In Tv straripa, in Italia sbiadisce. La Chiesa cattolica nel VII rapporto sulla secolarizzazione

Valerio Gigante
www.adistaonline.it

Strumento sempre più utile (ma ancora in gran parte ignorato dai grandi organi di informazione) per monitorare e misurare il grado di adesione della popolazione italiana alla Chiesa cattolica ed alle pratiche religiose, il Rapporto annuale sulla Secolarizzazione in Italia, presentato a Roma lo scorso 12 dicembre presso la Facoltà Valdese di Teologia, è giunto quest’anno alla sua settima edizione.

Curato dalla Fondazione Critica Liberale e dalla Cgil-Nuovi Diritti, il Rapporto di quest’anno è stato accompagnato da altri due fascicoli, che ne rendono più completa e chiara la panoramica su Chiesa e società. Il primo è un ampio dossier (alla sua prima edizione) sulla presenza delle Chiese nei media televisivi, attraverso i talk show, le fiction (come “Don Matteo”), le cerimonie religiose trasmesse in tv. Il secondo è un dossier (giunto alla seconda edizione) sui tempi di notizia e di parola di Benedetto XVI e dei soggetti confessionali, che riguarda gli anni che vanno dal 2008 al primo trimestre del 2011.

La lettura complessiva dei dati (riferibili ormai a ben 19 anni) porta sempre alle stesse conclusioni, ogni anno semmai più evidenti a causa della mole e della ampiezza dei dati a disposizione che indicano un trend che non accenna a modificarsi: gli Italiani mostrano una crescente disaffezione rispetto alla Chiesa, alle sue pratiche, ai suoi dettami ed evidenziano contestualmente una crescente autonomia rispetto alle indicazioni e alle direttive (morali, di costume, politiche) provenienti dalle gerarchie cattoliche.

Una realtà che il mondo politico, sempre più attento a mantenere stretti rapporti con le istituzioni religiose, stenta a comprendere. Ma che la Chiesa cattolica ha chiara ormai da anni ed a cui ha cercato di porre rimedio da una parte attraverso una presenza organizzativa che riesce ad essere ancora molto forte e capillare nel Paese; dall’altra, considerando ormai l’Italia (e più in generale l’Europa tutta) “terra di missione”, tanto da aver dedicato un dicastero pontificio alla “rievangelizzazione dell’Occidente”; infine, cercando di essere presente in maniera massiccia nei media ed in tutti i luoghi dove si forma e l’opinione pubblica e il senso comune.

Il Rapporto, nel presentare questo processo, ed i suoi effetti, ha dalla sua parte la forza dei numeri, che sono quelli forniti da “fonti ufficiali”, insospettabili di partigianeria, come Cei, Ministero dell’Istruzione, Ministero della Salute, Istituto Superiore di Sanità, Istat, Annuario Statistico della Chiesa Cattolica. Dati che Critica Liberale e Cgil Nuovi diritti si limitano ad elaborare ed ad incrociare in un quadro organico, dal quale ogni anno viene ricavato un “indice di secolarizzazione” che descrive attraverso un indicatore numerico l’andamento della dimensione pubblica della religione nel Paese. Ebbene, anche quest’anno l’indice è cresciuto, arrivando ad un valore assoluto 1,524, numero composto considerando 25 indicatori socio-demografici relativi a 4 settori: pratica religiosa; adesione alle indicazioni della Chiesa cattolica; organizzazione ecclesiastica; scelte nell’istruzione.

Scorrendo i numeri analizzati dal Rapporto, emerge che la percentuale dei bambini battezzati con età inferiore a un anno, rispetto al totale dei nati vivi nell’anno di riferimento, scende dal 1998 in poi, raggiungendo nel 2009 il 70,3%, con una perdita, rispetto al 1991, di più di 19 punti percentuali. Diminuiscono anche sacramento della confermazione (dall’11,1 cresime ogni mille cattolici si passa al 7,6) e matrimoni concordatari, che riguardavano l’82,53% della popolazione nel 1991 e che scendono al 62,80% nel 2009. Aumentano al contrario le convivenze. E i divorzi salgono dai 23mila circa del 1991 ai 54.456 del 2009. Fino al 2003, inoltre, la percentuale degli studenti che si avvalevano dell’insegnamento della religione cattolica era di circa il 93%; da allora, la diminuzione è stata costante e nel 2009 la percentuale è scesa al 90%. Aumenta anche l’uso della pillola anticoncezionale, ma anche quello dei medici obiettori che si rifiutano di praticare aborti terapeutici. Calano invece le iscrizioni alle scuole cattoliche di primo e secondo grado, mentre restano alte quelle delle università.

Per quanto riguarda la dimensione intra-ecclesiale, diminuisce il numero di iscritti nei seminari. Tra i seminaristi che frequentano le scuole superiori si è infatti passati dai circa 7.000 del 1991 ai 2.800 rilevati nel 2008, con un lieve recupero nel 2009 (2.912). Gli iscritti alle facoltà cattoliche di Teologia e Filosofia, invece, calano lievemente rispetto all’anno precedente e nel 2009 raggiungono le 5.533 unità. Un altro indicatore interessante è quello delle nuove ordinazioni: anche qui si rileva una forte tendenza alla diminuzione, passando da 547 nuovi preti del 1991 ai “soli” 405 nel 2009, con un andamento piuttosto altalenante nel corso degli anni. Complessivamente, tra il 1991 ed il 2009 i preti sono passati da 57.274 a 48.333; i religiosi da circa 5.000 a 2.988; le religiose da 125.800 a 93.391; i laici consacrati da 500 a 200 e le laiche consacrate da 13.500 a 8.546.

A fronte di questi dati, la presenza della Chiesa sui media televisivi cresce notevolmente e i mezzi di comunicazione continuano a essere intasati dalla comunicazione cattolica. Tanto è vero che di fronte alle 7 ore e 23 minuti riservati nei vari talk show ai soggetti cattolici, tutte le altre confessioni religiose messe assieme totalizzano una presenza di 22 minuti. Anche i tempi di parola concessi dai telegiornali al papa sono in continuo aumento. Solo il Tg1 gli dedica tra le 7 e le 8 ore all’anno. 4 ore il Tg2, 2 ore il Tg3. Tra i telegiornali delle reti private, è il Tg5 quello più “attento” alle parole del pontefice, cui vengono dedicate ogni anno tra le 6 e le 7 ore di trasmissione.

Nonostante tutto ciò, e nonostante il battage pubblicitario che invita i cittadini a versare l’8 per mille alla Chiesa cattolica, calano le firme dei contribuenti italiani: nell’ultimo anno disponibile, il 2007 (prima ancora dell’esplodere dello scandalo pedofilia e delle varie inchieste e scandali che hanno riguardato esponenti della gerarchia cattolica), solo l’85% dei contribuenti ha deciso di destinare una quota del proprio imponibile a favore della Chiesa cattolica.