Anche in Svizzera i silenziosi della chiesa non fanno rumore

Lettera di Paix Liturgique n° 22 del 12 Luglio 2011
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Nella nostra precedente lettera, abbiamo visto quanto la Chiesa svizzera sia oggetto di contestazioni e di pressioni interne ed esterne. Il rumore dei “cattolici critici” non deve però nascondere il grande silenzio dei cattolici “tout court”. Cattolici che hanno subito, senza aprir bocca, le polemiche diocesane fino a non avere altra scelta, a volte, che di andare a cercare presso la Fraternità San Pio X il raccoglimento e la devozione che non trovano più nel chiasso delle loro parrocchie.

Abbiamo dunque voluto misurare questo grande silenzio attraverso un sondaggio condotto su nostro incarico lo scorso marzo dall’Istituto Démoscope sulla ricezione del Motu Proprio Summorum Pontificum da parte dei cattolici della Svizzera tedesca e romanda. Prima di considerare i risultati è opportuno innanzitutto dare uno sguardo alla situazione della liturgia tradizionale nel paese.

I – LA FORMA STRAORDINARIA IN SVIZZERA

Oggi, in Svizzera, a livello diocesano, esistono una quarantina di luoghi di messa aperti alla forma straordinaria. Ventidue di essi offrono una messa domenicale ogni settimana, in maggioranza ad un orario comodo per le famiglie (tra le nove del mattino e mezzogiorno). Quattro offrono una messa domenicale in modo regolare, ma non ogni settimana. Gli altri, una quindicina, non offrono che la messa nei giorni feriali, settimanale o no. Circa la metà di questi luoghi di messa sono serviti dalla Fraternità San Pietro che è presente tanto nella Svizzera tedesca che in quella romanda (francofona).

Nella diocesi di Coira esistono tredici luoghi di messa, cinque dei quali offrono la messa domenicale settimanale (2 nel cantone di Zurigo, 2 in quello di Schwyz e uno nei Grigioni). Per quanto riguarda la FSSPX, si possono enumerare 31 luoghi di messa per 24 messe domenicali settimanali. Due di questi luoghi sono nella diocesi di Coira, cosa che porta a 15 il numero dei luoghi di messa tradizionale in questa diocesi così tormentata. Non male, ma comunque insufficienti per aver voce in capitolo nella diocesi…

“Non male, ma comunque insufficienti” è un po’ il commento che ci viene in mente per riassumere la situazione della forma tradizionale in Svizzera.

C’è una spiegazione per questa situazione e la si può cercare in alcuni atteggiamenti della Conferenza dei vescovi svizzeri (CVS). In Svizzera, come altrove, i vescovi hanno teso a limitare la portata del testo pontificale emettendo delle “direttive” per la sua applicazione. La duecentosettantasettesima assemblea ordinaria della CVS che si è tenuta dal 10 al 12 settembre 2007, alla vigilia dell’entrata in vigore del Motu Proprio, ha dunque sancito che per un sacerdote svizzero poter celebrare secondo la forma straordinaria del rito necessita l’autorizzazione del vescovo! Niente più niente meno, quando l’articolo 5 del Summorum Pontificum, completato dall’articolo 7, stipula che è l’autorizzazione del sacerdote ad essere necessaria (in caso di richiesta della messa da parte di un gruppo di fedeli) e che il vescovo non interviene che in un secondo tempo in caso di rifiuto del sacerdote, essendo comunque in questo caso “vivamente pregato di esaudire il loro desiderio”!

Con queste direttive, poco conosciute dai fedeli svizzeri, ma perfettamente compenetrate negli ingranaggi diocesani, laici così come religiosi, i vescovi – si escluda Monsignor Huonder del quale questa è stata la prima apparizione in seno alla CVS – hanno stravolto lo spirito stesso del testo pontificale per tornare alle disposizioni del Motu Proprio Ecclesia Dei del 1988. Non stupisce affatto allora che il 61% dei cattolici svizzeri intervistati abbia dichiarato di non conoscere il Motu Proprio Summorum Pontificum…

Nonostante questo i cattolici silenziosi ci sono e hanno le idee chiare. Il nostro sondaggio permette di cominciare a prenderne coscienza. Questo mostra, una volta di più, che i vescovi archeo-conciliari hanno sbagliato proprio tutto.

II – I RISULTATI DEL SONDAGGIO DÉMOSCOPE

Lo scorso marzo 2011, l’istituto Démoscope ha realizzato, per conto di Paix Liturgique, un sondaggio presso 2009 persone residenti in Svizzera (Svizzera italiana esclusa). 722 degli intervistati secondo il metodo CATI (interviste telefoniche), corrispondenti ad un 36% del totale, hanno dichiarato di essere cattolici. Questi 722 cattolici svizzeri hanno poi risposto alle quattro domande abituali delle nostre inchieste.

Domanda n. 1: Lei va alla messa?
Ogni domenica: 8%
Ogni mese: 12%
Per le feste solenni: 19%
Ogni tanto (matrimoni, ecc.): 41%
Mai: 19%
NSP (non si pronuncia): 1%

Le risposte alle domande n. 2, 3, e 4 che seguono sono quelle che concernono i cattolici identificati come praticanti (per lo meno mensilmente) con la risposta alla domanda n. 1. É comunque possibile consultare integralmente i risultati del sondaggio svizzero qui.

Domanda n. 2: “Nel luglio 2007 Papa Benedetto XVI ha ribadito che la messa può essere celebrata sia nella forma moderna detta “ordinaria” o “di Paolo VI” – cioè in lingua volgare, il sacerdote è rivolto ai fedeli e la comunione si riceve in piedi – sia sotto la sua forma tradizionale detta “straordinaria” o “di Giovanni XXIII” – cioè in latino e gregoriano, con il sacerdote rivolto all’altare. Lei personalmente ne ha sentito parlare?”
Si: 56%
No: 42%
NSP: 2%

Domanda n. 3: “Le sembra normale o anormale che entrambe le forme liturgiche (ossia quella moderna detta “ordinaria”, in lingua volgare, e quella tradizionale detta “straordinaria”, in latino e gregoriano) possano venire celebrate nella sua parrocchia?”
Normale: 41%
Anormale: 50%
NSP: 9%

Domanda n. 4: “Se la messa detta “straordinaria”, in latino e gregoriano, venisse celebrata nella sua parrocchia, lei ci andrebbe? Se sì, con quale frequenza?”
Ogni settimana: 16%
Ogni mese: 19%
Per le feste solenni: 10%
Ogni tanto (matrimoni, ecc.): 21%
Mai: 32%
NSP: 2%

III – I COMMENTI DI PAIX LITURGIQUE

A) Questo nuovo studio, condotto secondo le abituali norme scientifiche e professionali, conferma ancora una volta i sondaggi precedenti: a dispetto della forte polarizzazione della chiesa svizzera e del rumore prodotto dai “cattolici critici”, una parte sostanziale dei fedeli (35%) assisterebbe regolarmente alla forma straordinaria del rito romano – intendiamo almeno una volta al mese – se questa venisse celebrata nella loro parrocchia, e dunque, per dire le cose con semplicità, se il Motu Proprio venisse applicato…

B) Il 42% dei cattolici praticanti svizzeri non ha sentito parlare del Motu Proprio di Benedetto XVI… a quattro anni dalla sua pubblicazione (percentuale che si impenna al 61% se si considera l’insieme degli intervistati che si dichiaravano cattolici). Questa cifra, comparabile a quella del Portogallo, è la conseguenza della legge del silenzio che regna attorno all’argomento della messa tradizionale in Svizzera. Di per sè, questo silenzio la dice lunga sulla mancanza di zelo da parte dell’episcopato svizzero a far conoscere il Motu Proprio di Benedetto XVI ai fedeli.

C) Questo sondaggio dimostra una volta ancora che trattare la questione dell’applicazione del Motu Proprio attraverso la sola questione della domanda espressa dai fedeli è una mancanza di conoscenza grave delle loro aspirazioni ed anche un modo di procedere sleale che non ha altro scopo che di impedire che il testo di Benedetto XVI venga applicato. Visto l’atteggiamento della Conferenza dei vescovi svizzeri che nel settembre 2007 ha addirittura sottomesso all’autorizzazione del vescovo la possibilità per un sacerdote di celebrare secondo la forma straordinaria e visto il numero ridicolmente basso di fedeli a conoscenza del Motu Proprio in Svizzera, ci sia permesso oggi di puntare il dito sulla responsabilità dell’episcopato elvetico in questo vero e proprio affossamento del testo pontificale.