Simposio sugli abusi: la Chiesa adotta nuovi strumenti per la tutela dei bambini

Stefano Leszczynski
www.oecumene.radiovaticana.org/it, 10 febbraio 2012

Guardare in faccia la realtà del peccato per procedere sulla strada del pentimento. Il percorso intrapreso dalla Chiesa dopo lo scandalo degli abusi sui minori commessi da membri del clero in diverse parti del mondo ha ormai una sua pietra miliare nel Simposio “Verso la guarigione e il rinnovamento” conclusosi ieri presso l’Università Gregoriana. Ai quattro giorni di dibattito hanno preso parte i delegati di 110 Conferenze episcopali e di oltre 30 ordini religiosi.

Il rinnovamento spirituale della Chiesa auspicato da Benedetto XVI nel messaggio di saluto al Simposio dedicato al dramma degli abusi sui minori avvenuti nella Chiesa è iniziato. La strada – ha sottolineato l’arcivescovo di Baviera, cardinale Reinhard Marx nella relazione a chiusura dei lavori – è ancora lunga, ma l’obiettivo è quello di restituire alla Chiesa la missione che le è propria, e cioè essere una guida a livello universale nella difesa dei bambini e delle persone vulnerabili. Primo strumento concreto per aiutare i vescovi e i sacerdoti in questo rinnovamento è il Centro per la protezione del bambino, istituito proprio a Monaco dall’Università Gregoriana. Per un bilancio dell’incontro ascoltiamo padre Hans Zollner, presidente del Simposio:

R. – Abbiamo visto che persone da tutto il mondo – vescovi, superiori generali e persone impegnate nella lotta contro l’abuso – si sono incontrate e hanno potuto parlare, hanno potuto confrontarsi, scambiarsi idee e anche progetti di collaborazione per il futuro. Tantissime persone, che provengono da zone dove non si parla tanto di abusi sui minori, hanno potuto comprendere che probabilmente devono affrontare il problema con una maggiore attenzione e sensibilità.

D. – Un aspetto che ha colpito la stampa è stato proprio il fatto che non si fosse mai sentita la Chiesa parlare così apertamente di un problema così grave esistente al proprio interno…

R. – Uno degli obiettivi era proprio quello di parlare anche apertamente al grande pubblico. Credo che siamo riusciti a trovare un modo molto pacato, un modo molto sereno per parlare di problemi gravi e siamo riusciti ad affrontarli con un linguaggio adeguato. Credo che qui abbiamo avuto persone capaci di trovare un linguaggio che può far vedere che la Chiesa è molto serena, è molto profonda nella sua riflessione sulla sessualità e che, dall’altro lato, ha anche la determinazione di chiedersi come mai al suo interno, ma anche nella società in genere, possano succedere questi fatti orribili di abuso.

D. – Molto importante l’aspetto formativo…

R. – Abbiamo parlato tanto degli abusi all’interno della Chiesa negli Stati Uniti da 25-30 anni e in Irlanda da 20 anni e poi negli ultimi due anni anche specialmente in Centro Europa. Questo, però, non è compiuto in molti parti del mondo, come in Africa e in Asia, dove alla domanda “Cosa possiamo fare per essere responsabili nei confronti di possibili vittime e come possiamo prevenire futuri abusi?”. Questa domanda nasce, in questo momento, in questi Paesi ed è veramente una domanda vitale, una domanda importante che la Chiesa deve affrontare.

D. – Uno strumento di immediato utilizzo in tal senso è il Centro per la tutela del bambino che è stato presentato alla Gregoriana?

R. – Sì, abbiamo questo strumento che abbiamo inaugurato qualche settimana fa a Monaco, dove sarà istituito un programma di apprendimento a distanza. Questo perché la domanda centrale per noi, con questo programma, è come possiamo offrire una base di conoscenza su cosa sono gli abusi, cosa fare se incontro un bambino che probabilmente ha subito abusi, come devo comportarmi per aiutarlo e come posso confrontarmi con coloro che hanno commesso abusi e qual è la legislazione della Chiesa, dello Stato in cui vivo…

D. – Quindi una formazione molto utile anche per l’elaborazione delle linee guida, che poi dovranno essere consegnate alla Congregazione per la Dottrina della Fede?

R. – Certamente questo nostro Centro per la protezione dei minori potrebbe diventare un nodo in cui vengono anche legate molte iniziative che esistono già nella Chiesa. Certamente sarà anche uno strumento continuo d’informazione riguardo a quali siano le esperienze in un continente o in un Paese: queste informazioni potrebbero essere utili anche ad altri Paesi. (mg)

Tutte le Conferenze episcopali sono state dunque incaricate di redigere le linee-guida per il contrasto e la prevenzione degli abusi sessuali sui minori e di inviarle alla Congregazione per la Dottrina della Fede che dovrà elaborarle. Mons. Lorenzo Ghizzoni, vescovo ausiliare di Reggio Emilia, ha seguito i lavori come delegato per la Conferenza episcopale italiana. Stefano Leszczynski gli ha chiesto un bilancio complessivo:

R. – I dati sono stati importanti, ma soprattutto gli orientamenti: l’analisi del problema nelle varie parti del mondo e il come nelle varie aree del mondo questo problema è emerso più o meno e come è stato affrontato dai vescovi. Quando abbiamo ascoltato queste relazioni, soprattutto la prima testimonianza di una vittima, tutti siamo rimasti – credo – piuttosto coinvolti e commossi da questa vicenda e ci siamo resi conto dell’importanza di una reazione ordinata, organizzata da parte di tutte le Chiese locali del mondo.

D. – Il titolo del Convegno parlava di “rinnovamento”. La Chiesa italiana a che punto è in questo percorso?

R. – Naturalmente, anche noi ci siamo già posti il problema da un certo numero di anni. Alcune cose sono già state fatte. Stiamo adesso nella fase in cui le linee-guida che la Santa Sede ha chiesto di approntare a tutte le Conferenze episcopali – che sono state in buona parte già preparate dalla Conferenza episcopale – sono passate attraverso il Consiglio permanente e dovrebbero essere presentate nella prossima assemblea generale di maggio. Quindi, anche la Chiesa italiana, accogliendo questa indicazione della Santa Sede, avrà le sue linee-guida attualizzate per il nostro contesto ecclesiale. Tengo anche a sottolineare che il Convegno ha voluto dare risalto soprattutto all’attenzione verso le vittime e al loro recupero.

D. – Personalmente, che cosa l’ha colpita di più in queste quattro giornate di dibattito e di discussione?

R. – Ci sono effettivamente delle diversità nelle varie Chiese del mondo: alcune aree sono state più interessate e quindi hanno reagito anche prima, altre Chiese lo sono state meno e quindi forse sono un po’ più impreparate. Ma credo che questa idea della Santa Sede di chiedere a tutte le Conferenze episcopali di preparare le linee-guida metterà in movimento anche quelle Conferenze episcopali e quei vescovi che sono rimasti più “inattivi”, immaginando forse che il problema non riguardasse né le loro Chiese né le loro aree. Invece, occorre che le Chiese si occupino anche di questo problema, perché è particolarmente grave e suscita particolarmente scandalo quando succede all’interno della vita della Chiesa per opera di un prete o di un religioso.

D. – Questo Simposio è stato un momento significativo in quel percorso di rinnovamento che la Chiesa ha attuato e che dovrà volgere a proprio favore il dramma che ha conosciuto, diventando veramente leader nella tutela e nella difesa dei bambini?

R. – Sì, anche questo è uno dei messaggi positivi che sono venuti fuori dal Simposio. Se si parla di guarigione, se si parla di rinnovamento credo che nessuna organizzazione mondiale come la Chiesa cattolica abbia messo in atto una serie di azioni concrete, di procedimenti, di procedure e abbia messo in movimento persone per occuparsi di questo problema: cioè, la cura e la difesa dei bambini, degli adolescenti, dei giovani, proprio perché vuole essere un’azione che traini anche altre organizzazioni, altre realtà portandole a occuparsi di questo valore così importante, che è la vita, la salute e soprattutto la vita spirituale e morale dei ragazzi. (gf)