“Noi siamo Chiesa”, firmato Ratzinger di S.Magister

Sandro Magister
http://chiesa.espresso.repubblica.it, 30 settembre 2011

Rarissime volte, nei discorsi e nelle omelie del suo recente viaggio in Germania, Benedetto XVI si è distaccato dal testo scritto. La battuta che ha improvvisato parlando al Bundestag, il 22 settembre a Berlino, è quella che ha colpito di più. Nel citare Hans Kelsen, filosofo del diritto, che nel 1965, a 84 anni, cioè alla sua stessa età, aveva sostenuto una certa tesi, il papa ha aggiunto a braccio, sorridendo: “Mi consola il fatto che, evidentemente, a 84 anni si sia ancora in grado di pensare qualcosa di ragionevole!”.

Tuttavia, tra i diciotto discorsi tenuti da Benedetto XVI nei quattro giorni passati in terra tedesca, ce n’è uno nel quale egli non ha letto alcun testo preparato in anticipo. E il cui contenuto è stato messo per iscritto e reso pubblico solo dopo il ritorno a Roma del papa. È il discorso che egli ha rivolto ai seminaristi nella cappella di San Carlo Borromeo del seminario di Friburgo in Brisgovia, nel pomeriggio di sabato 24 settembre. Ai candidati al sacerdozio Benedetto XVI ha sempre dedicato una particolare cura.

Ai seminaristi di tutto il mondo ha rivolto un anno fa, il 18 ottobre del 2010, una delle sue lettere aperte più toccanti, con passaggi autobiografici relativi alla sua gioventù: “Cari seminaristi, nel dicembre 1944…” Riflettendo su questa lettera, i seminaristi di Friburgo avevano inviato al papa una loro risposta, che Benedetto XVI, incontrandoli, ha definito “bella” e “seria”. Il discorso a braccio rivolto dal papa ai seminaristi di Friburgo il 24 settembre è stata la prosecuzione di questo dialogo.

La sua trascrizione integrale, tradotta in sei lingue dall’originale tedesco, è nel sito web del Vaticano: “È per me una grande gioia poter incontrarmi…” Come tutti i suoi discorsi pronunciati a braccio, anche questo consente di penetrare in modo diretto nel pensiero di papa Joseph Ratzinger e in ciò che più gli sta a cuore. Ma c’è in esso un passaggio che merita di essere evidenziato.

È il paragrafo in cui Benedetto XVI ragiona sul nome – “Noi siamo Chiesa” – del movimento di contestazione ecclesiale più diffuso e più attivo nei paesi di lingua tedesca, mobilitatosi con speciale intensità all’approssimarsi del terzo viaggio del papa in Germania:

“Soltanto nel ‘noi’ possiamo credere. A volte dico: san Paolo ha scritto: ‘La fede viene dall’ascolto’, non dal leggere. Ha bisogno anche del leggere, ma viene dall’ascolto, cioè dalla parola vivente, dalle parole che gli altri rivolgono a me e che posso sentire; dalle parole della Chiesa attraverso tutti i tempi, dalla parola attuale che essa mi rivolge mediante i sacerdoti, i vescovi e i fratelli e le sorelle. Fa parte della fede il ‘tu’ del prossimo, e fa parte della fede il ‘noi’.

E proprio l’esercitarsi nella sopportazione vicendevole è qualcosa di molto importante; imparare ad accogliere l’altro come altro nella sua differenza, ed imparare che egli deve sopportare me nella mia differenza, per diventare un ‘noi’, affinché un giorno anche nella parrocchia possiamo formare una comunità, chiamare le persone ad entrare nella comunanza della Parola ed essere insieme in cammino verso il Dio vivente. Fa parte di ciò il ‘noi’ molto concreto, come lo è il seminario, come lo sarà la parrocchia, ma poi sempre anche il guardare oltre il ‘noi’ concreto e limitato al grande ‘noi’ della Chiesa di ogni luogo e di ogni tempo, per non fare di noi stessi il criterio assoluto.

Quando diciamo: ‘Noi siamo Chiesa’, sì, è vero: siamo noi, non qualunque persona. Ma il ‘noi’ è più ampio del gruppo che lo sta dicendo. Il ‘noi’ è l’intera comunità dei fedeli, di oggi e di tutti i luoghi e tutti i tempi. E dico poi sempre: nella comunità dei fedeli, sì, lì esiste, per così dire, il giudizio della maggioranza di fatto, ma non può mai esserci una maggioranza contro gli apostoli e contro i santi: ciò sarebbe una falsa maggioranza. Noi siamo Chiesa: siamolo! Siamolo proprio nell’aprirci e nell’andare al di là di noi stessi e nell’esserlo insieme con gli altri!”.

Come si può notare, Benedetto XVI ha fatto leva sul nome di “Noi siamo Chiesa” per rovesciarne però il significato: da un “noi” separato e contrapposto a un “noi” che abbraccia la Chiesa “di tutti i luoghi e tutti i tempi”.

Il movimento “Noi Siamo Chiesa” si è costituito nel 1995 con una raccolta di firme in appoggio a un “Appello del Popolo di Dio” nel quale si proponevano l’elezione democratica dei vescovi, gli ordini sacri alle donne, l’abbattimento della divisione tra clero e laicato, l’eliminazione dell’obbligo del celibato per il clero, una nuova morale della sessualità, eccetera.

La raccolta delle firme, arrivate a due milioni e mezzo, ha avuto inizio in Austria e successivamente si è estesa a Germania, Italia, Spagna, Stati Uniti, Olanda, Belgio, Francia, Inghilterra, Portogallo, Canada. Al primo documento ne sono seguiti numerosi altri. Tuttora l’epicentro di “Noi siamo Chiesa” è in Austria e Germania, con vasto seguito tra il clero, con una certa capacità di pressione sugli stessi vescovi e con un alone di simpatia in diversi seminari.

Salvo errore, questa è la prima volta in cui Joseph Ratzinger, da papa, ha citato “Noi siamo Chiesa” in un discorso pubblico.