Disputa sul celibato

Giacomo Galeazzi
www.lastampa.it 23 marzo 2011

Se, da una parte, il cardinale di Vienna Christoph Schoenborn auspica “un dibattito aperto” anche su “temi controversi” come il celibato, dall’altra il Vaticano impone un secco stop, facendo capire immediatamente che di ridiscutere un aspetto “così determinante della vita sacerdotale” proprio non se ne parla.

A riaprire le danze sulla questione del celibato era stato l’arcivescovo della capitale austriaca, cardinale Schoenborn, ex allievo di Joseph Ratzinger e non nuovo ad analoghi sassi nello stagno, che a margine della riunione della Conferenza episcopale austriaca in corso a Bressanone (Bolzano) aveva detto all’agenzia cattolica Kathpress che “nella Chiesa occorre un dibattito aperto, anche sul tema del celibato”, pur ritenendo che esso “mostra di basarsi su motivi fondati”.

Ma a stretto giro di posta, sulla prima pagina dell’Osservatore Romano, è arrivato l’altolà della Curia vaticana, nella persona del prefetto della Congregazione per il Clero, cardinale Mauro Piacenza, secondo cui “il dibattito sul celibato, che periodicamente nei secoli si è riacceso, certamente non favorisce la serenità delle giovani generazioni nel comprendere un dato così determinante della vita sacerdotale”.

Il porporato genovese, oltre a indicare come “dannosa” l’eventualità di riaprire la discussione sul tema, invita anche i membri della Chiesa a non lasciarsi “condizionare o intimidire da chi non comprende il celibato e vorrebbe modificare la disciplina ecclesiastica, almeno aprendo delle fessure”.

“Residuo preconciliare e mera legge ecclesiastica. Sono queste, in definitiva, le principali e più dannose obiezioni che riaffiorano nel periodico riaccendersi del dibattito sul celibato sacerdotale”, scrive il capo-dicastero vaticano. “Eppure – prosegue -, niente di questo ha reale fondamento, sia che si guardi ai documenti del concilio Vaticano II, sia che ci si soffermi sul magistero pontificio. Il celibato è un dono del Signore che il sacerdote è chiamato liberamente ad accogliere e a vivere in pienezza”.

Secondo il card. Piacenza, per il quale esiste una “radicale continuità tra il magistero che ha preceduto il Concilio e quello successivo”, “solo una scorretta ermeneutica dei testi del Vaticano II – a cominciare dalla Presbyterorum ordinis – potrebbe condurre a vedere nel celibato un residuo del passato di cui liberarsi. E una tale posizione, oltre che errata storicamente, teologicamente e dottrinalmente – aggiunge -, è anche dannosa sotto il profilo spirituale, pastorale, missionario e vocazionale”.

E se il celibato “é questione di radicalismo evangelico”, Piacenza dice di rendersi anche conto che “in un mondo secolarizzato è sempre più difficile comprendere le ragioni del celibato”. “Ma dobbiamo avere il coraggio, come Chiesa – avverte -, di domandarci se intendiamo rassegnarci a una tale situazione, accettando come ineluttabile la progressiva secolarizzazione delle società e delle culture, o se siamo pronti a un’opera di profonda e reale nuova evangelizzazione”.