Celebrare la Messa no, tu no. Pasqua negata ai sacerdoti sposati

Comunicato stampa dell’Associazione “Sacerdoti lavoratori sposati”

Pare che ancora i sacerdoti sposati debbano aspettare non si sa quanto altro tempo prima di poter celebrare o concelebrare il triduo pasquale insieme ai sacerdoti celibi. Diocesi con carenza di preti, chiese senza un ministro sacro, ma nonostante questo non viene permesso ai preti con moglie e figli di amministrare la Grazia di Dio e annunciare la Parola che salva. Eppure sono sacerdoti in eterno alla pari dei celibi, ma per aver scelto di amare una donna e aver messo al mondo dei figli sono giudicati indegni, colpevoli di aver mancato ad un giuramento o ad un voto voluto dalla Chiesa, e questo è più importante che adempiere alla missione per la quale sono stati chiamati e inviati da Dio stesso.

La Chiesa non contempla l’ipotesi che un sacerdote possa avere la vocazione ad essere ministro del Signore ma non avere al contempo obbligatoriamente la vocazione alla castità o al celibato. Con eccezione delle Chiese d’oriente (cattoliche) la Chiesa latina considera ancora il matrimonio in contrapposizione al sacerdozio ministeriale e considera la forma celibataria una via privilegiata per conformarsi a Cristo sacerdote. I sacerdoti sposati sono da considerarsi di serie B quindi e non devono trovare posto in quei luoghi (vedi l’Italia) dove la maggioranza delle comunità sono guidate da sacerdoti celibi, per non disorientare i fedeli i quali potrebbero venire a conoscenza che il celibato non necessariamente si coniuga col sacerdozio ministeriale.

Infatti la gente pensa che solo i protestanti e gli ortodossi possono avere pastori sposati a differenza dei cattolici. La Chiesa romana fa finta di niente e non affronta il problema. Ipocritamente sa e tollera che sacerdoti e religiosi cadono per fragilità ma si ostina a non voler cambiare le regole, anzi chiede di rinunciare all’amore umano (che è naturale) calpestando i sentimenti e le relazioni uomo-donna che giustamente nascono e si sviluppano tra molti sacerdoti e molte donne delle nostre parrocchie.

Tutti sanno che l’amore può sbocciare in qualsiasi momento, prima o dopo l’Ordinazione sacerdotale, e se è vero amore questo viene da Dio e non può essere slegato, perché “ciò che Dio unisce l’uomo non lo può separare” per mezzo di alcuna norma canonica. Questo modo di fare da alcuni secoli nella Chiesa latina porta ad escludere ogni anno molti sacerdoti sposati dal vivere appieno le celebrazioni pasquali come desidererebbero fare.

Chi pensa ai sacerdoti messi ai margini della comunità cristiana in questi giorni? Forse nessuno. Come nelle festività più importanti così a Pasqua i sacerdoti esclusi soffrono le pene dell’inferno nel vedere calpestata la loro dignità e il loro “diritto” ad esercitare il ministero validamente ricevuto. Teologi e gerarchia dovrebbero avere carità per questi fratelli e discutere senza reticenze sul caso di introdurre la possibilità di non rendere più obbligatorio il celibato per i ministri sacri, mettendo fine anche alla triste consuetudine che molti hanno di condurre una doppia vita pur di non rinunciare o al ministero o all’affetto di una donna.

L’associazione dei sacerdoti lavoratori sposati ha diffuso il comunicato stampa come lettera aperta ai vescovi diocesani e alle gerarchie vaticane. L’associazione è stata fondata nel 2003 da don Giuseppe Serrone, ex parroco di Chia (VT) ed è impegnata da anni per sostenere i diritti civili e religiosi delle minoranze all’interno delle chiese e della società.

Per maggiori informazioni:
http://sacerdotisposati.splinder.com
http://nuovisacerdoti.altervista.org
redazionesacerdotisposati@alice.it