Senza parole?

Sergio Paronetto
Pax Christi Italia, 18 luglio

Parole assenti. Le parole legate al disarmo e alla pace sono oggi le grandi assenti dall’economia, dalla politica, dal linguaggio. Tre esempi.

Nella manovra finanziaria. Nessun accenno a una riduzione-riconversione delle spese militari, delle missioni militari o dei progetti di costruzione di costosissimi sistemi d’arma. Anni fa Roul Follereau chiedeva alle due superpotenze un bombardiere in meno per sconfiggere la lebbra. Quasi nessuno oggi chiede qualche F-35 in meno per spese sociali o per la cooperazione internazionale (viene anche azzerato il volontariato internazionale). La campagna della Rete Disarmo e di Pax Christi è pienamente attuale. Ma sconosciuta e inascoltata.

Nel dibattito economico. I “nove impegni” per lo sviluppo proposti da “Il Sole 24 Ore”, apprezzati dal presidente Napolitano, contengono elementi interessanti ma non prevedono le parole disarmo, riduzione o riconversione bellica, che sembrano tabù, avvolte da un manto sacrale intoccabile, annuncio di “alieni”. Le parole del papa sui profughi somali, quelle di mons. Martinelli sulle vittime civili in Libia, quelle di chi informa sul dramma di Gaza sembrano provenire da altri mondi.

Nel linguaggio “democratico”. Un recente studio sul lessico degli italiani, promosso dall’Osservatorio Demos-Coop, rileva il diffondersi di un linguaggio “mite”, di parole come solidarietà, bene comune, partecipazione…Il clima politico sembra rinnovarsi. E’ vero che bene comune e solidarietà contengono l’idea di pace. Ma la pace collegata al disarmo o a una “politica di pace con mezzi di pace” (nonviolenza) non è evidente, non è parola operativa tra tanti giovani “indignati”.

Conclusione. Avverto con tormento che l’azione degli operatori di pace è da rinnovare, da rilanciare, da re-inventare. Parole generatrici come pace, disarmo e nonviolenza hanno bisogno di radicarsi nella politica, nell’economia, nei processi di formazione, nei progetti pastorali, in un calmo e determinato impegno quotidiano. Necessitano di attori capaci di dirle, di tradurle, di viverle. Altrimenti perdono significato e rischiano di perdersi, osserva un sociologo, lasciandoci sperduti e senza parole.