Ma quale Chiesa nuova, ci vuole nuova umanità!

Nicoletta Rocca
www.cronachelaiche.it

Il 6 aprile scorso il programma televisivo Exit manda in onda due interviste a due preti con vedute differenti sul caso-Ruby. Il 6 aprile non è una data qualunque, ma il giorno in cui inizia il processo al premier proprio in merito agli scandali legati alla minorenne e al giro di prostitute che sembra aver allietato le seratine innocenti del barzellettiere più perseguitato del mondo.

I due preti intervistati sono don Giorgio De Capitani e don Giovanni Bellò. I due fanno lo stesso mestiere: servono entrambi messa, eppure hanno opinioni personali sugli scandali di corte completamente opposte. Il primo a rilasciare l’intervista è don Giorgio che spiega la differenza fra cattolicesimo e cristianesimo, che racconta di come la Chiesa dovrebbe smetterla di essere assimilata a una struttura e quanto sia assurdo che si parli ancora di “Stato vaticano”: «Il vaticano non deve essere uno Stato, è quando si è ridotto ad essere Stato che ha tradito tutto se stesso, no? Perché ha mortificato il cristianesimo. Oggi se dovessi dire se esiste il cristianesimo nella Chiesa cattolica, per me non esiste. Il cristianesimo è fuori, perché vuol dire rivalutare i valori umani».

Alla fatidica domanda sul cosa ne pensa della posizione della Chiesa nei confronti delle ultime vicende scandalistiche, il parroco non fa giri di parole: «io penso che se la Chiesa fosse stata diversa, non avesse avuto questa specie di allenanza continua con Berlusconi, Berlusconi non poteva arrivare a questo punto. La Chiesa avrebbe potuto metterlo alle corde […]. La politica di Berlusconi è contro il vangelo: il suo modo di portare avanti il mercato, di condurre una nazione, è anti-evangelico perché non tiene conto della persona.

È questa la cosa su cui la Chiesa doveva battere e invece va d’accordo su questo. Non è possibile che la chiesa continui a battere il chiodo dell’aborto, del preservativo e del testamento biologico e non si batta per tutti quelli che muoiono di fame, le ingiustizie sociali. E anche sulle centrali atomiche, è forse intervenuta la Chiesa? Non ha mai detto niente. Perché non parlano, perché non prendono posizione, perché?».

Non le manda a dire nemmeno sul ruolo che le donne svolgono per “l’onnipotente” Berlusconi che, a dirla tutta, usa la donna come concetto per attirare voti e manifestare il suo potere agli occhi di chi lo deve votare per semplice ammirazione. Siamo ormai alla fine dell’intervista e il prossimo “prete più amato dai sovversivi comunisti” rivela che già nel 1988 scrisse un articolo sull’allora semi-sconosciuto Berlusconi dal titolo profetico: “Cristo, liberaci da Berlusconi”.

Poi, come ultimo saluto si concede un coraggioso e scorrettissimo: «Con quest’uomo qui non è più possibile niente in Italia, politicamente è impossibile eliminarlo, c’ha troppi soldi, non si può. E allora come facciamo? Non lo so. Forse io sono prete e posso pregare il Padretereno che gli mandi un bell’ictus e rimanga lì secco».

Dopo queste esternazioni che forse ci saremmo aspettati più da un Johnny Rotten qualunque che da un parroco di un paese a maggioranza leghista, l’intervista all’altro prete è decisamente di scarso rilievo soprattutto perché dice le cose che ci si aspetta di sentire proprio da chi indossa ancora i paramenti della messa: ognuno nella propria intimità fa ciò che vuole; la bestemmia non è peccato perché è detta a fin di bene, per far ridere il prossimo; la colpa è delle donne che non stanno mai zitte e mettono sempre nei guai l’uomo. Ci mancava la storia della mela e il quadro era perfetto.

Poi succede che all’indomani della messa in onda televisiva dell’intervista, il nostro eroe senza cravatta, don Giorgio de Capitani, pubblica su internet un videomessaggio di quasi mezz’ora in cui se la prende con la trasmissione Exit, con la conduttrice e con tutti gli ospiti in studio.

Eccola là, pensiamo subito, sarà stato costretto a fare dietrofront e a prendere la distanze dalle sue stesse parole con la scusa della decontestualizzazione. E in effetti il prete rivendica eccome una decontestualizzazione: l’intervista durava un’ora ed è stata artatamente manipolata perché risultasse una condanna agli scandali sessuali mentre il Nostro ingenuamente credeva che il tema si sarebbe allargato per poter esporre il proprio pensiero a tutto tondo.

Poi se la prende con i falsi moralisti che si sono scandalizzati riguardo al “finale a effetto” al quale aggiunge senza timore di strafare che oltre all’ictus l’augurio si completava con la speranza di una lunga degenza in stato vegetativo. Un pensiero l’ha anche per Giovanardi, ospite in studio al quale non risparmia epiteti: porco, ipocrita, puttaniere, servo e connivente. Insomma questo lungo videomessaggio non è per niente di pentimento, ma semmai di aggiunta a quanto precedentemente affermato.

E noi che ci siamo spaventati inutilmente, possiamo continuare a sperare che in seno a una “struttura” viziata ci sia ancora qualcuno che conservi lucidità, coraggio e schiettezza. Allelujah.