Kingston. Chiusa la Convocazione ecumenica internazionale sulla pace

Nev, n. 21 25 maggio 2011

Gloria a Dio e pace sulla terra: questo lo slogan della Convocazione ecumenica internazionale sulla pace svoltasi a Kingston (Giamaica) dal 17 al 25 maggio, promossa su iniziativa del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) e conclusasi con un messaggio finale. Nel testo si afferma che “con la collaborazione delle altre fedi, abbiamo riconosciuto che la pace è il valore cardine di tutte le religioni e che la promessa di pace si estende a tutti i popoli a prescindere da quale sia la loro tradizione e impegno. Attraverso un intenso dialogo interreligioso intravediamo una base comune in tutte le religioni” (vedi documentazione).

La Convocazione ha rappresentato l’appuntamento conclusivo e cardine del Decennio per sconfiggere la violenza (DOV) lanciato dal CEC nel 2001 e ha coinvolto un migliaio di partecipanti provenienti da chiese, organismi ecumenici e associazioni per la nonviolenza di tutte le parti del mondo. Si è trattato del più grande raduno ecumenico sulla pace mai organizzato nel corso del quale i partecipanti hanno dibattuto e lavorato attivamente su quattro tematiche principali: pace nella società, pace con la terra, pace nell’economia e pace tra i popoli (vedi notizia successiva).

Nel corso della celebrazione inaugurale della Convocazione, la pastora luterana tedesca Margot Kässmann ha sostenuto che “non vi è guerra giusta, ma solo pace giusta, e che una chiesa che non si impegni per la pace, la giustizia e la salvaguardia del creato non è chiesa”. Così come il teologo quacchero e pacifista Paul Oestreicher ha voluto ricordare che “nel momento in cui le chiese hanno stretto alleanza con il potere, esse hanno in realtà contraddetto il Vangelo e – ha aggiunto – che come è stato possibile rendere inammissibile la schiavitù, così si potrà rendere culturalmente inammissibile la guerra”.

Numerose le sessioni di studio e i workshop che si sono svolti in un’atmosfera di profonda condivisione e comunione, creando così le condizioni necessarie affinché i partecipanti potessero porre le basi per un dialogo sincero e proficuo, affinché essi stessi potessero andare oltre i confini che chiudono la possibilità di un’evoluzione dello stile di vita e della condotta del genere umano.

La necessità di superare le barriere è stata sottolineata in un discorso del pastore Burchell K. Taylor, vice presidente dell’Alleanza battista mondiale (ABM), intervenuto nel culto domenicale del 22 maggio, poiché “questi confini – legali, razziali, nazionali, etnici, sociali, economici, culturali, di genere, politici e religiosi – sono giudizi di valore che servono solo per determinare chi è superiore e chi è inferiore, chi domina e chi deve sottomettersi e chi è predestinato ad essere dipendente, chi è destinato a stare al centro e chi, invece, ai margini”.

La pastora Letizia Tomassone, vice presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), ha sottolineato, invece, la necessità di un impegno costante e su più fronti: “La pace non può essere soltanto assenza di guerra. La pace coinvolge i corpi e le anime delle persone, ed è per questo che una falsa pace, una pace ingiusta, non può che provocare altre violenze e altri conflitti”.

Sono stati quattro i temi al centro dell’attenzione dei partecipanti alla Convocazione: pace nella società, pace con la terra, pace nell’economia e pace tra i popoli. Nei vari workshop sono emersi diversi approcci relativi alla risoluzione delle problematiche che, secondo il vescovo Ivan Abrahams della chiesa metodista del Sudafrica “hanno tutti il loro merito, l’uno non esclude l’altro. Infatti sono tutti indissolubilmente legati e persino nella diversità si può parlare con una sola voce”.

Proprio per l’opportunità che ha dato a persone di diverse denominazioni cristiane di mettere in condivisione il proprio punto di vista e di dialogare con gli altri, tutti d’accordo nel riconoscere che la Convocazione è stata una pietra miliare nel cammino verso la pace.

L’importanza del coinvolgimento delle chiese nella questione ambientale è stata ribadita dal pastore Jochen Motte, segretario esecutivo per la giustizia, pace e integrità del creato della Missione evangelica unita (UEM), che ha dichiarato: “il movimento ecumenico dovrà focalizzarsi durante il prossimo decennio sul tema dell’ambiente, così come quello della violenza è stato una priorità nel decennio appena terminato”.

A sottolineare come le diverse tematiche siano diramazione di un unico problema a cui le chiese tutte sono chiamate per trovare una soluzione, la pastora e vice presidente della Federazione delle chiese evangeliche d’Italia (FCEI), Letizia Tomassone, ha rilevato: “Le chiese hanno delle risorse teologiche ancora inesplorate per poter costruire una teologia e una prassi di pace che rispondano alla vocazione di Dio di governare la terra. Sul fronte della pace tra i popoli i partecipanti hanno insistito sulla necessità di porre attenzione ai primi segni dei conflitti, di agire nella prevenzione e nell’educazione alla pace, di investire risorse nella ricerca di modelli diversi di governo e risoluzione dei conflitti a livello mondiale. Identificare le responsabilità, analizzare con chiarezza le radici anche economiche della violenza, sviluppare immaginazione e creatività per dar vita a nuovi modelli di convivenza e di pace. Tutto questo – ha concluso Tomassone – è stato vissuto profondamente in queste giornate”.