciti a diventare dei buoni genitori.

Una vittima di questi abusi è stata Sinéad O’Connor, la cantante dublinese di cui fa ancora discutere il gesto di strappare la foto del papa nel ‘92. Oggi Sinéad è madre di quattro figli avuti da altrettanti padri diversi, è una cristiana convinta e studia le scritture, impegnata a ritrovare il senso della religione e della coerenza con i suoi principi morali nella vita di tutti i giorni. Con una gigantesca croce al collo, in questi giorni è stata ospite di due show televisivi americani, da Cooper Anderson e da Larry King, che dopo i suoi tanti anni di battaglie contro gli abusi sessuali dei preti cattolici l’hanno convocata, guardacaso, proprio mentre il New York Times girava le accuse contro i sacerdoti direttamente verso papa Benedetto XVI – accuse alle quali è seguito il muro della difesa vaticana. Il radicamento della cultura irlandese negli Stati Uniti sembra permetterle di rivolgersi a una sorta di platea meno compromessa ma comunque partecipe.

Oltre a queste apparizioni televisive, Sinéad ha scritto la settimana scorsa un articolo per il Washington Post (ve lo traduco nel podcast che potete riascoltare qui sotto). Nel suo pezzo sono linkate alcune fonti interessanti, se avete voglia di leggerle integralmente. Lo stesso quotidiano l’ha invitata a un botta e risposta con i lettori. I suoi interventi sono rimbalzati su molti blog, soprattutto americani. Qui trovate anche una sintesi della sua partecipazione al Larry King Show.

TRASCRIZIONE DELL’ ARTICOLO DI SINEAD O’CONNOR

Quand’ero bambina l’Irlanda era una teocrazia cattolica. Se arrivava un vescovo camminando per la strada, le persone si spostavano per cedergli il passo e se un vescovo partecipava a un evento sportivo nazionale la squadra s’inginocchiava per baciargli l’anello. Pensate che se qualcuno commetteva un errore, invece di dire, come si dice di solito, “nessuno è perfetto” dicevamo “Ah, certo sarebbe potuto succedere anche a un vescovo”.

L’espressione era più accurata di quanto ci rendessimo conto.
Questo mese Papa Benedetto XVI ha scritto una lettera pastorale di scuse, o così le ha chiamate, all’Irlanda per chiedere perdono per decenni di abusi sessuali sui minori da parte di sacerdoti di cui questi stessi bambini in teoria avrebbero dovuto fidarsi.
Per molte persone nella mia terra madre la lettera del Papa è un insulto, non soltanto alla nostra intelligenza, ma alla nostra fede e al nostro paese. Per capire perché bisogna rendersi conto che noi irlandesi abbiamo subito un tipo di cattolicesimo molto brutale che ruotava intorno all’umiliazione dei bambini.
Io questo l’ho sperimentato personalmente. Quand’ero ragazzina mia madre era una madre ingiuriosa, certamente men che perfetta, m’incoraggiava a fare piccoli furti nei negozi. Dopo essere stata beccata ancora una volta, ho trascorso 18 mesi nel centro di riabilitazione di An Grianán, un’istituzione dublinese per ragazze con problemi di comportamento e questo è successo su raccomandazione di un’assistente sociale.
An Grianán era una delle famigerate istituzioni sponsorizzate dalla Chiesa che venivano soprannominate “le lavanderie delle Maddalene” che davano un tetto sulla testa, un riparo ad adolescenti incinte o a giovani donne che non “cooperavano”.
Lavoravamo nella cantina, lavando gli abiti dei preti nei lavandini con acqua fredda e pezzi di sapone. Ci facevano studiare matematica e dattilografia. Con le nostre famiglie avevamo un contatto molto limitato e non venivamo pagate per il nostro lavoro. Se non altro, posso dire che una delle suore fu gentile con me e mi diede la mia prima chitarra.

An Grianán era un prodotto del rapporto del governo irlandese con il Vaticano, la Chiesa nel nostro paese aveva una posizione speciale, codificata nella nostra costituzione fino al 1972.
Nel 2007 il 98% delle scuole irlandesi erano ancora gestite dalla Chiesa cattolica, ma le scuole per ragazzini con problemi erano sempre state fucine di barbare punizioni corporali di abusi psicologici e di abusi sessuali.
Nell’ottobre del 2005 un rapporto sponsorizzato dal governo irlandese identificava più di cento presunti episodi di abusi sessuali da parte dei sacerdoti a Fernes, una cittadina 70 miglia a sud di Dublino, avvenuti tra il 1962 e il 2002. I preti accusati non erano mai stati indagati dalla polizia; si dichiarava che essi soffrivano di un problema morale. Nel 2009 una relazione molto simile coinvolgeva gli arcivescovi di Dublino nel nascondere scandali relativi ad abusi sessuali tra il 1975 e il 2004.

Perché, mi chiedo, questo comportamento criminale è stato tollerato? La relazione del 2009 diceva che la ragione principale per cui gli abusi di una minoranza dei componenti della Chiesa è stata tollerata è il ruolo molto prominente che la chiesa ha giocato nella vita irlandese.

Nonostante il lunghissimo coinvolgimento della Chiesa con il governo irlandese le scuse di Papa Benedetto XVI non si è preso la responsabilità di queste trasgressioni da parte dei preti irlandesi. La sua lettera dice che la chiesa irlandese deve prima riconoscere davanti al Signore e davanti agli altri i peccati molto seri commessi contro bambini indifesi.
Ma che cosa si può dire della complicità del Vaticano in quei peccati? Le scuse del Papa danno l’impressione che abbia saputo di questi abusi solo di recente e in un certo senso lo presentano come un’altra vittima. A sua volta dice “Io posso solo condividere il vostro stupore, il senso di tradimento che molti di voi hanno sperimentato sulla loro pelle nel venire a sapere di questi atti criminali e peccaminosi ed il modo in cui le autorità ecclesiastiche in Irlanda li hanno gestiti”. Eppure la brutta lettera del 2001 di Benedetto ai vescovi di tutto il mondo ordinava loro di mantenere le accuse sugli abusi sessuali segrete sotto minaccia di scomunica, aggiornando così una fastidiosa politica della chiesa espressa in un documento del 1962. Questa politica diceva che questi sacerdoti accusati di crimini sessuali e le loro vittime dovessero osservare il massimo segreto ed essere testuali parole “contenute da un silenzio perpetuo”. Il Papa al tempo in cui scrisse quella lettera era un cardinale.

Adesso che siede sul seggio di San Pietro dobbiamo credere che la sua posizione sia cambiata? E dobbiamo trovare qualche conforto nelle rivelazioni della settimana scorsa che nel 1996 si rifiutò di destituire un prete che avrebbe potuto molestare duecento ragazzini sordi nel Wisconsin? Le scuse del Papa dicono che la sua preoccupazione è più di tutto per la guarigione delle vittime, eppure nega loro l’unica cosa che potrebbe portare loro guarigione: una piena confessione del Vaticano di aver coperto questi abusi e di cercare oggi di coprire quella copertura. Invece sorprendentemente il Papa invita i cattolici ad offri tre testuali parole “il loro digiuno, la loro preghiera, la loro lettura delle scritture e le loro opere di bene per ottenere la grazia della guarigione del rinnovamento per la chiesa in Irlanda”. Ancora più stupefacente, suggerisce che le vittime irlandesi possano trovare guarigione nell’avvicinarsi alla chiesa –quella stessa chiesa che ha fatto richiesta di voti di silenzio ai bambini molestati come è successo nel 1975 nel caso di Padre Brendan Smyth, sacerdote irlandese che più tardi è stato perseguito per ripetuti abusi sessuali. Certo dopo aver smesso di ridere molti di noi in Irlanda riconoscono l’idea che abbiamo bisogno che sia la chiesa ad avvicinarsi di più a Gesù non noi. Per gli irlandesi cattolici l’implicazione del Papa, cioè che gli abusi sessuali irlandesi siano un problema irlandese, è una cosa sia arrogante che blasfema. Il Vaticano si sta comportando come se non credesse in un Dio che vede tutto. Le stesse persone che dicono di essere i custodi dello spirito santo stanno calpestando tutto ciò che lo spirito santo in realtà è.

Papa Benedetto XVI dà una rappresentazione criminale del Dio che noi adoriamo, noi credenti sappiamo che lo spirito santo è verità ed è esattamente per questa ragione che riusciamo a capire che Dio non è con queste persone che tanto frequentemente lo invocano.

I cattolici si trovano in un rapporto disfunzionale con l’organizzazione che ha commesso abusi. Il Papa si deve prendere la responsabilità per le azioni dei suoi subordinati. Se ci sono dei sacerdoti cattolici che si stanno approfittando dei bambini è Roma non Dublino che deve rispondere di questo con una piena confessione e con un’investigazione criminale. Finché non lo farà tutti i buoni cattolici, perfino le vecchiette che vanno in chiesa ogni domenica, non soltanto i cantanti di protesta come me che il Vaticano può facilmente ignorare dovrebbero evitare di andare a messa. In Irlanda è arrivato il momento di separare il nostro Dio e la nostra credenza dalla nostra struttura religiosa e dalla nostra fede per i suoi supposti leaders

Quasi diciotto anni fa ho strappato una fotografia di Papa Giovanni Paolo II durante una puntata del “Saturday Night Live”. Molte persone non hanno capito quel gesto di protesta e la settimana successiva un altro ospite dello stesso show, l’attore Joe Pesci, ha commentato che se lui si fosse trovato lì con me mi avrebbe dato uno schiaffo. Sapevo che il mio gesto avrebbe provocato dei problemi, ma volevo semplicemente far ripartire un dialogo, una discussione di cui pensavo ci fosse bisogno e questo fa parte dell’essere un’artista. Quello che veramente mi dispiace fu che la gente per quel gesto pensò che io non credessi in Dio e questo non è assolutamente il mio caso. Io sono cattolica di nascita e di cultura e sarei la prima a ripresentarmi alla porta della Chiesa se il Vaticano offrisse un sincero gesto di riconciliazione. Mentre un vescovo cattolico si dimette l’Irlanda mantiene le stese posizioni delle scuse offensive della chiesa di Roma.

Io chiedo agli americani di capire perché una donna cattolica irlandese sopravvissuta agli abusi sessuali da bambina voglia strappare la foto del Papa e se i cattolici irlandesi, semplicemente perché non hanno osato dire che meritano di meglio, debbano essere trattati come se meritassero di meno.

Sinead O’Connor
da www.washingtonpost.com