Aquaviva: l’ 8 per mille alla Chiesa va ridotto

Maria Antonietta Calabrò
http://archiviostorico.corriere.it/ 30 agosto 2011

«No, non è solo una polemica ferragostana: esiste oggettivamente un problema sia per l’ 8 per mille per la Chiesa cattolica e per le altre confessioni religiose, sia per le agevolazioni Ici». Parola di Gennaro Acquaviva che è stato il plenipotenziario di Bettino Craxi per la revisione del Concordato del 1984 (che è alla base del meccanismo in virtù del quale oggi sono regolati i rapporti economici tra Chiesa e Stato).

Acquaviva chiarisce cosa intende dire: «Da almeno 10 anni quella percentuale (l’ 8 per mille appunto) è troppo alta, andrebbe, secondo me, ridotta almeno di un punto, dall’ otto al sette per mille». Ex senatore socialista che si definisce «figlio fedele della Chiesa e cattolico praticante», vede ora la necessità di un cambiamento.

«Perché – spiega – in questi anni è cresciuto, e grazie a Dio in maniera cospicua, il gettito Irpef». Dalla metà degli anni Novanta la ricchezza personale degli italiani è molto aumentata. «Quindi il meccanismo che avevamo individuato – continua – è andato molto al di là di quello che potevamo immaginare nell’ 84, sia da parte italiana sia da parte della Cei».

Acquaviva non chiede certo alla Chiesa di pensare a «una rinuncia, ma a una riduzione», questo sì, «per coerenza con lo scopo dell’ 8 per mille». Non c’ è alcun dubbio che questi soldi «sono sempre stati ben spesi e amministrati, senza che mai siano venuti alla luce episodi neppur minimi di cattiva gestione», ma secondo l’ ex senatore, mantenendo tutto com’ è, «si tradirebbe lo stesso spirito del Concordato che è quello di garantire l’ autonomia e la libertà della Chiesa, ma – precisa – non oltre: l’ ammontare del gettito è invece cresciuto moltissimo». È quello che denunciano anche i Radicali.

Ma Acquaviva prende le distanze da quelle accuse: «Il metodo dei radicali non va bene perché non si può strattonare in questo modo un soggetto come la Chiesa cattolica che letteralmente tiene in piedi e unito il nostro Paese: su questo il segretario del Pdl, Angelino Alfano, ha pienamente ragione. È una questione di bene comune».

Poi scherza, ma non troppo: «Io dico sempre che se si fermano i preti e le parrocchie si ferma l’ Italia». Eppure qualcosa va migliorato. «Oggi come oggi si pone il problema di un gesto autonomo della Cei, cui il Concordato ha demandato i rapporti con lo Stato italiano: sta alla Conferenza episcopale italiana pensare al da farsi, al di là delle polemiche agostane».

La commissione mista per rivedere nel tempo il meccanismo, che fine ha fatto? «Non so niente e non conosco neppure il nome dei suoi componenti ma – aggiunge Acquaviva – quello è un luogo di valutazione, non di decisione». Quindi non si può pretendere dalla commissione quello che essa non può dare: «In sostanza la prima mossa è in mano alla Cei», come ha sostenuto sul Corriere Alberto Melloni, conferma l’ ex senatore.

Resta poi la questione delle agevolazioni Ici che potrebbero essere oggetto di emendamenti alla nuova manovra. «Le norme attuali sono troppo ambigue e lasciano maglie troppo larghe», frutto come sono, nell’ opinione di Acquaviva, di un «rapporto di tipo gentiloniano, direi lobbistico, che si è instaurato nella Seconda Repubblica, tra Chiesa e Stato».

Un’ ultima considerazione scettica riguarda la tesi del complotto, enunciata in un editoriale di Avvenire , che starebbe dietro le polemiche di questi giorni. «Se la massoneria fosse così organizzata in Italia – conclude – il Psi sarebbe ancora al potere».