Stato della Chiesa: realtà o finzione?
Vittorino Merinas
http://www.nuovasocieta.it/ 2 aprile 2012
Anche la chiesa ha la sua recessione, come attestano, confermandosi a vicenda, l’Annuario Pontificio e l’indagine di Critica Liberale. Come già scritto, i dati sulla partecipazione a funzioni religiose, matrimoni, battesimi, frequenza a scuole cattoliche, sulle vocazioni sacerdotali e religiose, hanno tutti, da tempo e costantemente, segno negativo. Parlando dell’Italia, più che le percentuali della decrescita è significativa la sua persistenza, nonostante l’informazione periodicamente annunci una ripresa del sacro. Certo, c’è bisogno di senso, d’un sovrappiù di spiritualità nel vortice dell’asfittica quotidianità. Bisogno, però, non necessariamente soddisfatto dall’offerta religiosa tradizionale. Spesso, anzi, si orienta altrove, a spazi meno soffocanti del ritualistico, del precettistico, di già provate categorie d’una religiosità preconfezionata e statica.
La diaspora dal cattolicesimo lo testimonia. In realtà culturalmente sviluppate, le menti più attente e responsabili sono spinte nella ricerca di verità e autenticità, anche oltre ambiti strettamente religiosi, spesso dominati dall’abitudinario, lo spurio, da devozionalismi e dottrinarismi lontani dalla vita. Soprattutto quando soffocano la stimolante ricchezza dell’impegnativa libertà evangelica. Tanto più nell’attuale società della comunicazione dove presto o tardi tutto viene smascherato: contraddizioni, astuzie, ipocrisie di parole e azioni… Come negare l’evidente politicizzazione della chiesa, lo scambio di favori e coperture col potere statale, il suo affarismo spesso sconfinante nell’illegalità quando non nella corruzione. Come non sentire il disagio d’esser parte di un’istituzione boccheggiante, ripiegata su di sé, insensibile ad ogni sollecitazione, ignara della storia e lontana dal rifiorire della vita. Come indulgere ad un cattolicesimo nominalistico, ridotto ad un self-service da cui ognuno arraffa solo ciò che gli fa comodo, dimentico di ciò che è impegnativo. Come non allarmarsi per l’uso etnico-politico che singoli cittadini, politici o partiti interi fanno della tradizione cattolica. Non c’è da rallegrasi né da vantare radici cristiane. Si tratta di una grande confusione mai affrontata dalla gerarchia ecclesiastica.
Eppure l’Italia è raccontata come cattolica e come tale privilegiata. Ne sono prova la politica ed i mezzi di comunicazione, in particolare la televisione. Le tabelle riportate da Critica Liberale lo documentano. Il piccolo schermo è il palcoscenico su cui il clero è presente più di ogni altra figura sociale. Ricorrenze, liturgie, predicazioni, interventi di ogni tipo vi trovano spazi privilegiati. Ogni dibattito sull’attualità ha il suo tuttologo ecclesiastico. Le posizioni espresse sono solo quelle ufficiali della gerarchia. La chiesa cattolica appare compatta. I dibattiti, le controversie, le contrapposizioni forti e sostanziali che l’attraversano non hanno né presenza né voce. L’Italia è cattolica e la chiesa unanime. Due finzioni non confermate dai fatti. Eppure l’informazione avrebbe il dovere di essere completa, oggettiva ed imparziale.
Assenti da stampa e televisione le altre realtà religiose presenti in Italia. L’ebraismo ed il protestantesimo sono relegati in due brevi spazi settimanali ad ora tarda. Altre forme religiose si stanno affacciando, ma se ne parla poco e spesso con fastidio. La ricca cultura laica è ignorata. Tutte presenze vive volutamente nascoste al pubblico, ostaggio del monismo etico-religioso cattolico, privilegiato per bassa bottega dalle forze politiche. Quanti sanno che Il cristianesimo ha espressioni molteplici e non solo quella cattolica, che la maggioranza delle religioni sono altrettanto serie e che il pensiero laico non equivale a qualunquismo e libertinaggio. Come possono esprimersi liberamente in un Paese dominato da un potere bicipite: Stato e chiesa che si spalleggiano a vicenda?
Diversa la situazione in altri Paesi europei dove la chiesa deve reggersi sulle proprie gambe senza stampelle altrui. Qui, invece, il numero e la qualità di chi la segue non corrispondono alla visibilità ed al potere che le sono offerti, i quali più che favorirla la danneggiano. Fin quando essa non capirà il mondo in cui vive, il mondo non capirà lei. A questa improcrastinabile apertura l’aveva invitata il Concilio. Finora inascoltato