Sì al dialogo fra Chiesa e non credenti, no a interventi a gamba tesa sulla politica italiana

Claudia Mura
http://notizie.tiscali.it/articoli/interviste
, 28 ottobre 2011

Giovedì , a 25 anni dalla prima Giornata per la pace promossa da papa Wojtyla, Benedetto XVI ha presieduto l’incontro interreligioso di Assisi. Fra le delegazioni cristiane, cattoliche, ebraiche e musulmane erano presenti anche quattro delegati “non credenti” , coloro “che non hanno religione ma che si interrogano sul senso ultimo delle cose, che sono in cammino e in pellegrinaggio laico verso i grandi valori”. Non è la prima volta che il Papa mostra interesse per atei e agnostici e in un convegno intitolato ai “Pellegrini della verità”, il contributo di chi non ha fede è dal Pontefice considerato uno stimolo proprio alla ricerca della verità. Della delegazione dei non credenti faceva parte anche il filosofo Remo Bodei, docente alla Ucla di Los Angeles e all’Università di Pisa, e tra i fondatori del Festival Filosofia di Modena.

Da poco il Pontefice ha fatto un’affermazione molto forte: “Meglio gli atei dei falsi credenti”. Professor Bodei come interpreta questa apertura?

“Per la prima volta la Chiesta cristiana cattolica si è aperta a un confronto, non solo con le altre religioni, ma anche con chi è fuori dalla tradizione fideistica. Il Papa ha scelto un’immagine tratta dalla storia ebraica in cui nel tempio di Gerusalemme c’era un cortile per gli ebrei e un cortile per i gentili – i non ebrei – che erano ammessi al tempio ma separati da un muro. Oggi il problema è quello di abbattere questo muro progressivamente, senza che ci siano relazioni di pura cortesia ma una ricerca comune della verità. Ciascuno di noi nasce senza sapere e volere, in un determinato tempo e luogo, con un corpo ricevuto in eredità dai genitori e fatica molto per raggiungere a tappe forzate la comprensione del mondo in cui è caduto. Il rischio è che, alla fine, ognuno si faccia le sue opinioni senza confrontarle.

”Il nome dato da Ratzinger all’incontro è “Pellegrini della verità”. Lei si considera tale?

“Noi siamo in condizioni di conoscere pochissime cose e con la nostra grandissima ignoranza abbiamo tutti il bisogno di cercare la verità, che non può essere degradata a semplice opinione, soprattutto oggi che c’è un analfabetismo di ritorno preoccupante e una infantilizzazione del pubblico della quale sono responsabili i media, soprattutto la tv, che tendono a semplificare ogni messaggio. Anche a livello politico assistiamo alla sostituzione completa della verità, si vive in un mondo di favola, inventato alla Truman show, il film di Peter Weir.

Quale dialogo è possibile fra credenti, e fra credenti e chi è estraneo alla fede?

“Il confronto deve essere franco, anche spigoloso ma rispettoso. I non credenti – non mi piace questa espressione perché si tratta di persone che credono altre cose – non hanno un vantaggio rispetto alla Chiesa: non posseggono una verità rivelata. Mentre la Chiesa ha delle verità granitiche, noi abbiamo dei dubbi e poniamo delle domande. Ecco io credo che queste domande debbano porsele anche gli ambienti ecclesiastici. Si può trovare un modo per una ricerca comune della verità. Porsi delle domande reciprocamente, perché la Chiesa ha molto da insegnare coi suoi duemila anni di storia e di saggezza, ma anche i laici hanno qualcosa da dire e la Chiesa ha molto da imparare.”

Cosa le ha lasciato l’esperienza di Assisi?

“È stato un incontro interessante: c’erano anche animisti africani, buddisti, era uno spettacolo vedere quei costumi coloratissimi, e anche antropologicamente è stata una bella esperienza. L’idea è quella di un pellegrinaggio, e Assisi rappresenta l’umiltà francescana per cui tutti possono discutere senza svendere le proprie opinioni. Il Papa ha fatto un discorso bello e interessante mettendo la sordina ad affermazioni come quelle fatte all’inizio del suo pontificato, male interpretate dagli islamici, ed evitando di parlare ancora di relativismo ha aperto a questo confronto che io penso sia salutare per tutti.”

Joseph Ratzinger sembra prestare un’insolita attenzione soprattutto agli agnostici che definisce “persone alle quali non è stato dato il dono del poter credere e che tuttavia cercano la verità, sono alla ricerca di Dio”.

“Questo non mi piace, non mi piace il fatto che cerchi di mettere un cuneo fra atei e agnostici. Non è che questi ultimi siano in cerca di dio, sono in cerca della verità che può non essere quella cristiana, o buddista, o confuciana. Quindi quella di dividere gli atei dagli agnostici mi sembra una strategia politico-tattica. Io mi sono trovato a fare garbatamente notare al cardinale Ravasi che l’enciclica Veritatis splendor, di Giovanni Paolo II, che riduce la verità allo splendore del cristianesimo, implica che questa verità – già ammessa come assoluta – chi non la vede o è cieco, o è daltonico, o è in mala fede. Così non c’è dialogo. Se tu dici: ‘io ho la verità e tu ti devi avvicinare alla verità mia’, non va bene. Come ho detto io, ci vuole un disarmo bilaterale in cui ognuno accetta di capire le ragioni degli altri, di ascoltare con uno sforzo vero, non semplicemente una parata come è stata, giustamente, questa di Assisi. Perché anche le forme contano, ma dietro questa idea, che è un’idea forte, ci deve essere l’incontro fra uomini che hanno un comune modo di sentire. Se questo incontro è un puro andare verso dio, in senso cattolico, beh allora si parte male.”

In effetti l’interpretazione che Ratzinger fa della visione agnostica è quella di chi è tormentato dall’assenza di dio ma lo cerca.

“Può darsi che ci sia anche chi si tormenta, ma non è che gli agnostici stiano sempre a tormentarsi su assunti indimostrabili. Probabilmente le religioni sono un prodotto umano, dio è una creazione degli esseri umani dettata da paure, speranza, proiezioni di desideri. Come faccio a dire che dio esiste o che l’anima è immortale? Nessuno è mai tornato indietro a dirmelo. Il problema è di distinguere fra religiosità e il sacro, tra la ricerca del senso, perché la vita è più grande di noi e non abbiamo tanti strumenti conoscitivi a disposizione, e il riconoscersi in un ‘io’ storico dogmaticamente presentato e interpretato.”

Ha trovato che in questo incontro ci fosse più forma che sostanza?

“Al cardinale Ravasi ho citato una vecchia reclame della Bic: “Scrivete più scuro, leggere più chiaro”. Quindi: leggete le differenze perché solo così si può discutere, altrimenti sono cose untuose e cerimoniali. Se l’incontro si fa, deve essere un confronto aperto in cui la Chiesa non rinuncia ai proprio dogmi, perché la parola di Dio non si tocca, ma il ‘ricercante’ non può accettare il premio di consolazione che se sei buono vai in paradiso. In fondo la Chiesa con questo suo monopolio della salvezza (se non fai questo sarai dannato, se fai quest’altro sarai salvato) è un po’ ricattatoria.”

Lei si considera ateo o agnostico?

“Dell’ateo una cosa sola non mi piace: il fatto che abbia come bersaglio qualcosa che non crede esista. Che si ponga in maniera militante contro qualcosa che ritiene una bugia. Ma non mi piace nemmeno l’agnostico che non crede a niente e lascia in bilico le cose. A me piace uno che cerca, che interroga e ascolta.”

Va bene il dialogo ma, diciamoci la verità, ciò che ai non credenti fa paura del Vaticano è la sua influenza sulla politica italiana a proposito di norme come quella sul testamento biologico, coppie di fatto, fecondazione assistita e su ciò che la Curia definisce i “valori non negoziabili”.

“Durante un dibattito pubblico col cardinale Ravasi me la sono presa con l’idea che la religione deve avere un ruolo pubblico. La Chiesa può dire quello che le pare ma non può avere degli scambi di interesse con la politica attraverso i quali tolgono l’Ici o danno 238 milioni di euro alle scuole private. La Chiesa non può imporre una legge sul testamento biologico a quelli che non sono credenti. Perché io devo soffrire come un cane con l’alimentazione forzata quando non c’è più speranza di vita?”

Il Papa se la prende con gli “atei combattivi”, ma resta il fatto che chi non crede sente di doversi difendere dall’imposizione di un’etica che gli è estranea e lo costringe al rispetto di valori che non condivide.

“Certamente, io non posso accettare interventi a gamba tesa sulle politiche che riguardano tutti. Perché dobbiamo accettare la legge sul testamento biologico o sulla fecondazione assistita perché Berlusconi ha bisogno dei voti dei cattolici? Lui che è miscredente come nessuno, un peccatore al quadrato che difende valori in cui palesemente non crede per calcolo elettorale. La Chiesa dovrebbe essere superiore a tutto questo. Vive nel mondo, probabilmente ha bisogno di soldi e di appoggio, però così non si qualifica bene.”

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Assisi: la pace vince l’abitudine alla violenza

Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della pace
www.msna.org

Il rifiuto di ogni forma di violenza, la messa in guardia contro le strumentalizzazioni delle religioni a fini politici o di dominio, il ripudio “dell’adorazione dell’avere e del potere”: sono alcuni dei grandi temi della Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo celebrata oggi ad Assisi.

“Le religioni possono fare molto in questa fase di crisi, segnata dal potere e dal dominio del denaro” dice alla MISNA padre Adriano Sella, un missionario saveriano che anima la Rete interdiocesana per i nuovi stili di vita. La riflessione sulla crisi finanziaria, economica e sociale degli ultimi anni, il dovere della vicinanza ai più deboli e l’impegno per la dignità della persona hanno attraversato l’incontro nella città umbra. “L’adorazione di Mammona, dell’avere e del potere, si rivela una contro-religione in cui non conta più l’uomo ma solo il vantaggio personale” ha detto Papa Benedetto XVI di fronte ai fedeli riuniti nella Basilica di Santa Maria degli Angeli.

La riflessione sulle difficoltà economiche e sociali si è intrecciata all’impegno comune delle religioni contro la violenza, il tema scelto da Giovanni Paolo II 25 anni fa per la prima volta ad Assisi. “La lotta per la pace deve stimolare in modo nuovo tutti noi” ha sottolineato oggi Benedetto XVI. Gli hanno risposto i rappresentanti delle altre Chiese cristiane, dell’Islam, dell’ebraismo, del buddismo, dell’induismo e finanche delle religioni tradizionali d’Africa. “In tutti i discorsi – dice da Assisi alla MISNA Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della pace – c’era l’impegno ad alimentare il dialogo tra le religioni e la condanna di ogni loro strumentalizzazione o uso improprio”.

L’incontro di Assisi trae forza anche da alcune osservazioni critiche e proposte. “La Giornata – sostiene Lotti – avrebbe potuto radicarsi di più nella storia di questi giorni, facendo ad esempio i conti con l’aggravarsi delle ingiustizie planetarie o le domande di libertà e le repressioni che attraversano il Nord Africa, il Medio Oriente e altre aree del mondo”.

Secondo padre Sella, Assisi conferma l’esigenza di aumentare il lavoro sul territorio. “L’ecumenismo e il dialogo interreligioso – dice il missionario, facendo riferimento alla sua esperienza in Brasile – sono più forti quando partono dal basso, quando comunità di fedi differenti si uniscono per difendere l’ambiente o i diritti delle persone”.