Figlie di un Dio minore? Una questione da riproporre di D.Pizzuti

Domenico Pizzuti, s.j.
La repubblica, 13 aprile 2012

Nel giorno del lunedì dell’Angelo Benedetto XVI a Castel Gandolfo in un breve discorso ha portato la sua riflessione sulla funzione delle donne nella vita della Chiesa, sottolineando che i Vangeli affidano proprio alle donne il compito di testimoni della resurrezione, un evento “misterioso” che ha trasformato la storia e dà senso all’esistenza di ogni uomo». “A quei tempi, in Israele, la testimonianza delle donne non poteva avere valore ufficiale, giuridico”, spiega Ratzinger. Eppure i vangeli affidano proprio alle donne questa funzione, perchè “le donne hanno vissuto un’esperienza di legame speciale con il Signore, che è fondamentale per la vita concreta della comunità cristiana, e questo sempre, in ogni epoca, non solo all’inizio del cammino della Chiesa”.

Che si tratti di una semplice allocuzione o meditazione biblica a favore di una missione di evangelizzazione da parte delle donne, è chiaro per il fatto che Giovedi’ santo, nell’omelia della messa crismale, Papa Ratzinger aveva ricordato invece che proprio il Vangelo esclude la possibilita’ del sacerdozio delle donne, citando su questo aspetto le “decisioni definitive” contenute anche nel magistero del suo predecessore. Si tratta di affermazioni ecclesiastiche di diverso valore, che pur affermando la funzione testimoniale delle donne nella vita della chiesa ribadiscono un’ esclusione magisteriale dall’accesso al sacerdozio proprio nei giorno in cui si celebra una Pasqua universale di resurrezione. In tal modo Benedetto XVI in una celebrazione liturgica ribadiva la sua risposta negativa a movimenti pubblici di sacerdoti e fedeli, che in area germanica con tratti definiti “ribellistici”, richiedevano l’abolizione del celibato sacerdotale ed il sacerdozio femminile.

Senza entrare in raffinate complicate controversie secolari, o di tipo dottrinale, riteniamo che non solo nel mondo cattolico si debba parlare di questi problemi per un asimmetria di status della donna nella società civile e nella vita della chiesa escludente le donne dall’altare. Al di là di ogni posizione ideologica, è più opportuno portare nella discussione alcune esperienze e riflessioni – anche nel contesto scampiese – derivanti da celebrazioni interrative con i fedeli come usa nella Rettoria S. Maria della Speranza affidata ai padri Gesuiti. Una sera alla celebrazione vespertina mi sono interrogato su questa esclusione, quando le donne alla pari degli altri ricevono nel loro corpo la comunione con il corpo ed il sangue di Cristo, e sono abilitate da decenni a distribuire la comunione ai fedeli? La Chiesa primitiva, ha dato per primo parola e ruolo alle donne, la cui pari dignita’ e’ certamente un frutto anche del cristianesimo ed e’ celebrata nella lettera apostolica Mulieris Dignitatem di Giovanni Paolo II. Ma si può esaltare questa pari dignità delle donne senza pari opportunità nella vita della chiesa secondo un linguaggio civile? Riteniamo più proficuo riportare l’attenzione non su dogmi o decisioni intoccabili dall’alto ma sulla vita concreta delle comunità cristiane dove si manifestano diversi “Carismi” o vocazioni da parte di donne e uomini che vanno promosse secondo le necessità delle comunità cristiane, senza farne oggetto di pretese.

Quante volte anche in passato ho osservato e pensato che quel padre di famiglia che interveniva con sapienza nel commento al Vangelo nel corso della Messa potrebbe essere un buon presbitero per la sua comunità e così donne sposate o meno che hanno un intensa vita spirituale o che dimostrano una cura disinteressata della comunità e preparazione religiosa. La tesi allora è saper discernere e valorizzare nelle comunità cristiane vocazione femminili e maschili anche al sacerdozio, come un servizio o se si vuole un’opportunità che invece è preclusa per motivi che non sempre si comprendono. Il servizio sacerdotale è o no un dono, una vocazione solo per i maschietti? In questo, caso veramente le donne sono figlie di un Dio minore!

Le donne, secondo la meditazione di Benedetto XVI, hanno vissuto un’esperienza di legame speciale con il Signore non solo agli inizi della vita della chiesa, un argomento fortissimo non solo per la testimonianza del Risorto da portare nella chiesa e nella società ma anche per una funzione sacerdotale non puramente rituale e burocratica in ragione di questo legame ed intimità con il Signore. Questa affermazione ci suggerisce una considerazione di tutt’altro senso, che forse è indice di motivazioni non esplicitate, escludenti la donna dal sacerdozio cattolico. Se abbiamo presente che secondo la Genesi (3,20) ”L’uomo chiamò la moglie Eva, perché essa fu la madre di tutti i viventi”. La donna-madre ma non solo possiede il grembo della vita, un mistero di amore e per questa ragione è maggiormente contigua al divino che è vita. Forse si ha paura di accostarsi a questo mistero e contiguità con il divino, non tanto e non solo per diversità sessuali che interrogano.

Ho provato in questi giorni a interrogare un gruppo di donne che frequentano quotidianamente la nostra Rettoria, chiedendo quale strategia seguire per una promozione delle donne nella vita della Chiesa. Partire dall’ opportunità del sacerdozio femminile o dal prete legato anche ad un matrimonio, Una prima signora d’emblè mi ha risposto da tutte e due le possibilità, una suora ha fatto riferimento al criterio della necessità e quindi ad un discernimento delle vocazioni senza esclusioni, un terza ha affermato che ci vuole proprio un scossone dello Spirito….

Non è certo un campione rappresentativo, ma invitano ad ascoltare le voci dalla vita concreta delle comunità cristiane, che certo sono plurali. Ma bisogna pur esprimere pensieri in libertà per superare sedimentazioni secolari di clero e fedeli.